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[ ANNO III – OTTOBRE 2007 – NUMERO 40 ] CASA, DOLCE CASA: L’EMERGENZA ABITATIVA DEGLI IMMIGRATI

Secondo il Dossier Immigrazione 2006, centinaia di migliaia di persone straniere si trovano in situazioni e condizioni di disagio abitativo (fino a 860.000, secondo stime recenti) e quantomeno di “precarietà anagrafica” per motivi immobiliari (circa 250.000), cioè legalmente soggiornanti ma impossibilitati ad iscriversi in Comune come residenti.
In 3 casi su 10 i Centri di Ascolto CARITAS sono “sollecitati” dagli immigrati per questioni legate alle esigenze abitative e le denunce presentate a questi Centri, a seguito di discriminazioni sull’accesso agli alloggi rappresentano il 20,2% del totale.
Per circa il 12-15% degli immigrati, il problema della casa è stato risolto con l’acquisto dell’immobile in cui essi vanno ad abitare divenendone proprietari (secondo la stima più alta, 506.000 persone): solo nel 2005 sono stati 116.000 coloro che hanno acquistato un alloggio (addirittura il 20% a Roma); mentre il 72% vive in case in affitto. In Italia, l’intervento pubblico nel settore edilizio-abitativo ha sempre riguardato specifiche categorie di destinatari/beneficiari (prevalentemente su base occupazionale), rafforzando misure finalizzate a sostenere l’acquisto di una casa di proprietà piuttosto che l’affitto. Queste azioni combinate e convergenti hanno finito, , per penalizzare molti gruppi sociali (e fra questi gli immigrati) a basso reddito, a rischio di povertà e/o di emarginazione.
Tra le politiche di sostegno alla proprietà di una casa, la formula dell’edilizia convenzionata e agevolata si configura come un modello di intervento pubblico (legge 457/78), esercitato attraverso agevolazioni finanziarie a cooperative edilizie e intenzionalmente finalizzato a favorire i ceti popolari. Le misure di tipo assistenziale (identificabili come edilizia pubblica sovvenzionata, anch’essa regolata dalla legge 457/78), dirette alle famiglie in condizioni economiche molto precarie o comunque difficili, riguardano abitazioni di proprietà pubblica (dell’Istituto Autonomo Case Popolari – Iacp o dei Comuni) costruite con fondi provenienti dallo Stato e dai contributi ex-Gescal sul lavoro dipendente, affittate a costi ridotti alle famiglie in condizioni di bisogno. Negli ultimi anni l’intervento pubblico in questo settore si è sensibilmente ridotto, in particolare a seguito della legge 560/93 che ha accelerato la vendita e/o l’alienazione del patrimonio abitativo pubblico (75% degli alloggi Iacp).
I “precari immobiliari”. Confrontando i dati sugli immigrati “residenti” (regolari anche dal punto di vista abitativo) e quelli sui “soggiornanti” (senza iscrizione/residenza comunale), si evince un rilevante numero di immigrati identificabili come “precari per ragioni immobiliari”, impossibilitati ad iscriversi alle anagrafi comunali. Nel 2004 i “precari” sono 2.786.340 (1.651.682 nel Nord, 755.373 al Centro e 298.857 al Sud e nelle Isole). In particolare, la Lombardia (652.563) e il Lazio (389.919) sono le regioni che accolgono la quota maggiore di precari immobiliari.
La città invisibile. In Italia i soggiornanti senza residenza nel 2004 erano più di 384.000 e la città più interessata è risultata Roma (con ben 134.000 soggiornanti senza residenza). Una situazione che lascia supporre ed immaginare l’esistenza di una sorta di “città invisibile”, che riesce ad ospitare una non esigua componente di immigrati, loro malgrado costretti ad una altrettanto “invisibile clandestinità”.
Gli affitti: un mercato “speciale” per gli immigrati. L’andamento del numero di contratti di locazione di immobili ad uso abitativo nelle regioni italiane fa registrare una variazione positiva, dal 2001 al 2002, a livello nazionale pari al 5,66%, con delle eccezioni territoriali rilevate in Molise (-19,77%), Calabria (-6,51%), Sicilia (-0,12%) e Sardegna (-8,81%). I dati più positivi, invece, sono stati rilevati nelle Marche (+17,75%), nel Friuli Venezia Giulia (+12,54%) e nella Basilicata (11,51%).
Gli immigrati, per quanto riguarda l’affitto, subiscono un tipo di canone “speciale”, con un incremento del prezzo pari al 10%-20% rispetto agli affitti pagati dagli italiani (Ares 2000, 2003), e sono sottoposti a particolari discriminazioni (componente addizionale del disagio): la maggior parte dei proprietari di case non affitta a stranieri o affitta dietro pretesa di un costo aggiuntivo, e in alcuni casi anche di una fideiussione bancaria; il più delle volte l’affitto è transitorio ed in nero.
Una famiglia immigrata residente a Roma, che volesse affittare un appartamento di 60 mq in una zona intermedia, pagherà una somma mensile non inferiore a 679,80 euro; invece se fosse una famiglia italiana basterebbero 564,00 euro.
Acquistare casa: un trend in aumento. Negli ultimi cinque anni l’acquisto di case da parte degli immigrati si è quadruplicato. Se prima del 1997 quasi il 100% della domanda abitativa era chiaramente rivolta all’affitto, è nel quadriennio 2001-2004 e soprattutto nel corso del 2005 che è progressivamente aumentato il numero di immigrati proprietari di case, in particolare nelle periferie delle grandi città e nei cosiddetti quartieri “multietnici” (506mila immigrati risultano proprietari di case). Questo trend è confermato da un’indagine del 2005 condotta su 620 agenzie immobiliari (Istituto di ricerca Scenari Immobiliari): ben 116mila immigrati hanno acquistato un alloggio, investendo circa 11,9 miliardi di euro. Rispetto al 2004 gli acquisti sono aumentati del 5,4%, rappresentando il 14,4% del totale delle compravendite del mercato immobiliare italiano (nel 2004 la percentuale era del 12,6%). Il 58,3% delle Agenzie contattate ritiene che, nonostante gli elevatissimi prezzi degli immobili, il fenomeno sia in aumento, soprattutto nei centri medio-piccoli del Centro-Nord. Nel 2004, il credito erogato agli immigrati, in Italia, è stato pari a 4.848 milioni di euro (5 volte maggiore rispetto a quello erogato nel 2000). I mutui registrano un aumento pari al 66,4% tra 2001 e 2004; anche i prestiti personali raggiungono il 40,8%, con tassi di crescita nettamente superiori a quelli delle famiglie italiane. A livello nazionale, nel 2005 i principali acquirenti provengono dall’Europa Orientale (Albania, Romania) con un incremento rispetto al 2004 del 15,6%.
Per quanto riguarda le aree metropolitane, nella provincia di Roma gli stranieri sono protagonisti del 20% degli acquisti delle abitazioni, mentre a Brescia la percentuale di immigrati che acquistano case sfiora il 22,3%. In particolare, a Roma un cospicuo numero di immigrati-acquirenti provengono dall’Est Europa (romeni e più recentemente polacchi e cinesi); mentre a Milano sono maggiormente presenti gli africani, soprattutto egiziani.
Si stanno inoltre diffondendo agenzie immobiliari gestite da stranieri e specializzate in servizi di consulenza per la compravendita, esse assistono il cliente acquirente in tutto l’iter di acquisto. Generalmente gli extracomunitari tendono ad acquistare in gruppi di tre o quattro persone, dividendosi in questo modo la rata del mutuo, ed evitano di comprare nelle zone popolate da immigrati per meglio radicarsi nel tessuto sociale italiano.
I lavoratori stagionali. Durante la stagione del 2004, nelle regioni del Sud, un’indagine di Medici senza Frontiere ha denunciato le preoccupanti condizioni di vita e di salute dei lavoratori stagionali stranieri impiegati nell’agricoltura. Le condizioni abitative risultano essere totalmente degradate per almeno il 70% degli intervistati; il 40% si rifugia in case abbandonate, e il 37% paga un affitto in alloggi di fortuna; nella maggior parte dei casi si tratta di strutture inadeguate ad accogliere persone: box auto, magazzini, o persino una stanza fatiscente sotto un ponte; mentre il 5% non possiede alcun tipo di alloggio.
Il sovraffollamento si presenta come un problema grave, perché gli spazi di fortuna in cui gli stranieri riescono a sistemarsi sono condivisi da un numero inverosimile di persone: più di dieci per stanza, o cento persone in una palazzina fornita di due bagni soltanto. Anche la condizione abitativa è critica, dato che il 50% dei lavoratori non dispone di acqua corrente nel posto in cui vive, il 30% non ha elettricità, e il 43,2% non dispone di servizi igienici.
Mercato immobiliare e offerta istituzionale: un rapporto imperfetto. Lo Stato, da un lato ha ridotto i finanziamenti al Fondo nazionale per il sostegno all’affitto (con una riduzione del 48% nel periodo 2000-2005) con cui si aiutavano le famiglie in difficoltà a pagare i canoni di locazione (proprio mentre questi sono aumentati mediamente del 49%, dell’85% nei grandi Comuni, con il picco del 139% a Roma). Dall’altro, ha tagliato i trasferimenti alle Regioni per l’edilizia residenziale (da 1,5 miliardi di euro nel 2002 agli 808 milioni nel 2004, con una riduzione del 55% nel triennio): la costruzione di nuovi alloggi sovvenzionati dallo Stato è calata dalle 34mila nuove abitazioni del 1984 alle 1.900 del 2004 e il patrimonio residenziale pubblico è diminuito a seguito di crescenti dismissioni e privatizzazioni.
Così l’accesso all’edilizia residenziale pubblica esistente, ulteriormente limitato dall’art. 27 della legge 189/2002, continua ad essere difficoltoso, seppur molti immigrati, grazie ai bassi redditi, si trovano spesso ai primi posti delle graduatorie per l’assegnazione (a Milano e provincia, ad esempio, quasi il 60% delle domande idonee sono riferibili agli immigrati). È drasticamente diminuita dunque l’iniziativa immobiliare pubblica in una congiuntura invece di forte espansione di quella privata delle imprese, che hanno prodotto negli ultimi anni un alto numero di nuove abitazioni, spesso inaccessibili agli immigrati che, paradossalmente, lavorano in percentuali elevatissime proprio nel settore dell’edilizia.

“OUTLOOK” Uno sguardo fuori regione
Rubrica di scienze economiche e sociali
a cura di Rosario Palese
(ISSN 1722-3148)