Obiettivo ammirevole ma poco indicativo delle pile di notizie che continuano a riempire giornali, tv e web con un quadro ben diverso e più complicato della facciata di perbenismo che il nostro Paese si ostina a mantenere. “Maestra taglia la lingua all’alunno”, “Prof, ti punto la pistola alla tempia”, “Maestra d’asilo morde bimbo a un braccio”, “Droga a scuola, chi cerca trova”: parole, titoli, ma soprattutto segnali agghiaccianti di una scuola che da tempo è sotto pressione e genera episodi di apparente follia. Iniziative come la recente settimana de “La scuola siamo noi”, che pur rispecchia la sostanziale validità della scuola italiana, di fronte a questi fatti si riducono ad un operazione d’immagine e parlare di “mele marce” risulta riduttivo oltre che insufficiente nella ricerca dei problemi reali. Strutture inadeguate e non sempre a norma di legge, classi sovraffollate, finanziamenti sempre più ridotti per la nomina dei supplenti e formazione psico-pedagogica generalizzata insufficiente, sono solo alcuni degli ostacoli che impediscono il reale raggiungimento di una scuola più sicura.
Sull’altro versante, occorre una formazione capillare e mirata dei genitori, per sottrarre le giovani generazioni agli esempi di violenza e disumanizzazione che costituiscono gran parte dei modelli sociali del nostro tempo, e ancorarli a valori meno accattivanti ma sicuramente necessari come la solidarietà e il rispetto per l’altro. Il dibattito aperto sugli organi collegiali, la proposta di stesura nelle scuole di “patti di corresponsabilità fra scuola e genitori”, gli osservatori regionali sul bullismo sono tutte occasioni per rilanciare l’idea di una comunità educativa, in cui tutti concorrono all’educazione dei giovani, collaborando e cooperando insieme, superando l’eventuale sospetto verso la diversità dei ruoli. È giunto il momento di investire con forza (anche economicamente) nella formazione di genitori e insegnanti. L’associazionismo, quale risorsa di cittadinanza e di responsabilità già presente nella scuola, può dare una mano.
[Articolo di Tatjana La Paglia]