14 Dicembre | Ore 18.00
Recensione del film. La corsa, meglio la maratona per Luca Coscioni era da una parte un percorso di essenzialità, un piacere giocoso privo di finalità, una liberazione dalla quotidianità e dai suoi limiti, dall’altra una misura aurea dell’atletica leggera nei cui quarantadue chilometri di percorrenza, secondo lui, “si nasce e si muore, si odia e si ama, si spera e si dispera, si piange e si ride”. Poi a metà del 1995 questa sua grande passione si spezzò a causa della sclerosi laterale amiotrofica, una malattia degenerativa che colpisce i motoneuroni, le cellule che controllano la muscolatura volontaria. Tale infermità porta alla morte nel giro di quattro-cinque anni per paralisi dei muscoli respiratori. Luca Coscioni è morto due anni fa a soli trentotto anni, ma da quando i movimenti delle sue gambe l’abbandonarono trasformò il suo dramma in una battaglia civile e politica.
Il male diventò la sua maratona, un duro cammino per la libertà della ricerca scientifica, la libertà di cura e la libertà di scegliere come e quando morire, nel caso di malattie incurabili che comportano atroci sofferenze. Per Luca Coscioni la lotta contro la malattia si radicò in una competizione per sciupare tempo alla morte e consegnarlo alla vita, divenne la ragione di “un’esistenza-non esistenza”, l’ostinazione di una missione a favore di se stesso e di circa dieci milioni di italiani vittime di diverse patologie (Alzheimer, Parkinson, distrofia muscolare, lupus, diabete…) che avrebbero avuto buone possibilità di guarire grazie alla clonazione terapeutica, cioè all’impianto di cellule staminali estratte dal “materiale di scarto” degli embrioni soprannumerari. Un delicato ritratto di Luca Concioni, della sua persona e della sua tenace battaglia vengono fatti dal regista Marco Leopardi nel video-documento “Il maratoneta”, un film in cui si vede (da riprese amatoriali di famiglia) il bambino Luca già podista, il giovane Luca reduce da un’avventura in motocicletta nel deserto del Sahara, il Luca ai primi impegni nella politica come consigliere comunale di Orvieto, dei momenti della militanza nel Partito Radicale, alcune partecipazioni a sit-in e cortei, l’audizione all’Assemblea di Strasburgo, l’incontro con il premio Nobel per Letteratura José Samarago il quale una volta dichiarò: “Attendevamo da molto tempo che si facesse giorno, eravamo sfiancati dall’attesa, ma ad un tratto il coraggio di un uomo reso muto da una malattia terribile ci ha restituito nuova forza”.
Il film di Marco Leopardi è la testimonianza di una persona speciale che ha fece della sua malattia, del suo corpo debilitato, dei suoi arti paralizzati, della sua voce ammutolita (riusciva a comunicare grazie ad un sintetizzatore vocale incorporato nel computer) la forza di un calvario in cui, nonostante i momenti di sconforto e smarrimento, prevale l’amore per gli altri e la speranza di ritrovare un giorno la guarigione. Guardando “Il maratoneta”, che è anche una durissima sferzata al proibizionismo della Chiesa sulla ricerca scientifica, si potrebbe pensare che Luca Concioni fosse nella sua lotta un sognatore. Sì in effetti lo era, ma sulle nuvole ci stava con altre persone sfortunate come lui e ci viene portato pure lo spettatore con le delicate e toccanti immagini di Leopardi.
[Articolo di Mimmo Mastrangelo]