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[ ANNO IV – GENNAIO 2008 – NUMERO 01 ] ECONOMIA SOMMERSA: PASSAGGIO OBBLIGATO PER LA SOPRAVVIVENZA

Economia sommersa in Italia: almeno 549 miliardi di euro nel 2007. L’Eurispes ha stimato che l’economia sommersa nel nostro Paese ha generato nel 2007 almeno 549 miliardi di euro. Sempre secondo i calcoli dell’Istituto, il nostro sommerso attualmente equivale ai Pil di Finlandia (177 mld), Portogallo (162 mld), Romania (117mld) e Ungheria (102mld) messi insieme. La mappa del sommerso in Italia tracciata dall’Eurispes. Il fenomeno dell’economia sommersa coinvolgerebbe i settori più diversi: si va dall’agricoltura all’edilizia, passando attraverso i servizi e l’industria, nelle forme del lavoro nero continuativo, del doppio lavoro e del lavoro nero saltuario, che vanno a coinvolgere una molteplicità di soggetti. Il 54,6% dell’economia non osservata è rappresentato dal lavoro sommerso, il 28,4% dall’evasione fiscale ad opera di aziende e imprese ed il 16,9% dalla cosiddetta economia “informale”. Il lavoro sommerso. Il flusso di denaro generato dal lavoro sommerso si è attestato a 300 miliardi di euro. In primo luogo, è stato considerato il numero di coloro che esercitano attività in nero a fianco di attività – parziali o a tempo pieno – inserite in un contesto istituzionalizzato e regolarizzato (il dipendente del vivaio che sistema i terrazzi dei clienti, l’operaio delle ferrovie che ripara i motorini, l’impiegato pubblico che fa la prima nota per i commercianti sotto casa, ecc). Quindi, è stato ipotizzato che almeno il 35% dei lavoratori dipendenti sia ormai costretto ad effettuare un doppio lavoro per far quadrare i conti e arrivare alla fine del mese. Questo vuol dire che sono almeno 6 milioni i doppiolavoristi tra i dipendenti che, lavorando per circa 4 ore al giorno per 250 giorni, producono annualmente un sommerso di 90.956.250.000 euro. Lo stesso calcolo è stato applicato agli immigrati clandestini1 per i quali, anche solo ipotizzando una giornata lavorativa composta da 10 ore con un compenso medio di 100 euro per 300 giorni l’anno, si arriva ad un totale di 24.000.000.000 di euro l’anno. Anche nel caso degli immigrati con regolare permesso di soggiorno l’Eurispes ipotizza che ci siano almeno 600.000 individui che lavorano in nero mediamente per 10 ore al giorno e per complessivi 300 giorni l’anno, generando un sommerso pari a 18 miliardi di euro. Inoltre, ad una contabilizzazione ufficiale sfuggono coloro i quali esercitano una attività in nero, anche a tempo pieno, ma che dispongono di un reddito che esclude in forma tassativa, anche attraverso una riduzione della rendita, attività di lavoro retribuito. Si tratta fondamentalmente di persone che godono di pensioni di invalidità e di vecchiaia. In Italia su un totale di 16,5 milioni di pensionati, circa 4,5 milioni hanno un’età compresa tra 40 e 64 anni. È plausibile ritenere che all’incirca un terzo di essi lavori in nero. A questo terzo si aggiungono altri 820.000 pensionati tra gli ultrasessantacinquenni, ma evidentemente ancora attivi, che vanno a formare, secondo le stime Eurispes, i 2.320.000 di pensionati italiani che producono lavoro sommerso, per una cifra di 43,5 miliardi di euro. Altra categoria che sfugge ai dati ufficiali è rappresentata dalle casalinghe che nel nostro Paese sono almeno 8,5 milioni. Sono numerose le casalinghe che in molti casi, svolgono, al di fuori della famiglia, piccoli lavori (ad esempio, baby sitter o lavori di cura e domestici extra familiari) che sfuggono alle stime e ai conteggi ufficiali. Il 18,8% di esse infatti svolgerebbe lavori che vanno ad alimentare il sommerso con 24 miliardi di euro. Si può inoltre stimare che il 50% delle persone in cerca di occupazione lavori totalmente in nero con una media giornaliera di 5 ore per 200 giorni l’anno arrivando a generare ulteriori 12,6 mld di euro. Alle categorie già elencate vanno aggiunti i lavoratori indipendenti quali imprenditori, liberi professionisti, lavoratori in proprio, soci di cooperativa, coadiuvanti familiari, collaboratori a progetto e prestatori d’opera. Un elenco dei mestieri che – sulla base dell’esperienza di ciascuno di noi – sono sicuramente in parte esercitati in forma autonoma ed in nero e ci rende edotti delle dimensioni che può avere questo particolare settore del lavoro in nero. Ecco un primo sommario e incompleto catalogo: idraulici; muratori; giardinieri; sarte; restauratori; venditori ambulanti; artigiani ambulanti; contabili; insegnanti di materie scolastiche; tutor universitari; istruttori di danza, musica, ginnastica e attività ludiche e sportive; giornalisti e pubblicisti free-lance; ricercatori, intervistatori; infermieri, massaggiatori, chiropratici, ecc.; aiuti domestici, assistenza infermi ed invalidi; camerieri, cuochi e servizi catering; intrattenitori per feste e ricevimenti; ciceroni, guide, conferenzieri; tassisti e trasportatori informali; fotografi e operatori cinevideo per cerimonie; addetti alle pulizie di stabili, negozi, magazzini; riparatori apparecchiature elettroniche; manutenzione assistenza e riparazioni apparecchiature informatiche; lavoratori a domicilio; telelavoratori; venditori porta a porta; produttori assicurativi e finanziari; chiromanti, cartomanti, maghi e sensitivi; lavavetri, posteggiatori, giocolieri, musicisti ed artisti di strada. I lavoratori di queste categorie pagano tutti le tasse, versano i contributi, si iscrivono alle associazioni di categoria? Evidentemente solo una parte di essi e comunque quasi mai per la totalità degli introiti. Tradotto in cifre: il sommerso generato in questa categoria è pari a 87 mld di euro. Il sommerso d’impresa. Ai 300 miliardi di euro derivanti dal lavoro sommerso si aggiungono 156 miliardi di euro di sommerso generato delle imprese italiane (il dato è stato stimato sulla base delle operazioni condotte nel 2007 dalla Guardia di Finanza ). La quota di sommerso “informale”. Esiste inoltre una terza porzione di sommerso che si annida ad esempio nel mercato degli affitti (in particolare immigrati, studenti e lavoratori fuori sede) e che con 93 miliardi di euro rappresenta una fetta consistente dell’“altra economia”. Stakanovisti per sopravvivere. Un ulteriore scenario individuato dall’Eurispes è quello secondo cui il sommerso nel nostro Paese va ad integrare i redditi delle famiglie che, in seguito alla perdita del potere d’acquisto e alla forte inflazione che hanno caratterizzato l’economia italiana negli ultimi anni, si mantengono su livelli ben al di sotto della media europea e non tengono il passo con l’aumento del costo della vita. A conferma di ciò una simulazione realizzata dall’Eurispes ha individuato i livelli di reddito di una famiglia tipo e successivamente li ha messi in relazione con le spese che essa deve sostenere per provvedere a tutte le necessità. I redditi della famiglia tipo sono stati calcolati presupponendo che essa debba vivere con i soli redditi da lavoro, non ricevendo nessun aiuto dall’esterno. La simulazione ha quantificato i redditi per quattro ipotetiche coppie diversamente assortite da un punto di vista professionale, per un totale complessivo di otto profili lavorativi con otto diversi redditi. Ad esempio, se i “nostri” coniugi, Giovanni e Laura, ricoprono il ruolo di professore e maestra e vivono a Bologna, rispetto ad un fabbisogno di 43.538 euro netti annui per sostenere le spese minime necessarie, registrano un deficit di reddito pari a -10.578 euro. Se, invece, Giovanni e Laura, sempre da professore e maestra, vivono a Roma, lo scarto per difetto è pari a 6.768 euro netti. La presenza di una sorta di “buco”, rappresentato dalla differenza tra il reddito netto disponibile e le esigenze basilari per condurre una vita dignitosa, si riscontra nei bilanci di tutte le tipologie familiari individuate.Insomma la simulazione ha dimostrato che in genere una famiglia italiana deve poter disporre di un reddito superiore a quello effettivamente posseduto, anche solo per affrontare le spese minime necessarie. Si può presumere, quindi, che vi sono moltissime coppie, specie quelle più giovani, che “per arrivare a fine mese” si fanno ancora aiutare dalle rispettive famiglie di origine. Ma anche queste possibilità vanno oramai assottigliandosi (diminuisce la propensione al risparmio e aumenta il credito al consumo) e alle famiglie di origine non rimane altro che diventare “erogatori di servizi” per i propri figli offrendo ad esempio lavoro di cura per i nipotini, facendo la spesa, ecc. In molti altri casi, invece, il marito o la moglie saranno costretti a trovare un secondo lavoro per far fronte alle esigenze familiari. È evidente allora come il sommerso prodotto nel nostro Paese va a colmare il gap economico riscontrato nel budget delle famiglie italiane. Secondo i nostri calcoli il reddito delle famiglie viene integrato ogni mese con 1.330 euro “in nero”, necessari affinché Laura e Giovanni possano far quadrare i conti. Un altro “sistema produttivo”: l’economia criminale. Esiste nel nostro Paese, oltre all’economia ufficiale, un’altra economia, quella sommersa. Ma accanto a queste due economie vi è un ulteriore serbatoio nel quale proliferano differenti mercati. Si tratta dell’economia criminale, il cui giro d’affari si attesta attualmente secondo l’Eurispes sulla cifra di 175.620.000.000 euro circa. E si tratta comunque di stime approssimative per difetto. Una economia criminale che genera a sua volta economia sommersa e che, via via, attraverso le forme più diverse di riciclaggio, approda all’economia formale. Oltre agli introiti generati dalle quattro organizzazioni criminali (Mafia, Camorra, ’Ndrangheta, Sacra Corona Unita) l’Eurispes ha considerato anche il volume d’affari realizzato da realtà che contribuiscono all’economia illegale, ma non hanno la stessa struttura delle organizzazioni mafiose né sono riconducibili ad esse. È stato quindi stilato un elenco, basato sulle indicazioni prodotte dal Centro documentazione dell’Eurispes, dei diversi business che vanno a comporre gli introiti del sommerso illegale e criminale, mettendo in evidenza, oltre alle categorizzazioni classiche, quei fenomeni legati alla criminalità che sono stati recentemente individuati (ad esempio, la tratta di esseri umani, in tutte le sue aberranti forme). Sono state, in particolare, prese in considerazione quali forme dell’economia criminale l’usura e il racket, il contrabbando (di medicinali, tabacco, ecc.), il traffico di droga e di armi, lo sfruttamento della prostituzione (anche quella maschile e minorile), il riciclaggio di denaro, la contraffazione, il gioco d’azzardo e le scommesse clandestine, le frodi comunitarie e internazionali, il traffico di oggetti d’arte e antiquariato, il traffico di manodopera clandestina, i fenomeni di ecomafia, ecc.

Mettendo a confronto il giro d’affari prodotto in Italia dalla criminalità con il Pil di alcuni paesi europei, ne risulta che il sommerso criminale (175,6 mld di euro) del nostro Paese è equivalente ai Pil di Estonia (25 mld), Romania (97 mld), Slovenia (30 mld) e Croazia (34 mld) messi insieme. Infine, emerge con chiarezza come l’incidenza dell’economia sommersa rispetto al Pil ufficiale prodotto nel nostro Paese (circa 1.543.326.400.000 euro) sia di almeno il 35,5%, mentre quella dell’economia criminale è pari all’11,3% del Pil. Insomma, che lo si guardi dal lato del mercato del lavoro, delle imprese e delle famiglie o lo si rintracci tra le pieghe dell’universo criminale, il sommerso in Italia rappresenta uno “Stato nello Stato”. Infatti basta semplicemente sommare il valore prodotto dall’economia sommersa e quello relativo all’economia criminale per arrivare a segnalare un’economia parallela nel nostro Paese che genera un Pil “in nero” pari a 724.676.250.000, quasi la metà di quello prodotto ufficialmente.

“OUTLOOK” Uno sguardo fuori regione
Rubrica di scienze economiche e sociali
a cura di Rosario Palese
(ISSN 1722-3148)