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[ ANNO III – DICEMBRE 2007 – NUMERO 49 ] IL VERO OSTACOLO ALLA CRESCITA DEL MEZZOGIORNO: IL CRIMINE ORGANIZZATO

Nel periodo compreso tra il 1999 e il 2004, in Italia, si sono verificati 762 omicidi per motivi di mafia, camorra o ’ndrangheta. In Campania, se ne contano 411, ovvero il 53,9% del dato complessivo nazionale degli omicidi riconducibili alle guerre interne alle diverse organizzazioni criminali. A seguire la Calabria, la cui quota di omicidi è pari al 19,6% del totale nazionale, dove gli omicidi legati a motivi di ’ndrangheta sono stati 149. Infine la Puglia e la Sicilia rispettivamente con 92 e 90 omicidi. In generale, soltanto in queste quattro regioni si è consumato oltre il 97% del totale degli omicidi per mafia, mentre nel resto delle altre regioni la quota di tali delitti non supera il 3%. In Italia, nel periodo considerato, quasi un omicidio su cinque è ascrivibile ai tentacoli del crimine organizzato. L’incidenza diventa significativamente allarmante se spostiamo il dettaglio analitico in alcune realtà territoriali del Mezzogiorno. In Campania quasi una morte violenta su due è di matrice mafiosa, in Calabria tale quota scende ad un terzo del totale, mentre in Puglia e in Sicilia le uccisioni di stampo mafioso rappresentato più o meno un quinto degli omicidi volontari commessi, dunque, tendenzialmente in linea con l’andamento nazionale. Infine, e soltanto come termine di paragone, si può affermare che nel resto delle altre regioni italiane tale quota è prossima allo zero, considerando che su 2.115 omicidi volontari “solo” 20 sono riconducibili ai tentacoli della criminalità organizzata. A livello provinciale, il territorio che fa registrare il più alto numero di omicidi per mafia è quello partenopeo: ben 325 morti dal 1999 al 2004. Segue in graduatoria un’altra provincia campana, Caserta, in cui, nel periodo preso in esame, sono state accertate 66 morti per motivi di camorra. Per quanto riguarda la Calabria, ben 4 province su cinque compaiono nelle prime sette posizioni; in testa Reggio Calabria, con 49 omicidi commessi, a seguire Crotone (35), Catanzaro (32) e Cosenza (30). La Puglia invece fa registrare un quarto posto in graduatoria per Bari (48 omicidi). La Sicilia invece entra nella top ten solo con la provincia di Catania che si colloca all’8° posto con con 30 omicidi. Un indicatore utile per quantificare l’impatto che i sodalizi criminali hanno sul territorio, può essere fornito dai dati sulle denunce fatte dalle Forze dell’ordine all’Autorità giudiziaria, anche se queste a causa di una diffusa omertà, rappresentano soltanto una parte di quelle effettive. La distribuzione dei reati nelle quattro regioni a rischio denota che, per tutti i crimini considerati, tra il 1999 e il 2004 sono state effettuate in totale 139.262 denunce: 10.804 per estorsione, 55.883 per produzione, detenzione e spaccio di stupefacenti, 2.444 per associazione a delinquere (delle quali 1.027 per associazione di tipo mafioso, art. 416bis C.p.), 2.530 denunce per sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, 62.526 per ricettazione e contrabbando e infine 5.075 per attentati dinamitardi. La regione che registra il maggior numero di denunce per reati commessi è quella campana con 68.557 casi, seguita dalla Puglia con 33.557, dalla Sicilia con 24.897 e infine dalla Calabria con 12.251 denunce. Inoltre, rapportando il numero delle denunce alla popolazione residente in questi territori, emerge che in media vengono effettuate 136 denunce ogni 100.000 abitanti; al di sopra di tale quota si posiziona la Campania con 199 denunce ogni 100.000 abitanti, mentre la Puglia si pone quasi in linea con la media generale, con una quota pari a 132. Infine, la Calabria (100 denunce ogni 100.000 abitanti) e la Sicilia (89 denunce ogni 100.000 abitanti) si trovano sotto la media generale. In questo caso a guidare questa classifica è la provincia di Napoli, con 291 reati ogni 100.000 abitanti. Seguono Taranto (259), Brindisi (189) e Reggio Calabria con 137 reati denunciati ogni 100.000 persone. Chiudono la classifica due province siciliane, Enna e Agrigento, rispettivamente con 41,9 e 41,8 reati mafiosi ogni 100.000 abitanti. Appare emblematico (e non a caso) che, laddove la presenza delle cosche è particolarmente radicata nel territorio – nella fattispecie la ’ndrangheta in Calabria e la mafia in Sicilia –, il numero delle denunce risulta inferiore. A livello di distribuzione territoriale provinciale dei reati, la provincia di Napoli, con 53.881 casi, è il territorio che registra il maggior numero di denunce per reati assimilabili alle associazioni mafiose, pari al 38,7% del totale dei reati commessi nelle 24 province considerate a “rischio”. Seguono, a notevole distanza, la provincia di Bari con 11.335 denunce, pari all’8,1% dei reati commessi, e Taranto con 9.065 denunce (6,5%). Chiudono la classifica le province di Crotone ed Enna, rispettivamente con 887 e 429 denunce per reati assimilabili alle associazioni mafiose, rispettivamente pari allo 0,6% e allo 0,3%. L’indice di penetrazione mafiosa. L’indice IPM, esteso a tutti e 24 territori provinciali a “rischio”, ha misurato la permeabilità dei territori al crimine organizzato, con l’obiettivo di monitorare il rischio di penetrazione mafiosa. È stato quindi predisposto un sistema di attribuzione dei punteggi sulla base di alcuni indici che scaturiscono dalla valutazione oggettiva e, per lo più, quantitativa di alcune variabili socio-economiche che caratterizzano un’area territoriale (tasso di disoccupazione, reati commessi ed assimilabili alle associazioni mafiose, casi di Amministrazioni comunali sciolte per infiltrazioni mafiose, nonché atti di terrorismo politico e numero di intercettazioni effettuate). Alla provincia di Napoli, con un punteggio pari a 50,6, va la maglia nera del territorio provinciale più permeabile ai tentacoli della criminalità organizzata. A seguire, la provincia di Reggio Calabria (42,8 punti), Palermo (30,2 punti), Crotone (24,5 punti) e Catanzaro (24,3 punti). Preoccupante il posizionamento nell’IPM relativo al territorio calabrese: ben tre province si collocano nelle prime 7 posizioni, a conferma del forte radicamento che la ‘ndrangheta ha in questi territori. Dai dati emerge, in dettaglio, che il primato negativo di Napoli è dovuto principalmente ai reati assimilabili alle associazioni mafiose (ben 291 ogni 100.000 abitanti) e ai 39 Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose dal 1991 al 2005. Per la provincia di Reggio Calabria, l’escalation della ’ndrangheta è motivata dal massimo punteggio ottenuto per gli atti di terrorismo e violenza politica a danno del tessuto socio-economico e politico (176) e dall’elevato numero di intercettazioni di cui è risultata bersaglio (27.486). L’attività di contrasto. Dai dati del Ministero della Giustizia emerge che in totale, negli ultimi tre anni, in Italia il numero dei “bersagli”, come vengono chiamate in gergo le persone intercettate, è stato pari a 269.642 con un incremento medio annuo pari al 13,8%. Come era prevedibile, per competenza territoriale e per permeabilità al crimine organizzato circa il 42% dei bersagli sono concentrati in quattro regioni meridionali, di cui oltre 36.400 in Sicilia e quasi 36mila in Calabria; a seguire la Campania con 25mila bersagli e la Puglia con 15.000. Nel dettaglio provinciale è rilevante il valore assoluto registrato dalla provincia di Reggio Calabria con 27.486 osservazioni telefoniche pari all’10% del dato complessivo nazionale e al 24,5% del dato complessivo dell’area a rischio in esame. A seguire la provincia di Napoli con 20.215 bersagli (7,5% e 18%) e Palermo con 16.493 bersagli pari al 6,1% e al 14,7% rispettivamente del dato medio nazionale e dell’area. In coda si collocano le province di Avellino (566), Enna (350), Benevento (280) e Crotone (263) con meno di mille bersagli. Complessivamente, tra il 1999 e il 2004, sono state denunciate all’Autorità giudiziaria dalla Polizia di Stato, dall’Arma dei Carabinieri e dalla Guardia di Finanza oltre 14.400 persone per associazione a delinquere di tipo mafioso. La Sicilia, con 6.410 casi, è la regione che registra il maggior numero di persone denunciate per questo tipo di reato. A seguire la Calabria (3.201), la Campania (2.814) e la Puglia, in cui sono state denunciate 1.996 persone. A livello provinciale, Catania (2.740) insieme alle province di Reggio Calabria (1.768), Napoli (1.579) e Palermo (1.241) fanno registrare da sole circa la metà delle persone denunciate per associazione di tipo mafioso nei 24 territori provinciali considerati. Nel periodo compreso tra il 1992 e il primo semestre del 2006, le Forze di polizia coordinate dalla Direzione Investigativa Antimafia hanno complessivamente sequestrato e confiscato beni alle diverse organizzazioni, per un valore pari a oltre 4miliardi e 600 milioni di euro.

“OUTLOOK” Uno sguardo fuori regione
Rubrica di scienze economiche e sociali
a cura di Rosario Palese
(ISSN 1722-3148)

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