“Il Senisese è senza tema di smentita la vera area debole della nostra
regione – osserva Lapadula – e necessita pertanto di un supplemento di
iniziativa politica per arginare il fenomeno dello spopolamento, che,
alla lunga, finisce per sottrarre al territorio le risorse fondamentali
per innescare una vera fase di rilancio economico. Stiamo parlando di
un’area in cui il tasso medio di disoccupazione sfiora il 40 per cento.
Una situazione al limite dell’emergenza sociale”.
“Purtroppo la bozza del programma speciale – prosegue Lapadula – è al
momento ampiamente deficitaria e sconta una impostazione di fondo che
tende a privilegiare l’investimento industriale e il turismo a scapito
delle attività storicamente legate al territorio. Il modesto sviluppo
industriale del Senisese è rapidamente tramontato, come testimoniano le
vicende della Ovisud e della Iris Biomedica, lasciando in eredità
disoccupazione e capannoni vuoti, mentre la vocazione turistica è
circoscritta al solo massiccio del Pollino, peraltro con risultati
finora sostanzialmente irrilevanti in termini di contributo al reddito
e all’occupazione”.
Per il leader della Fai Cisl lucana “il decollo del Senisese non può
che partire dal riconoscimento del carattere di priorità alla filiera
agro-alimentare-ambientale, che può contare su un patrimonio radicato e
riconosciuto di tipicità e biodiversità. Una parte non residuale dei 35
milioni di euro stanziati per il Senisese – chiede Lapadula – deve
essere destinata a misure di sostegno al comparto agroalimentare, con
un occhio di riguardo alla valorizzazione dei prodotti-immagine del
territorio, come il peperone Igp di Senise, nonché al potenziamento
delle attività di manutenzione idraulico-forestale, sia in termini di
valorizzazione naturalistico-ambientale, sia in termini squisitamente
conservativi e produttivi. Una scelta – conclude Lapadula – che avrebbe
un risvolto occupazionale non indifferente perché consentirebbe in
breve tempo di incrementare a 151 le giornate lavorative nel settore
forestale, alleviando così almeno in parte la morsa della
disoccupazione cronica”.