Gli addetti ai lavori inseriscono il volontariato nel cosiddetto terzo settore, quello delle prestazioni e dei servizi. L’etichetta “no profit” raccoglie 200 mila associazioni in Italia, di cui il 51% è presente al Nord, il 21% al Centro e il 28% al Sud. Il loro contributo al prodotto interno lordo e’ dell’1,6%, con un fatturato medio di 35 miliardi di euro.
Una macchina imponente, che muove in tutto tre milioni di individui, religiosi e laici. Il settore di intervento di gran lunga prevalente e’ quello della cultura, sport e animazione, dove e’ presente il 63% delle associazioni. Molti dedicano buona parte del proprio tempo, quindi non dedicano al volontariato soltanto i ritagli del proprio tempo libero, alle associazioni senza fini di lucro
Ciò scardina i principi utilitaristici monetari di cui è piena la nostra società contemporanea, dettata dalla logica dell’individualismo genetico. Una massa di individui, soprattutto adolescenti, che pongono in essere comportamenti prosociali. In cambio di cosa? Per un impiego potrebbe essere la risposta più ovvia ed è anche un dato incontrovertibile se si leggono le statistiche: 700 mila i lavoratori impiegati, di cui 530 mila sono dipendenti a tempo determinato o indeterminato (di cui 63 mila part-time), 89 mila sono collaboratori coordinati e continuativi, 17 mila distaccati e 27 mila obiettori di coscienza.
Ma tali numeri, se servono a dar ragione di quanti si buttano nel volontariato per soldi, non bastano, sa soli, a motivare l’esistenza di questo mondo. La mia personale esperienza di volontario, impegnato nel mondo dello scoutismo, mi porta a ricercare una via diversa a sostegno dell’esistenza del volontariato.
Viviamo in quella che Durkheim ha definito una società avente “solidarietà meccanica”, in cui cioè prevalgono relazioni altamente formalizzate ed impersonali, basate sul criterio dell’individualismo e della soddisfazione personale in chiave economica.
In questo mondo codificato e fatto di relazioni strumentali, in cui sembra che ogni individuo sia un isola, è possibile che si avverta l’esigenza per alcuni di ritornare ad una società basata sulla “solidarietà organica”, in cui a prevalere siano relazioni altamente prosociali, personali e stabili. Un desiderio di comunità, quindi, potrebbe essere motivo di chi fa la scelta del volontariato.
Ma c’è un’altro aspetto del volontariato, forse il più importante, che riguarda l’impegno sociale e civile. Un volersi “sporcare le mani” a sostegno soprattutto dei più deboli, dei disagiati, dei disadattati, i nuovi ultimi della società capitalistica, da essa dimenticati poiché non più produttivi. Le associazioni di promozione sociale vanno quindi a suturare questa ferita sociale, dedicando tempo e risorse nell’assistenza sociale e sanitaria, sopperendo anche ai vuoti istituzionali prodotti.
Fare volontariato significa anche fare educazione. Un chiaro esempio di ciò è visibile soprattutto nelle associazioni onlus che si interessano della tutela dell’ambiente. Credo, però, che il fattore scatenante della scelta di vivere il mondo del volontariato sia legato all’anomia, ossia la mancanza di riferimenti normativi e morali. In un mondo caratterizzato da guerre, morti e violenze, è facile cadere in uno stato di crisi, o semplicemente di disagio, di rifiuto dello status quo. Il volontariato, allora, prova a restituire senso alla vita di ciascuno, recuperando i valori morali della dignità e del rispetto della persona, sanciti dalle Carte Costituzionali di tutto il mondo, o quasi.
Lottare contro la fame nel mondo, contro la mafia, contro le malattie, portare aiuto ai bisognosi sono allora sinonimi di un unico valore: lottare per la vita, per la propria e, soprattutto, per quella degli altri. I giovani, in prima linea, si sentono minacciati da un mondo che sembra correre alla rovescia e vedono nel volontariato una forza vitale per questa società. I giovani, attraverso il volontariato, sperimentano l’umanità, la ricchezza dei rapporti umani e l’importanza del confronto con l’altro, spinti dalla voglia di stare insieme.
Assenza di valori contro il principio dell’essere umano al centro di tutto. Il volontariato stende le proprie mani anche a chi non ha mai conosciuto il mondo dell’associazionismo ed a chi dice di non avere tempo da dedicare agli altri. Si è sempre in tempo, non è mai troppo tardi per far germogliare il seme della solidarietà.