Un patrimonio naturale sotto assedio. Nel 2004 i tradizionali business delle ecomafie, secondo il Rapporto sullo stato della sicurezza in Itali, 2005 della Polizia di Stato, hanno prodotto un fatturato di 24 miliardi e 600 milioni di euro.
I casi di illegalità ambientale, considerata a livello generale come mancanza di rispetto per l’ambiente, registrano un continuo aumento: infatti se nel primo semestre del 2004 i crimini ambientali costituivano il 26,39% degli illeciti commessi, nel secondo semestre questo dato sale al 34,75%, e nel primo semestre del 2005 si attesta al 29,43%.
Sono nel contempo aumentate le persone denunciate ed arrestate per questo tipo di reato, anche se il confronto tra il 2004 e il 2005 fa registrare un calo di oltre 2.000 persone denunciate ed arrestate (da 21.707 a 19.503). Dal 1997 al 2005 il totale degli individui denunciati e arrestati per reati contro l’ambiente è pari a 162.224 persone, con 321.034 infrazioni accertate dal 1994 e 68.067 sequestri effettuati nello stesso periodo.
In Italia la spesa sostenuta per la protezione ambientale, nel periodo 2001-2004, è stata pari mediamente all’1% del totale della spesa pubblica e allo 0,5 % del Pil. Ciò significa che in termini assoluti ed al netto dei trasferimenti che intercorrono tra i diversi livelli di Amministrazione pubblica, la spesa media per questo particolare settore nel quadriennio in questione, ha ammontato a 6.303 milioni di euro. Nel complesso le risorse finanziare destinate dai Ministeri alla protezione dell’ambiente rappresentano, mediamente, l’1,1% delle risorse iscritte nel bilancio dello Stato e si mantengono su questo valore negli esercizi finanziari successivi.
Tale spesa è effettuata per l’86,5% dalle Amministrazioni locali mentre il restante 13,5% è appannaggio di quelle centrali. Questa differenza è spiegata dal fatto che la coordinazione delle politiche ambientali avviene prevalentemente a livello locale: al loro interno rientrano, ad esempio, la gestione dei rifiuti e delle acque reflue.
Incendi: unico fenomeno di illegalità ambientale in calo. Il 98% degli incedi boschivi non sono di natura spontanea ma provocati, piuttosto, dall’imprudenza umana, dal mancato rispetto delle norme, o dalle speculazioni nel caso degli incendi dolosi.
Il notevole aumento dei controlli ha prodotto, rispetto al 2003, una diminuzione del 33,7% dei roghi. Anche nel lungo periodo si registra un trend positivo. Confrontando infatti i dati del quadriennio 1997/2000 con quelli relativi al periodo 2001/2004, i casi di incendi sono scesi dai 36.600 del primo quadriennio ai 27.900 del secondo, con una riduzione del 24%. Il numero degli incendi considerato nella sua totalità è passato, negli ultimi cinque anni, dagli 8.597 del 2000 ai 7.951 casi del 2005.
Dal 2000 al 2005, inoltre, è più che dimezzata la media degli ettari di superficie devastata dagli incendi: infatti se nel 2000 essa si attestava a 13,3 ettari bruciati per ogni rogo, dopo cinque anni è pari a 6 ettari.
I 7.951 incendi che nel 2005 hanno funestato il nostro Paese, si sono verificati soprattutto in Sardegna e in Sicilia, seguite dalla Calabria e dalla Campania, zone per le quali si registra anche la più alta densità di superficie bruciata: 31.174 ettari di macchia mediterranea.
Nel primo semestre del 2005 le notizie sono buone sul versante dei controlli, registrando un aumento del 74% di essi rispetto al 2003, che hanno provocato un aumento superiore al 50% delle persone arrestate.
Il dossier “Incendi e legalità, 2006”, redatto dall’Associazione ambientalista Legambiente in collaborazione con il Corpo Forestale dello Stato, rileva che le persone segnalate all’Autorità giudiziaria, fra il 2000 ed il 2005, sono nella maggior parte dei casi accusate di aver provocato incendi colposi, più che dolosi. Questi individui, a loro volta, sono in prevalenza denunciati a piede libero per aver appiccato roghi per l’eliminazione di residui vegetali per la lavorazione agricola, per aver effettuato la bruciatura di stoppie per la ripulitura di terreni e giardini; complessivamente si tratta di 1.477 soggetti.
Abusivismo edilizio e ciclo del cemento. Da uno studio effettuato da Anci-Cresme risulta che il patrimonio residenziale abusivo realizzato in Italia, a partire dal 1994, sia quantificabile in circa 362.000 abitazioni, con una superficie media di circa 138 metri quadri, per un totale di 50 milioni di metri quadri.
Uno degli aspetti peggiori di questo fenomeno è rappresentato dall’essere fortemente legato ad organizzazioni criminali. Infatti sono proprio le regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia) quelle nelle quali si registrano più della metà delle costruzioni abusive sul totale dei casi italiani.
Se nel 2005 le infrazioni accertate sul territorio nazionale sono 31.000, si può osservare che 20.300 di esse, ossia il 65%, sono state compiute nelle aree in cui è più forte la presenza mafiosa.
Ad esempio, l’area del Vesuvio è una sorta di metropoli abusiva costruita sui pendii del vulcano che, nonostante il palese rischio corso dai residenti, continua ad essere edificata senza alcun permesso. I 18 comuni della zona hanno fatto pervenire 52.808 richieste di condono e, sebbene siano state emesse 7.155 ordinanze di distruzione di abitazioni abusive, ne sono state eseguite solo 44 (Eurispes, Rapporto Italia, 2003).
Ma l’interesse della criminalità organizzata si appunta anche sugli appalti per la costruzione di opere pubbliche. Strettamente legato al fenomeno delle costruzioni abusive e dei cantieri “diretti” da organizzazioni illecite è il ciclo illegale del cemento, che fornisce la materia prima necessaria per i lavori. Anche in questo caso, più della metà delle infrazioni accertate sono state compiute nelle quattro regioni ad alto tasso di criminalità organizzata.
Grazie all’aumento dei controlli da parte delle Forze dell’ordine, sono aumentati anche i sequestri effettuati che, al 2005, ammontano a 2.128 e sono in continua crescita rispetto agli anni precedenti (580 nel 2002; 1.422 nel 2003; 1.675 nel 2004).
Il ciclo dei rifiuti. Un’indagine di Legambiente (2005), in collaborazione con il Nucleo di Tutela dell’Ambiente dei Carabinieri, ha calcolato che ogni giorno nel nostro Paese, dal 1993 al 2004, sono state accertate circa cinque azioni di illecito riguardante il ciclo dei rifiuti: si parla di 17.097 azioni criminali.
In questo decennio il business di illeciti che ruota intorno alla violazione del ciclo dei rifiuti ammonta a 26,9 miliardi di euro. Sulle rotte che attraversano il territorio italiano da Nord a Sud si contano almeno 20.000 depositi di stoccaggio, dove viene lasciata una parte dei rifiuti, conservata per un periodo di tempo e poi rispedita in un altro deposito. Durante queste soste e questi trasferimenti alcune parti si “perdono”, mischiate con rifiuti urbani o con altri tipi di rifiuti per i quali non sono previste particolari procedure di smaltimento, provocando un grave inquinamento ambientale ed intossicando i cittadini.
Dalle stime relative alla differenza tra le tonnellate di rifiuti prodotti e di quelli gestiti, si apprende l’esistenza di vere e proprie montagne di materiali pericolosi e non, il cui destino è sfuggito ai sistemi di rilevazione istituzionali. Solo nel 2002 se ne contano 14,6 tonnellate.

“OUTLOOK” Uno sguardo fuori regione
Rubrica di scienze economiche e sociali
a cura di Rosario Palese
(ISSN 1722-3148)

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