Nel 2005 le famiglie in condizione di povertà relativa sono state 2 milioni 623mila, pari all’11,1% delle famiglie residenti in Italia. Si è trattato di 7 milioni 537mila individui pari al 12,9% dell’intera popolazione con una soglia di povertà – per una famiglia di due componenti – corrispondente a 936.58 euro mensili (l’1,8% in più se comparato con il dato del 2004) (Istat, 2006). L’Eurispes stima circa 2.500.000 nuclei familiari a rischio di povertà (l’11% delle famiglie totali, ben 8 milioni di persone), si può arrivare alla conclusione che il totale delle persone a rischio di povertà e di quelle già comprese tra gli indigenti è allarmante: si possono stimare circa 5.100.000 nuclei familiari, all’incirca il 23% delle famiglie italiane e più di 15 milioni di individui, di questi quasi 3 milioni sono minori di 18 anni. Rispetto al 2004, la povertà relativa in Italia è rimasta invariata, ma si è registrato un mutamento nella sua composizione sociale: essere poveri significa sempre più essere giovani, con un lavoro dipendente e un titolo di studio alto, caratteristiche che pongono tali individui nella categoria dei working poor e rappresentano una fetta della popolazione che lavora per un salario che li colloca al di sotto del livello di povertà.

La povertà dilaga nel Paese ed è sempre più “giovane”. Al Nord, in un solo anno, le famiglie povere con a capo un giovane con meno di 35 anni sono passate dal 2,6% del 2004 al 4,8% del 2005, mentre al Sud si è verificato un aumento dal 23,5% al 24,9%. Diversa la tendenza per la fascia di età 45-54 anni in cui nel Mezzogiorno si è passati dal 21% nel 2004 al 19,8% del 2005. Le famiglie con a capo una persona con basso titolo di studio (nessun titolo o licenza elementare) mostrano un’incidenza di povertà nettamente più marcata al Sud 33,8% nel 2005, quasi cinque volte superiore rispetto a quella osservata nello stesso anno al Nord (7,7%).

Le famiglie con a capo un lavoratore dipendente hanno subìto al Nord un incremento passando dal 3,5% nel 2004 al 4,2% nel 2005; molto più significativa la percentuale delle famiglie con a capo un lavoratore autonomo al Sud che si è attestata dal 19,9% del 2004 al 18% nel 2005. Tra queste ultime, circa 8 su 100, si trovano al di sotto della soglia di povertà mentre tra le famiglie di lavoratori dipendenti la quota sale a 9 e subisce un incremento maggiore (12) tra quelle con capofamiglia ritirato dal lavoro. Le famiglie con cinque o più componenti presentano livelli di povertà più elevati: il 26,2% di queste famiglie vive in povertà, mentre il 39,2% si trova nel Mezzogiorno del Paese.

La povertà relativa è maggiormente diffusa in Sicilia (30,8%), Basilicata (24,5%) e Calabria (23,3%). Non è più rosea la situazione per le famiglie campane e molisane (rispettivamente 27% e 21,5%). Nelle famiglie delle regioni settentrionali, a parte il caso del Piemonte (7,1%), Valle d’Aosta (6,8%) e Friuli Venezia Giulia (7,2%), i valori percentuali riscontrati si attestano tutti al di sotto del 6%. L’incidenza di povertà è pari al 13,6% se in famiglia ci sono due figli e al 24,5% se i figli sono tre o più, sale rispettivamente al 17,2% e al 27,8% quando i figli sono di età inferiore ai 18 anni. Al Sud neppure avere un lavoro mette al riparo dalla povertà. Solo tra le famiglie di imprenditori e liberi professionisti l’incidenza della povertà scende sotto la media nazionale (9%) mentre figurano in povertà relativa il 13,3% delle famiglie di dirigenti e impiegati, percentuale che sale al 27,5% per gli operai e assimilati (il 13,8% a livello nazionale). A ciò si aggiunga che è povero circa il 50% dei nuclei familiari senza occupati o senza persone che abbiano lavorato per un periodo più o meno lungo e dunque prive di un reddito da pensione. Al disagio economico si accompagna indissolubilmente la presenza di un numero di figli elevato: quasi un quarto (il 24,3%) delle famiglie con cinque o più componenti risulta relativamente povero e lo è oltre un terzo (il 37,5%) di quelle residenti nel Mezzogiorno; se poi questi figli sono minori, il disagio economico diventa ancora più evidente. Infine l’incidenza della povertà, pari al 14,5% tra le coppie con due figli e al 25,6% con quelle con tre figli, sale rispettivamente al 17,2% e al 30,2% quando i figli sono di età inferiore ai 18 anni. Al Nord peggiorano invece le condizioni degli anziani: l’incidenza della povertà è aumentata tra gli anziani soli, dal 5,8% del 2005 all’8,2% del 2006, tra le coppie di anziani (dal 6,3% all’8,1%) e tra i monogenitori anziani (dal 7,2% all’11,2%), soprattutto donne con figli. Basse retribuzioni: aumenta l’incertezza per il futuro. Nel nostro Paese oltre 20 milioni di lavoratori sono sottopagati e, coeteris paribus, i salari sono inferiori del 10% rispetto alla Germania, del 20% rispetto al Regno Unito e del 25% rispetto alla Francia. Sulla base della ricerca effettuata dall’Eurispes nel marzo 2007 sulle retribuzioni dei lavoratori, emerge con estrema chiarezza la preoccupante situazione dei salari italiani, tra i più bassi in Europa. Prendendo inconsiderazione il periodo 2000-2005, infatti, mentre si è registrata una crescita media del salario a livello europeo del 18%, nel nostro Paese i lavoratori dell’industria e dei servizi (con esclusione della Pubblica amministrazione) hanno visto la propria busta paga crescere solo del 13,7%, crescita inferiore solo a Germania (11,7) e Svezia (7,7), paesi che comunque detengono livelli retributivi ben più alti dei nostri. Nel 2004 e nel 2005 le retribuzioni nette dei lavoratori italiani sono state superiori solo a quelle greche ed appena inferiori a quelle dei colleghi spagnoli, mentre nel 2006 il trend negativo si è ulteriormente accentuato occupando la penultima posizione in Europa, superiore solo al Portogallo. La ragione di questa perdita di posizioni è rintracciabile indubbiamente nella crescita dei salari in Europa del 15% in tre anni. In Italia il salario netto annuo è passato da 15.597 euro del 2004 a 16.242 euro del 2006, con una crescita del 4,1%; in Gran Bretagna, dove la crescita percentuale è stata del 33,3%, i salari sono aumentati di quasi 7mila euro passando da 21.015 euro del 2004 a 28.007 del 2006. Sono aumentati anche i salari della Grecia (+34,5%), dell’Olanda (+19,2%), del Portogallo (+52,1%, con uno salario netto annuo passato da 8.634 euro del 2004 a 13.136 euro del 2006), della Finlandia (+14,3%), della Germania (+14,1%), della Danimarca (11,2%), dell’Irlanda (+11%) e della Spagna (+10,4%). Anche se con percentuale inferiore al 10%, hanno subìto un incremento anche i salari del Belgio (+7,9%) e della Francia (+7,3%). Working poors: i nuovi invisibili. Sono chiamati “working poors”, lavoratori poveri: persone che pur avendo una occupazione professionale hanno un tenore di vita molto vicino a quello di un disoccupato, poiché il salario risulta inadeguato per vivere una vita dignitosa. La figura emergente del povero lavoratore “in giacca e cravatta”, questa è la definizione dell’Eurispes, tocca quasi tutte le categorie professionali: dal pubblico impiego alla piccola e media impresa, dall’edilizia all’artigianato, dal dipendente al lavoratore atipico, dai pensionati ai giovani in cerca di occupazione. Sulla base di una indagine della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane, nel 2004 i lavoratori a bassa retribuzione sono stati circa il 15% del totale dei lavoratori dipendenti, il 10% se si considerano solo quelli occupati a tempo pieno. Secondo il Ministero della Solidarietà Sociale (2005), la probabilità di percepire un basso salario è più elevata per le donne, i giovani e le persone meno istruite; i giovani mostrano una probabilità circa tre volte superiore (30%) a quella degli adulti (10%) di percepire un basso salario, probabilità che decresce all’aumentare dell’istruzione: i laureati hanno infatti una probabilità tre volte inferiore (7%) rispetto a chi ha solo l’obbligo scolastico (21%). Come più volte ribadito dall’Eurispes, negli ultimi anni si sono estese le aree sociali di implosivo ed esplosivo disagio che hanno fatto emergere zone di “originale” vulnerabilità, accompagnate da disagi e fratture dei percorsi di vita collettivi e personali, contraddistinti da tassi di incertezza e insicurezza senza precedenti.

“OUTLOOK” Uno sguardo fuori regione
Rubrica di scienze economiche e sociali
a cura di Rosario Palese
(ISSN 1722-3148)

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