L’Eurispes stima che gli italiani spendono circa 4.712 milioni di euro all’anno per i loro animali domestici, soprattutto per le prestazioni veterinarie (2.001 milioni di euro l’anno) e per il cibo (1.226 milioni di euro). La spesa è inferiore, invece, per i medicinali (581 milioni), per gli accessori (452 milioni), per l’acquisto (322 milioni) e per i servizi (128 milioni di euro).
Il settore trainante della pet-economy è il pet food. Così come sta accadendo nel comparto alimentare, l’aumento dell’uso del pet food è causato dalla progressiva trasformazione degli stili di vita, che ha prodotto una maggiore penetrazione del mercato da parte degli alimenti industriali. Stando ai dati di Information Resources-GDOweek il settore del pet food conosce un forte sviluppo al Nord-Ovest (41,3%), seguito dal Centro (25,3%) e dal Nord-Est (24,0%). I valori più bassi (9,3%) si registrano al Sud dove, dopotutto, la presenza di animali tra le mura domestiche è più bassa rispetto alle altre aree geografiche. Il dislivello territoriale è imputabile a ragioni di ordine economico: in Italia, infatti, sul pet food si applica l’Iva al 20%, la stessa prevista per i beni di lusso.
È possibile acquistare pet food in molti punti vendita; tra i vari canali distributivi gli ipermercati hanno una grande incidenza (54,7%), seguiti dai supermercati (18,3%) e dalle superette (14,2%), ovvero dai punti vendita al dettaglio di piccole dimensioni (tra 200 e 400 mq). La presenza di pet shop è superiore al Nord dove è ormai consolidata da diversi anni.
Le spese mediche. Secondo le stime Eurispes per il 2006 le prestazioni veterinarie rappresentano la voce di spesa che incide maggiormente sui costi sostenuti dalle famiglie per il mantenimento dei pet, per un totale di 2.001 milioni di euro. I dati Eurispes rivelano che quasi il 50% degli italiani porta il proprio animale domestico dal veterinario una, due volte l’anno, il 28,6% tre, sei volte l’anno, il 14,6% mai e il 7,2% più di sei volte l’anno. È preoccupante che quasi il 15% dei proprietari neghi al proprio amico a quattro zampe il diritto alle cure veterinarie. Più che ad una scarsa attenzione per la salute degli animali, si può ipotizzare che questo comportamento sia dovuto al costo delle visite. In Italia è possibile detrarre il 19% delle spese veterinarie sostenute durante l’anno fino ad un importo di 387,34 euro, ma i compiti di diagnosi e cura dei pet sono svolti esclusivamente da liberi professionisti.
In Italia i medici veterinari sono 14mila e le strutture private di cura dei pet 6.500; un numero elevato se confrontato con quello della Francia e della Gran Bretagna dove, a fronte dello stesso numero di pazienti, le strutture preposte alla cura ammontano a 2.000-2.500.
Per quanto riguarda la tipologia delle strutture di cura, la maggior parte sono ambulatori (79,4%), seguiti da semplici studi veterinari (12,9%), da cliniche vere e proprie (6,2%) e, solo in minima parte, da ospedali veterinari (1%). Alcune di queste strutture sono ubicate nelle vicinanze dei centri abitati (48,8%), soprattutto nelle piccole realtà cittadine (56,2%) e nel Centro-Sud (55,3%); altre sono situate in periferia (48,5%), in particolare nel caso di grandi centri abitati (56,9%) e al Nord (55,2%).
Lo stravagante mercato degli accessori e il fenomeno dell’antropomorfismo. La tendenza a coccolare sempre di più i propri cuccioli testimonia anche la crescita del mercato degli accessori. Purina, per esempio, che nel 2005 ha raggiunto un fatturato mondiale di 7 miliardi di euro, punta molto sull’area accessoristica: il 15-20% del ricavato è rappresentato da cucce, collari, trasportino per gatti, giocattoli.
Secondo una ricerca Mintel, nel corso del 2005 in tutto il mondo sono stati lanciati 465 nuovi prodotti per animali domestici, contro i 291 del 2004.
L’America settentrionale continua a dominare questo mercato con il 58% dei nuovi prodotti lanciati dal 2003; seguono l’Europa (16%), l’Asia (12%), il Medio Oriente, l’Africa e l’America Latina (7% ciascuno).
Dall’indagine condotta su 500 famiglie dal numero verde “Purina per voi” in collaborazione con SCIVAC (Società Culturale Italiana Veterinari per Animali da Compagnia), emerge che il 57% degli italiani fa trovare al proprio pet un pacchetto sotto l’albero di Natale. I regali più in voga sono i giochi (40%), cibi prelibati da consumare durante il cenone (28%) e svariati accessori (26%).
Seguendo l’esempio statunitense, anche l’Italia si sta muovendo per la realizzazione di un cimitero pubblico per animali domestici, che nascerà nei prossimi anni a Roma intorno al canile della Muratella per rispondere alle innumerevoli richieste dei proprietari e per evitare la possibilità di speculazione da parte dei cimiteri privati che richiedono 700 euro a tomba.
Oltre alle stravaganti invenzioni, aumentano anche i servizi dedicati agli animali: in Italia 12mila strutture alberghiere (www.pets-hotels.it, sito realizzato dalla Federalberghi) e 6mila agriturismi (secondo la Coldiretti) aprono le porte agli animali. Nel 2004 le strutture di accoglienza specifiche per animali erano più di 500 (dati Lav, 2004), con un costo che va dai 15 ai 40 euro a seconda del lusso concesso agli ospiti. Anche in questo caso non mancano gli eccessi; infatti ci sono alberghi a 5 stelle con camere spaziose, piscina, pranzi da gourmet, valletti personali e Tv satellitare che trasmette programmi per animali, il tutto per 175 dollari a notte. Inoltre, alcuni hotels hanno installato delle webcam alle quali i padroni possono collegarsi a qualsiasi ora per accertarsi dello stato di salute dei loro amici.
I reati commessi contro gli animali. Secondo la Lav, nel 2004, in Italia c’erano almeno 660.517 cani e 1.300.000 gatti randagi; 440.433.442 animali allevati a scopo alimentare; 250.000 animali allevati e uccisi per rubarne la pelliccia; 100 milioni uccisi dai cacciatori e 905.603 torturati a fini sperimentali.
Secondo il primo Rapporto dell’Enpa e dell’Orca (Osservatorio reati contro gli animali) sui reati contro gli animali, nel 2004 sono stati accertati 1.066 casi di maltrattamento.
La percentuale più alta di casi di maltrattamenti accertati si riscontra nel Nord-Ovest (27,5%) seguito dal Centro (23,5%) e dal Nord-Est (21,5%); mentre i valori più bassi si registrano nelle Isole (12,0%) e nel Sud (15,5%).
Le specie più colpite sono gli uccelli, che contano ben 43.447 vittime, seguiti dai mammiferi (7.450) e dai pesci (5.452). I reati variano a seconda della specie animale: nel caso degli uccelli i crimini derivano da un’attività venatoria condotta al di fuori di ogni regola, mentre per i pesci e i mammiferi, esclusi gli animali domestici, i reati scaturiscono dalla violazione delle leggi sulla pesca, sugli allevamenti e sul benessere durante il trasporto. I cani e i gatti, invece, sono vittime di maltrattamenti, abbandoni e avvelenamenti.
Un fenomeno allarmante è la crescita della cosiddetta “Cupola del bestiame”, un vero e proprio mercato parallelo di carni provenienti da animali rubati o malati, macellati clandestinamente con metodi particolarmente brutali e al di fuori di ogni controllo igienico-sanitario. Nel biennio 2004-2005 le Forze dell’ordine hanno scoperto almeno 14 macelli clandestini e sequestrato circa 50mila animali allevati abusivamente, destinati alla macellazione illegale, o affetti da patologie.
Un’altra attività molto fiorente per le organizzazioni criminali è il traffico illecito di fauna esotica protetta o in via d’estinzione, un mercato che fattura circa 7-8 miliardi di euro l’anno.
La pet-family. Nel 7° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza realizzato da Eurispes e Telefono Azzurro (2006), è contenuta un’indagine sul rapporto tra bambini e animali. L’indagine, che ha coinvolto bambini tra i 7 e gli 11 anni, alunni di diverse scuole elementari e medie dislocate su tutto il territorio nazionale, rileva che il 61,5% vive con un pet. Si tratta di una percentuale piuttosto elevata che delinea una inedita tipologia familiare che potremmo definire pet-family, una nuova composizione del nucleo familiare che prevede al suo interno la presenza dei genitori, del bambino e di uno o più animali domestici.
Il 33,2% dei bambini dichiara di avere almeno un animale domestico, il 28,3% più di uno, mentre il 31,2 afferma di non averne neanche uno.
La presenza di un animale in casa è più diffusa al Centro e al Nord-Est (rispettivamente il 64,9% e il 62,4% degli interpellati godono della sua compagnia): in queste zone, inoltre, abitano molti bambini che vivono con più di un animale (in entrambi i casi rappresentano il 34,4% del campione). Al contrario, i ragazzi che hanno un solo animale domestico risiedono nel Nord-Ovest e nel Sud (rispettivamente il 38,8% e il 34,8% di essi a fronte del valore minimo pari al 28% dei giovani che abitano nel Nord-Est). Nelle Isole, infine, si riscontra la percentuale più alta di assenza di animali nelle case (il 37,4% degli intervistati contro il 26,2% di coloro che vivono nel Sud e il 29,5% di quelli che risiedono al Centro). Anche l’indagine condotta nel 2000 da Eurispes e Telefono Azzurro mostrava una maggiore presenza in casa di animali domestici al Nord (38,8% al Nord-Ovest e 28% al Nord-Est) e al Centro (30,5%) a dimostrazione del fatto che un piccolo compagno domestico per alcune realtà economico-territoriali è ancora un bene di lusso.
Tra gli animali, il cane si conferma leader indiscusso della graduatoria, conquistando la qualifica di coinquilino nel 42% dei casi. Al secondo posto si colloca il gatto convivente del 21,3% dei bambini, seguito da tartarughe e pesci (compagni rispettivamente dell’11,6% e del 10,6% dei giovani). Molto diffusi tra le mura domestiche sono gli uccelli posseduti dal 7,5% del campione e i roditori (il 3,9% dei ragazzi ha un criceto e il 2,6% di essi un coniglio).
I bambini provano soprattutto affetto e simpatia (rispettivamente nel 72,8% e nel 15,3% dei casi) nei confronti degli animali, sentimenti che denotano una forte intesa affettiva ed emotiva; nutrono paura (il 4% di essi) e, in minima parte, indifferenza (lo 0,8% del campione) e repulsione (lo 0,4% degli intervistati). Contrariamente a quanto si sarebbe portati a credere, i ragazzi dai 10 agli 11 anni manifestano verso il mondo animale un coinvolgimento emotivo più intenso rispetto ai bambini che hanno un’età compresa tra i 7 e i 9 anni. Per i primi, infatti, a caratterizzare il rapporto con gli animali è l’affetto (77,1% di essi contro il 70,2% della classe d’età compresa tra i 7 e i 9 anni), mentre i più piccoli indicano in misura maggiore la simpatia seppur con uno scarto di pochi punti percentuali rispetto ai ragazzi più grandi (16,3% dei bambini contro il 13,7% dei giovani di età compresa tra i 10 e gli 11 anni). L’attenzione mostrata dai bambini verso la qualità affettivo-relazionale con il mondo animale è dimostrata dal fatto che per il 20,5% del campione il proprio animale domestico rappresenta un amico, per l’11,9% un compagno di giochi e per il 13,3% qualcuno di cui prendersi cura.
I risultati mostrano un estremo rispetto per il mondo animale: i bambini sono i primi a condannare i comportamenti egoistici ed utilitaristici degli uomini verso creature che amano, soffrono e meritano rispetto. Il 78,7% dei bambini non abbandonerebbe mai il proprio animale per andare in vacanza, il 73,4% non indosserebbe una pelliccia o qualsiasi indumento con interno di pelliccia, il 72,9% dei giovanissimi non ama la caccia e il 69,7% non assisterebbe mai ad un combattimento tra animali. Il 51,1% dei ragazzi, infine, praticherebbe la pesca, considerata meno invasiva della caccia molto probabilmente perché non presuppone l’utilizzo di un’arma.

“OUTLOOK” Uno sguardo fuori regione
Rubrica di scienze economiche e sociali
a cura di Rosario Palese
(ISSN 1722-3148)

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