Nella suggestiva cornice dell’Abbazia dell’Incompiuta a Venosa la talentuosa  Mariangela d’Abbraccio, attrice di numerosi successi del grande schermo (“Per amore solo per amore”, “Tutti gli uomini sono uguali”) ma da sempre dedita al teatro, ha dato vita ad “Elena” per la regia di Francesco Tavassi su testi di Ghiannis Ritsos. Nell’Incompiuta, tra le luci di scena la brillante luna estiva, dietro lunghi drappi bianchi ricordo degli antichi splendori, appare Elena adornata da un elegante peplo anch’esso bianco quasi combattuta se esporsi o meno a chi la guarda.

Viene dapprima presentata, con la sua stessa voce, da un giovane uomo, il suo ultimo amante, poi, decisa, apre la sua anima a chi la ascolta.
Elena, la moglie più bella del mondo,  scatenatrice della guerra più famosa del mondo, quella  tra Achei e Troiani è lì che si abbandona ad una digressione accorata e nostalgica dei suoi trascorsi. Ritsos la immagina calata in una senilità pluricentenaria dove i segni della sua antica bellezza sono dissolti e il corpo è in disfacimento: Elena raccoglie il viso tra le mani e avverte ogni ruga, verruca tali da “farle salire un’asperità in gola”, umiliata persino dalle ancelle che, trascurando la sua gloria di antica regina, la abbandonano ai suoi ricordi appoggiata sul davanzale della sua camera ove si addormenta “talvolta svegliata da una stella”.

Elena vive la pièce in una stanza fatiscente in una casa altrettanto fatiscente disseminata di ricordi vivi ma consumati dal tempo: fontane senz’acqua, tende ingiallite, muri scalcinati e balconi arrugginiti.
Nella sua casa continuano a vivere i fantasmi del suo passato con le loro abitudini che fanno affiorare antiche passino e rivalità alle quali soltanto Elena sopravvive. I momenti di pathos che Mariangela D’abbraccio regala al pubblico assorto, che rivive la storia di Elena nel pittoresco sito archeologico di Venosa, sono enfatizzati dai ritmi in crescendo delle musiche di Giacomo Zumpano e accompagnati dalle immagini di un videoproiettore che proprio sui drappi della scenografia concentra i ricordi salienti della regina. “Dovremmo invecchiare molto per raggiungere la giustizia e l’imparzialità quando avremo da spartirci non altro che il silenzio” sentenzia Elena con i gomiti appoggiati sul davanzale dove scruta la luna, su quel davanzale dove ora cala il buio pesto e la stella non fa capolino per destarla dal sonno diventato eterno.

Al termine del monologo della bravissima attrice partenopea  è stato palpabile il riscontro degli spettatori presenti che hanno salutato la D’Abbraccio con convinti e calorosi applausi. Secondo appuntamento, curato dal Centro di drammaturgia il prossimo 3 agosto sempre a Venosa con “Erodiade” interpretato da Iaia Forte.

[Articolo di Mary Fasano]

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