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I rifugi dei briganti

Con l’annessione al Regno d’Italia del Regno delle Due Sicilie si scatenò una forma di guerriglia contro i Sabaudi meglio nota come “Brigantaggio post-unitario”. L’assegnazione disattesa delle terre demaniali a causa del forte debito sabaudo, l’aumento delle tasse e del prezzo dei beni di prima necessità, furono le cause principali d’innesco della rivolta che da molti storici viene considerata una delle prime guerre civili dell’Italia contemporanea.

Il territorio principale che diede asilo ai briganti, data anche la sua conformazione orografica, fu la zona del Vulture-Melfese.

Le bande dei briganti furono composte principalmente da persone di umile estrazione sociale, ex soldati dell’esercito delle Due Sicilie ed ex garibaldini, tra cui vi erano anche banditi comuni. Tra i capi di queste compagini, il più noto era il lucano Carmine “Donatelli” Crocco, originario di Rionero in Vulture. Crocco riuscì a radunare sotto il suo comando circa duemila uomini, compiendo scorribande tra Basilicata, Campania, Molise e Puglia, affiancato da luogotenenti come Ninco Nanco e Giuseppe Caruso.

Grazie alla sua profonda conoscenza del territorio, il generale Crocco riusciva a sfuggire facilmente alle forze dell’ordine, rifugiandosi soprattutto nelle grotte naturali, alcune delle quali ancora note ai contadini della zona.

Nelle vicinanze dell’Abbazia di San Michele, che sorge sulle rive dei Laghi di Monticchio , sono raggiungibili alcune di queste grotte. Dopo una percorrenza di poche centinaia di metri, su una morfologia del terreno impervia e con qualche difficoltà, superando un dislivello di circa 100 metri, si arriva ad ammirare un paesaggio straordinario e molto suggestivo laddove, solo mezzo secolo fa, nidificava l’aquila reale.

Maria Chiara Di Carlo