Il protagonismo dei cittadini e dei liberi professionisti: dalle proteste alle proposte per la gestione delle politiche territoriali.

Nella splendida cornice della Sala Economia, presso la sede storica della Camera di Commercio, Industria Artigianato e Agricoltura di Potenza, ha avuto luogo venerdì 22 giugno 2018 alle ore 15, Il seminario di studi internazionali   dal titolo “La città nella crisi. Rigenerazione urbana, politiche territoriali pubbliche e coesione sociale” dedicato al futuro delle città. Organizzato dall’Ordine degli Architetti Pianificatori e Paesaggisti di Potenza, in collaborazione con il Centro Interdipartimentale di Ricerca L.U.P.T “Raffaele D’Ambrosio” dell’Università Federico II di Napoli e con l’Universitat Autonoma de Barcelona, ha costituito “un’occasione formativa e di crescita professionale unica, tanto per la dimensione di analisi internazionale quanto per la complessità e l’attualità delle dinamiche affrontate”, come ha saputo egregiamente evidenziare già nel comunicato stampa l’esimio Presidente dell’Ordine degli Architetti di Potenza Gerardo Antonio Leon.  Colpisce come, nel processo di evoluzione sociale e delle politiche pubbliche, possa avere un ruolo centrale il protagonismo virtuoso e costruttivo dei cittadini, diverso da quello tristemente noto in genere. “Alla xenofobia, al razzismo, all’antipolitica possono contrapporsi soluzioni in ambito economico e sociale. Il patrimonio dei beni collettivi, l’ideale ed il dovere di una “giustizia spaziale” intesa come democratica distribuzione degli spazi e dei servizi, lo stesso patrimonio della democrazia: tale insieme non può prescindere da relazioni funzionali tra movimenti urbani e le istituzioni. Solo così è possibile un miglioramento dell’ambiente e delle soluzioni economiche”.

A perfezionare tale descrizione di istanza, il portavoce di Gerardo Colangelo, Presidente dell’Ordine Geologi di Basilicata. 

“Non ci si può approcciare alla pianificazione senza approccio multidisciplinare. Non si possono separare le varie competenze. L’approccio deve essere trasversale e porre al centro il cittadino è fondamentale. Non è stato difatti sempre l’individuo l’elemento più importante per la pianificazione, spesso è stato il territorio a dettare le sue leggi. Matera ad esempio si è sviluppata nei sassi perché le peculiarità geologiche erano di quel tipo”.

Così è intervenuto il prof. Oriol Nel-lo chiedendosi come gestire le nostre città creando spazi più solidali ed equi. Il paradosso di Barcellona è proprio quello di una città modellata in gran parte dai conflitti e dai movimenti urbani. Tra i loro temi centrali: la distribuzione e la difesa dei beni comuni non ascrivibili a proprietà di nessun tipo: né privata né pubblica, in perfetta rispondenza ad un ideale di “giustizia spaziale”. “Tutti i cittadini, indipendentemente da dove vivano, dovrebbero avere accesso equo al reddito ed ai servizi”.  Per questo la relazione dei movimenti con le istituzioni rappresenta una questione chiave”. Gli esperti di politica urbana hanno quindi il dovere di porre l’attenzione su queste questioni: 1) Crisi dello stato sociale e crisi dell’urbanistica riformista 2) Aumento delle diseguaglianze sociali ed incremento della segregazione urbana 3) La risposta sociale: movimenti di difesa del territorio e movimenti di innovazione sociale. 4) Il carattere sociale dei movimenti 5) Il carattere politico dei movimenti 6) La relazione con le istituzioni 7) Che posizione debbano assumere gli urbanisti di fronte ai movimenti sociali.

Angelino Mazza, phd del Centro Interdipartimentale di ricerca LUPT (Laboratorio di Urbanistica e di Pianificazione del Territorio) ha così osservato come gli urbanisti non possano considerarsi fuori dal novero dei responsabili del fenomeno dello sviluppo delle città. Fulvia D’Aloisio, docente di antropologia culturale dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” ha rilevato il fil rouge che collega l’origine e l’esito dei movimenti sociali: la richiesta di beni comuni, nell’ambito di un ideale di giustizia spaziale. La rivendicazione è contro l’assetto politico e sociale esistente: appartiene alla categoria del conflitto, forza positiva che riequilibra le discrasie urbane e da cui discendano categorie di mediazione. Gli analisti delle città: i politici possono aiutare a trasformare le proteste in proposte.

Maria Valeria Mininni, docente di urbanistica presso l’Università degli Studi della Basilicata, non ha potuto non cogliere come in punti della città risiedano quei materiali che ne rappresentino l’identità. Ciò accentua le differenze rispetto ai privilegiati che possano fruire del turismo. Bisogna lavorare sul “riuso”, su ciò che è inabitato. “O abbattere o esistere” questo deve essere lo slogan.

Francesco Domenico Moccia, docente di Urbanistica presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II:“Date le politiche in riduzione della sfera di azione tramite deroghe e semplificazioni, prima base è che la sfera d’azione dell’urbanista sia preservata. Seconda base: l’urbanista dovrebbe avere obbligo etico verso chi ha bisogno ed è privo di mezzi. Terza base: gli urbanisti sono tuttavia impiegati alle Regioni, ai Comuni ed alle Province. Lo Stato dunque non più quale ente imperativo può trasformarsi nel luogo di composizione urbana, evocativa di una soluzione accettabile da tutti anche se non soddisfacente per tutti, senza sacrificare chi non ha mezzi. Il pianificatore, volto all’integrazione sociale, emerge così come figura costituzionalmente rilevante. Raffaele Paciello, esperto dell’Agenzia per la Coesione Territoriale ha esclamato: –Come non rammentare Brecht che provocatoriamente affermava “Le istituzioni, il governo, lo Stato dovrebbero sciogliere il proprio popolo e nominarsene un altro”! Le politiche non funzionano, si attivano quindi i cittadini che abbiano bisogno di passare dalla protesta alla proposta… Alla gestione.

La quadratura del cerchio è stata quindi affidata al Presidente della Regione Basilicata Marcello Pittella, che ha concluso così:Bisogna, per deontologia professionale, mettersi accanto a chi ha bisogno, anche in difesa della professione. Se questa, difatti, è nell’interesse di pochi: è di poca utilità, non ha senso. Il lavoro statale pubblico ha il limite della mancanza della cultura dell’autoimpiego, sposata invece dalle politiche europee. Solo oggi la Basilicata scopre le “start up”. Tutte le iniziative legate al programma operativo, le risorse europee, le casse regionali, sono blindate dalle cosiddette “spese incomprimibili”. Il 60% del PIL è determinato in ambito pubblico. Può essere sempre ciò che è “pubblico” l’artefice della risoluzione dei conflitti? Può “il Pubblico” sostituirsi alla capacità imprenditoriale? Vi è un egoismo esasperato che si traduce nella formula “se risolvo il mio problema il resto non m’interessa”.  Per rigenerare i borghi antichi è necessario coniugare un insieme di azioni che coinvolgano gli alberghi, i proprietari, le case abbandonate. Più mondi concorrono allo sviluppo, non è più solo la politica a curare gli interessi del cittadino. Vi è differenza tra percezione, facile comunicazione e verità. Si è chiamati ad essere persone responsabili o a lavorare per slogan? Se si vuole essere meno populisti e più riformisti non bisogna assecondare “allisciando il pelo”. È stato inseguito il consenso ma non le riforme, perché le riforme non sempre portano consenso. Ci vuole un protagonismo imprenditoriale, un approccio culturale che superi il campanilismo locale.

A cura di Maria Chiara Di Carlo

Referente AIEA
Associazione Italiana Esposti Amianto
Diritto del Lavoro e dell’Ambiente

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