Diplomati, laureati, specializzati con almeno un master o un corso di formazione alle spalle, di età compresa tra i 24 e 30: è questo l’identikit del nuovo modello di emigrato medio, che ogni giorno abbandona un’area diversa del Mezzogiorno per approdare al Centro-Nord e in particolare a regioni come Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna o nei casi meno fortunati ai Paesi oltre confine. Sono loro i “talenti” del domani che portano la cultura, la conoscenza e le nuove idee lontane da un Sud bisognoso di progresso, trasformazione e svecchiamento delle tradizionali politiche di gestione; proprio come i giovani di quaranta anni fa lasciarono il loro Paese, privandolo di manodopera e buona volontà. Secondo il rapporto annuale Svimez (associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno) nel 2004, in base agli ultimi dati disponibili, sono stati circa 270mila i trasferimenti dal Sud al Nord del Paese, 120mila quelli stabili e 150mila i temporanei.
La Basilicata, secondo i dati Istat recentemente pubblicati, tra il 2005 e il 2006 segna più di 1.967 emigrati, in partenza soprattutto dalla provincia di Potenza. Numeri che fanno da campanello d’allarme per un meridione che si impoverisce dei giovani e della loro energia, allontanando dalla propria area un’ulteriore possibilità di sviluppo. Il 2006 è stato un anno di ripresa per l’economia del Mezzogiorno (+1,5% di Pil), ma rimane sempre notevole il divario rispetto al Centro e al Nord del Paese, con una crescita che risulta inferiore persino a quella delle altre aree deboli dell’Unione Europea. Tra le regioni in crescita si trovano il Molise (Pil +2,2,%), seguito da Basilicata e Sardegna (+1,8%), Puglia (+1,7%), Abruzzo (+1.6%), Campania e Calabria (+1,3%) e Sicilia (+1,2%). Il tasso di disoccupazione subisce un calo cha va dal 19% del 2000 al 12,3% del 2006, con la crescita soprattutto dei lavoratori atipici (75mila unità), con percentuali superiori di 9 volte ai contratti a tempo indeterminato, concentrati soprattutto nella componente giovanile. In aumento anche il part time e il lavoro autonomo, con la dilatazione fin troppo rilevante della macchia del lavoro nero che colpisce un lavoratore su cinque. Sempre secondo quanto riportato dallo Svimez, “quasi tutti i settori produttivi registrano segni positivi, anche se inferiori al Centro-Nord: industria +1,5% (2,5% Centro-Nord), edilizia +1,4%, servizi +1,3% (Centro-Nord 1,7%). Solo l’agricoltura continua la discesa iniziata negli scorsi anni (-4,1%) e in misura più forte che al Centro-Nord (dove si ferma a -2,4%)”, ma “tengono le produzioni di qualità”.
Un quadro che nel complesso fa ben sperare oltre che ad una concreta ripresa del Mezzogiorno, anche ad un svolta, se pur lenta, di un Paese che dopo tanto parlare metta finalmente in pratica un processo concreto di riforma strutturale che consenta un avanzamento, non solo migratorio, dell’Italia nel mondo.
[Articolo di Tatjana La Paglia]