I flussi scolastici in Italia. Tanto nella scuola materna e dell’obbligo quanto nella scuola secondaria superiore, il tasso di scolarità, negli ultimi dodici anni, ha registrato un significativo incremento. In particolare per la scuola secondaria superiore, a livello regionale, i tassi di scolarità in assoluto più elevati si riscontrano in Umbria (100,3% nel 2003 rispetto all’83,8% del 1991), Marche (100,2% nel 2003 rispetto al 78,3% del 1991) e Lazio (101,4% nel 2003 rispetto al 77% del 1991); ma anche l’Abruzzo (76,8% nel 2003 rispetto al 97,4% del 1991), il Molise (97,1% del 2003 rispetto al 72,2% del 1991), la Basilicata (99% del 2003 rispetto al 72,2% del 1991) e la Sardegna (96,1% del 2003 rispetto al 71,1% del 1991), hanno tassi che denotano una partecipazione pressoché totale alla scuola secondaria superiore.
Nel Mezzogiorno, i valori più bassi si registrano in Sicilia (87,6% nel 2003), Puglia (88,9% nel 2003) e Campania (87,3% nel 2003) che hanno anche, insieme alla Basilicata, gli aumenti più rilevanti a partire dall’inizio degli anni Novanta.
Negli anni compresi tra il 1991 e il 2003 si può notare un progresso estremamente significativo sull’intero territorio nazionale. Se nel 1991 il Mezzogiorno vedeva uscire dalle scuole il 68,3% di diplomati, nel 2003 la percentuale si è innalzata sino a toccare l’83,1%. Il Centro-Nord nel 1991 faceva segnare un 66,8% di diplomati, percentuale che è arrivata a toccare quota 84,1 punti percentuali nel 2003.
Nel 2003, la quota degli abbandoni (alunni che non hanno mai frequentato la scuola o che l’hanno abbandonata senza fornire spiegazioni) è risultata, a livello nazionale, pari allo 0,08% degli iscritti nella scuola elementare e allo 0,31% nella scuola media. Gli istituti professionali e gli istituti d’arte hanno tassi di abbandono particolarmente elevati, mentre tassi più bassi riguardano gli istituti tecnici, magistrali e i licei. Nel primo anno, infatti, gli abbandoni risultano essere più frequenti: 6,4%, su base nazionale nell’anno 2002; a partire dal secondo anno di frequenza, essi si riducono progressivamente, fino ad arrivare al 3,6% al quarto anno, su base nazionale nel 2002.
Al contrario di quanto osservato fino ad ora nella scuola dell’obbligo, il fenomeno degli abbandoni, purtroppo, continua ad assumere rilievo nelle scuole secondarie superiori. Le variabili che influenzano tale fenomeno sono: l’anno di frequenza e il tipo di scuola frequentata.
Per quanto riguarda l’università, il 12,7% degli italiani che hanno un’età compresa fra i 25 ed i 34 anni, è in possesso del titolo di laurea: tale cifra rappresenta una quota quasi doppia rispetto al 6,8% dei cinquantacinque-sessantaquattrenni che possiedono il titolo medesimo. Altro dato particolarmente interessante riguarda le donne: tra le due fasce di età, sopra riportate, fanno registrare un aumento, in percentuale, pari al 9,2%.
La tendenza a proseguire gli studi dopo aver conseguito il diploma, varia anche in funzione della regione di residenza degli studenti. La tendenza risulta particolarmente elevata nelle regioni centrali e meridionali (in particolare in Abruzzo 87,3% e nel Molise 89,1%). Nel Nord, un dato particolarmente significativo è rappresentato dalla Valle d’Aosta (94%) mentre nel Sud, dalla Sardegna (solo 59 diplomati su 100 accedono all’università).
Il numero dei laureati, nel corso degli ultimi anni, è stato in crescita costante: dall’anno 2001 all’anno 2003 è stato registrato un incremento pari al 33,8%. È aumentata anche la quota dei giovani che conseguono il titolo: mentre nell’anno 2000, per ogni 100 venticinquenni vi erano 18 laureati, nel 2003 tale numero è pari a 31 (+13%). Inoltre, il numero delle donne che conseguono la laurea è maggiore rispetto a quello degli uomini. Già nel 1994 esse rappresentavano il 53% dei laureati e nel 2003 hanno raggiunto il 56%. Il vantaggio delle donne risulta evidente anche se si prende in considerazione l’età del conseguimento del titolo: nelle donne di 25 anni, la percentuale di laureate, nel 2003, è pari al 38%; per gli uomini tale valore nello stesso anno ed alla medesima età è pari al 27%.
A partire dal 2001, si registrano laureati anche nei corsi del nuovo ordinamento: nel 2003, sono stati più di 53.000. In tal caso, si tratta di studenti appartenenti al vecchio ordinamento che hanno puntato sulla valorizzazione del loro portafoglio formativo e sulla conclusione anticipata del loro percorso di studi.
Il confronto con altri paesi. Nonostante la diffusione pressoché totale, a livello Ocse, della scuola di base obbligatoria, la classe di coloro che hanno tra i 15 e i 19 anni, evidenzia una partecipazione scolastica inferiore a quella di tutti i principali paesi considerati, compresi quelli dell’Europa dell’Est, recentemente entrati a far parte dell’Unione europea.
Anche la partecipazione nella classe di età 20-29 anni, in Italia, risulta essere inferiore alla media degli altri paesi Ocse. Tale differenza si riscontra anche rispetto a paesi che hanno una dimensione demografica simile alla nostra come Francia (19,6%), Germania (25,5%) e Spagna (23,3%).
In Italia l’età della scuola dell’obbligo è stata recentemente elevata a 16 anni (tale età risulta essere pari a 15 poiché i dati fanno riferimento all’anno 2003) ma risulta essere ancora oggi inferiore rispetto alla maggioranza dei paesi dell’Unione europea. In Italia sono numericamente inferiori alla media Ocse anche coloro che rientrano in una fascia di età compresa tra i 25 e i 64 anni e che risultano possessori di un titolo di istruzione secondaria superiore (44,4% contro l’87,3% degli Stati Uniti e l’83% della Germania). Nel nostro Paese, anche i possessori di un titolo di studio universitario rappresentano il 10,4% della popolazione in età lavorativa, a fronte di un valore medio del 15,5% nell’area Ocse.
Le scelte degli italiani nell’ambito dell’istruzione. Nell’ambito delle scuole medie superiori, gli istituti tecnici sono i più diffusi e rappresentano il 36% dell’offerta formativa, ed il 36,6% degli iscritti preferisce gli istituti tecnici privati; seguono gli istituti professionali e i licei scientifici che costituiscono rispettivamente il 23% e il 20%. Per quanto riguarda la distribuzione delle scuole statali sul territorio nazionale, si notano sostanziali differenze. Nel Nord-Ovest sono più numerosi gli istituti tecnici e i licei scientifici, mentre è più ridotta la quota dei licei classici. Nel Nord-Est, le scuole superiori più diffuse sono gli istituti tecnici e quelli professionali. Nelle aree del Centro e del Sud abbondano i licei classici e scarseggiano gli istituti tecnici.
Gli istituti tecnici registrano iscrizioni, a tutto il 2003, per 918.104 unità; a seguire le 548.202 unità degli istituti professionali; più staccati i licei: 478.404 unità dei licei scientifici e 202.028 unità dei licei classici.
Le donne sono costantemente più del 50% degli iscritti totali agli atenei a partire dall’anno accademico 1994/1995 fino ad oggi. L’area disciplinare più frequentata è quella giuridica (13,6% con un totale di 246.378 iscrizioni), seguita da quella economico-statistica (12,8% con un totale di 231.815 iscrizioni) e da quella di ingegneria (11,9% con un totale di 215.450 iscrizioni). Con riferimento, invece, alle aree che hanno avuto un maggior incremento nell’ultimo anno, sono da indicare quelle politico-sociali (+6,9), seguite da quelle dell’area geo-biologica (+6,2).
La spesa per l’istruzione. Secondo i dati Istat, analizzando gli iscritti ad un qualunque corso, dall’asilo nido fino ai corsi universitari, passando da uno a due iscritti nella stessa famiglia, la spesa media annuale varia da 1.160 euro a 957 euro, con un decremento pari al 17,5%; passando da due a tre iscritti, la spesa media registra un ulteriore decremento del 16,8%, da 957 euro a 796 euro.

“OUTLOOK” Uno sguardo fuori regione
Rubrica di scienze economiche e sociali
a cura di Rosario Palese
(ISSN 1722-3148)

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