Il libro lo hanno comprato quasi un milione di persone, mentre gli
spettatori della sua versione teatrale (110 minuti serrati, da bere
tutti d’un fiato) per ora fanno registrare il tutto esaurito. E’
accaduto con il debutto al teatro Mercadante di Napoli, e si è ripetuto
all’appuntamento dello Stabile di Potenza.
Il motivo è semplice, e va
al di là del semplice successo letterario. Si, perché “Gomorra”,
diretto da Mario Gelardi, adattatore del testo insieme con l’autore
Roberto Saviano, è davvero uno spettacolo eccellente, vivo e
appassionante. Di quelli che inchiodano alla sedia o ti fanno sporgere
dal palchetto per non perderne neanche un dettaglio. Il via lo dà un
monologo tagliente, che introduce gli spettatori nel mondo raccontato
nelle pagine del best seller. In teatro risuonano le stesse parole che
l’autore pronunciò poco più di un anno fa da un palco nella piazza
della sua Casal di Principe, quando sfidò i camorristi delle famiglie
“casalesi” con quel «non valete niente e ve ne dovete andare », e che
mai i clan gli hanno perdonato. Frasi dure, taglienti, che portano lo
spettatore direttamente nello spirito del lavoro in cui compaiono
molti, ma non tutti, dei personaggi raccontati nelle pagine del
romanzo. Di fronte al materiale incandescente del libro, infatti, la
versione teatrale ha deciso di puntare su brevi flash, una miscela di
quadri narrativi, su dialoghi inevitabilmente accorciati, in un
continuo rincorrersi di situazioni e avvenimenti, dove lo stesso
Roberto Saviano (interpretato da Ivan Castiglione) fa da ulteriore
raccordo. In scena vanno spaccati della vita dello scrittore nel
momento in cui stava per mettersi a scrivere e finiva di raccogliere
materiale per il suo romanzo. La scelta è caduta su cinque di quei
personaggi: Pasquale, Mariano, Pikachu, Kit Kat e lo Stakeholder. Oltre
a Ivan Castiglione nei panni dello scrittore, Ernesto Mahieux veste
quelli del sarto Pasquale. Un artigiano vero, innamorato del proprio
mestiere, che solo guardando un paio di pantaloni è capace di dire
quanto tempo dureranno prima di consumarsi o di «ammosciarsi addosso».
Relegato in una fabbrica clandestina gestita da un prestanome dei boss,
è costretto a realizzare abiti che poi finiscono nei guardaroba delle
star di Hollywood. Suo, ad esempio, quello che Angelina Jolie indossa
per la notte degli Oscar. Il pubblico-lettore riconosce ogni
personaggio (nel cast anche Antonio Ianniello, Giuseppe Miale di Mauro,
Francesco Di Leva e Adriano Pantaleo), anche se le cinque storie
estrapolate dal libro potrebbero sembrare riduttive. L’impianto
scenico è scarno, essenziale. Colonne di cemento armato, tubi innocenti
e sacchi di terra. Scene di degrado urbano. Chi guarda percepisce il
disagio e la violenza che ogni napoletano sente sulla propria pelle.
Questa, però, non è una storia che riguarda solo Napoli. A Napoli la
goccia cade, ma quella stessa goccia, poi, si espande, arrivando a
“coprire” e a “infettare” l’Italia intera, da nord a sud. I boss non
sono più vecchio stile, ma sono giovani, laureati alla Bocconi, vestono
bene e parlano in italiano corretto. Uno spettacolo scioccante e
violento, proprio come i fatti veri che racconta, dove si parla di
carne e sangue e non solo di carta. “Gomorra” visto a teatro è come una
sventagliata di Kalaschnikov, rapida e feroce, che si staglia su un
vetro blindato facendo fori più grandi e fori più piccoli. Ma è anche
il racconto di una città, immaginata dallo scenografo Roberto Crea,
sempre in costruzione o sempre in decadenza, accompagnata dalla musica
e dalle sonorità di Francesco Forni. Una città in cui è l’occhio dello
scrittore Saviano a illuminare squarci di vita. «Se i teatri si
riempiranno per Gomorra – aveva dichiarato lo stesso Saviano – allora
il pubblico diventerà pericoloso». Intanto in primavera il libro
diventerà anche un film, diretto da Matteo Garrone e con Toni Servillo
tra i protagonisti, con il “rischio” che il pericolo aumenti.
[Articolo di Gianni Di Lascio]