Egregio Direttore,
mi sono interrogato a lungo in questi giorni circa l’opportunità di esprimerLe alcune considerazioni sul senso e sull’impatto che taluni titoli generano sull’opinione pubblica lucana. Mi sono chiesto se fosse giusto o meno sviluppare riflessioni inevitabilmente esposte al rischio dell’equivoco, alle quali fosse facile replicare invocando il sacrosanto diritto della libertà di stampa e l’altrettanto legittima rivendicazione delle prerogative della professionalità giornalistica. Sono consapevole del sacrificio di chi lavora soprattutto nella stampa locale, ricca di risorse umane a cui vanno il mio rispetto ed il mio incoraggiamento.
Certo, non si può prescindere dal considerare la straordinaria delicatezza del rapporto tra informazione ed opinione pubblica, né si può ignorare quanto la sottile relazione tra editori e società politica ed economica abbia segnato l’evoluzione della società democratica italiana, influendo in maniera significativa su tante vicende e storie passate e recenti. Questa funzione degli organi di informazione è, a mio parere, tanto più delicata in quanto si inserisce in una crisi della democrazia che la specificità italiana riassume con la confusione di poteri e funzioni tutti dentro una transizione istituzionale e politica prolungata e contraddittoria.
Non vorrei immergermi in una disquisizione di principi, ma non posso evitare di pormi un interrogativo di fondo: quali connotati assume una libertà, come la libertà di stampa, quando si esercita in un regime democratico in crisi? E quali connotati assume, in particolare, in una regione che con il sistema dell’informazione ha un rapporto di marginalità e di dipendenza storica? Io penso che, senza ingenerare quegli equivoci cui prima alludevo, sia necessario ed utile tematizzare la funzione ed il ruolo dell’informazione in questa regione e la sua capacità di influenzare il “gioco” della politica e la dialettica democratica. Mi sento di avanzare una riflessione serena su tale argomento perché, se guardo al panorama degli organi di informazione in Basilicata, non mi pare che si possa intravedere un clima di invadenza, di condizionamento della politica e dei pubblici poteri. Qualche volta mi pare addirittura il contrario, nonostante non ci troviamo di fronte ad un grande mercato editoriale e ad indici elevati di vendita dei giornali.
E per questo, caro Direttore, che vivo un certo disagio e non nascondo la mia intima sofferenza sugli eccessi e le forzature di alcune notizie, soprattutto quelle di cronaca giudiziaria, laddove il confine tra libertà di stampa e tutela dei diritti delle persone si fa molto più labile e sfumato. La nostra è una regione piccola e negli ultimi anni è diventata la più “intercettata” d’Italia. E’ facile sapere tutto di tutti. Ci possono essere degli errori nell’esercizio del potere, delle superficialità, delle anomalie.
La magistratura li persegua senza sconti. Ma, se possibile, la stampa ne riferisca senza titoli gridati, che per l’impatto equivalgono a sentenze anticipate. Non invoco un trattamento di riguardo per chi fa vita pubblica, mi augurerei una valutazione più responsabile degli effetti che certi annunci e certe locandine hanno all’interno delle tante piccole comunità locali, che compongono questa regione.
Spero, caro Direttore, si intenda bene il senso di queste riflessioni ad alta voce. Nessun timore nei riguardi di un’informazione puntata contro il Palazzo (la Presidenza Bubbico ha dato prova, al riguardo, di una robusta resistenza quinquennale), ma una viva preoccupazione per gli effetti distorsivi di un limpido e leale rapporto di rispetto tra chi governa, chi giudica e chi informa, cioè tra i poteri e le autonomie di una democrazia degna di tal nome. E’ dentro questa crisi che le tifoserie si radicalizzano o si confondono, diluendo le presunzioni, soprattutto quella all’innocenza, che, certo, vale per tutti i cittadini con ugual peso e misura. Tocca a tutti fare di questa regione un bel laboratorio democratico.