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I padroni del vapore ed il taglio dei boschi

Nel “mare magnum” dell’odierna devastazione dei boschi meridionali, la notizia di un censimento dei “boschi vetusti” si presta a diversi commenti, ma anche ad inevitabili ma istruttivi paragoni. I corsi e ricorsi storici ci informano come l’ultima quotizzazione post-unitaria abbia contribuito a distruggere le primigenie foreste dell’Appennino meridionale. In realtà il fenomeno delle quotizzazioni demaniali nascondeva, in molti casi, la cessione dei boschi ai padroni del vapore e agli speculatori delle ferrovie. Le cronache parlamentari di eminenti onorevoli meridionalisti citano l’esempio del Bosco di Monticchio in Basilicata, che dopo essere stato espropriato agli ordini religiosi fu ceduto, con un forte ribasso d’asta, agli speculatori delle banche francesi e di quelle svizzere a cui il governo italiano si era rivolto per dare liquidità al nascente capitalismo del nord. I boschi resero possibile la costruzione delle traversine ferroviarie e la legna residua venne utilizzata per produrre carbone vegetale.