Parlare di relazione genitori-figli, significa prendere in considerazione anche l’incidenza dell’impegno lavorativo sull’universo familiare, ed in particolare sull’espletamento del ruolo materno che risulta di cruciale importanza nei primi anni di vita di un bambino.
In questi ultimi tempi si è registrato nel nostro Paese una crescita della percentuale di minori con ambedue genitori occupati, passando da un 36,3% al 43,4% nell’arco di tempo che va dal 1993-94 al 2005. In questa stessa forbice di tempo si registra un calo dal 45% al 36,1% dei ragazzi con una madre casalinga. Nel Nord-Est la percentuale di coppie di genitori lavoratori tocca in alcuni casi il picco del 56%, mentre il Sud e le Isole sono ancora ben lontani da questo scenario, dimostrando un basso incremento del 3,4% del tasso di famiglie con entrambe i genitori occupati.
Secondo un’indagine Istat sui padri italiani del 2005, la percentuale dedita in genere al lavoro familiare è aumentata del 6% dal 1988-89 al 2005, mentre il tempo giornaliero destinato ad accudire i figli si è allungato da 27 a 45 minuti.
Il 51,7% delle giovani famiglie italiane con donne madri lavoratrici risiede nelle vicinanze della famiglia d’origine. I genitori delle giovani coppie, generalmente, non si sottraggono alla richiesta di sostegno nell’accudire i piccoli, tant’è che l’80,3% di quelli tra 0 e 2 anni, sono assistiti dai nonni più di una volta durante la settimana. Le reti di aiuto informali per le giovani coppie, costituite da amici o parenti, forniscono l’assistenza alla cura dei bambini nel 77,3% dei casi.
La TV regina della casa.
L’indagine Eurispes svolta nel 2006 su un campione di 1.274 bambini tra i 7 e gli 11 anni ha rilevato come il consumo televisivo vada da 1 a 3 ore per il 43,6% dei bambini intervistati, da 4 a 5 ore per l’8,3% e superi addirittura le 5 ore per il 6,6%. Chi non guarda la Tv meno di un’ora al giorno è il 26,5%. Il 45,7% dei bambini guarda la Tv senza che nessuno dica loro quando e per quanto tempo può farlo, mentre il 16,1% ammette di guardare da solo anche i programmi contrassegnati dal bollino rosso e quindi non adatti ad un pubblico infantile.
Stando ai risultati di uno studio condotto dalla Società Italiana di Pediatria, un bambino che guarda in media la Tv per due ore al giorno nella fascia oraria compresa tra le 15.00 e le 18.00, rischia di vedere in un anno circa 31.500 spot pubblicitari dei quali circa 5.550 pubblicizzano alimenti.
Genitori e nuove tecnologie.
La precoce dimestichezza dei più piccoli con le nuove tecnologie riguarda innanzitutto il pc sia per l’accesso alla rete Internet sia per la possibilità di intrattenersi con i videogames. Questa tendenza risulta particolarmente estesa nel ceto medio italiano, ovvero fra quel 52% delle famiglie con risorse economiche sufficienti per dotarsi di un computer e tra quel 42% di famiglie che dichiarano un utilizzo effettivo di Internat a casa (Rapporto Federcomin 2004).
La percentuale di bambini dai 7 agli 11 anni che utilizzano il pc è pari all’82,2%, come rilevato dall’indagine Eurispes del 2006. La percentuale di ragazzi che utilizza il computer cresce all’aumentare dell’età, passando dall’80,4% dai 7 ai 9 anni all’85,1% dai 10 agli 11 anni. Il 46,6% del campione dichiara inoltre di avere il pc nella propria stanza. Piuttosto consistente è inoltre la percentuale del 48,2% degli intervistati di 7-11 anni che afferma di navigare on line, il 34,8% dei quali senza che nessuno prescriva loro quando e quanto a lungo possono navigare.
Uno studio pubblicato recentemente dall’Osservatorio dei Diritti dei Minori condotto su un campione di 400 adolescenti tra i 14 e i 18 anni, mette in luce un 72% di tee-agers che ricercherebbero sul Web risposte a quesiti che altrove non riescono a trovare, riguardanti astrologia, sessualità, e nel 31% dei casi, da parte per lo più delle ragazze, le diete ‘fai da te’.
Che anche il consumo prolungato dei videogiochi sia di per sé negativo non è una novità. Da un’indagine condotta nella primavera del 2006 dal Centro Studi Minori e Media su un totale di 2.037 studenti italiani di scuole medie e superiori, il 45,5% degli intervistati ha dichiarato di giocare da solo, contro il 43,5% che invece gioca abitualmente in compagnia. Significativa è anche la percentuale del 28% dei giovani che affermano di giocare anche on line. Infine, tre minori su quattro credono che una dipendenza patologica da videogame possa insorgere solo in quelle persone che dedicano più di sei ore al giorno per questo svago.
Manager del tempo libero.
Tra il 1998 e il 2005, la percentuale dei ragazzi tra i 6 e i 17 anni che partecipa a corsi pomeridiani extrascolastici di vario tipo, è aumentata dal 41% al 45,8%. In particolare si registra un aumento significativo del 7,2% nella formazione extrascolastica di bambine e di ragazze (dal 39,7 al 46,9%) rispetto ai 2,5 punti percentuali in più (dal 42,3% al 44,8%) di bambini e di ragazzi della stessa età che hanno intrapreso attività formative nel doposcuola.
Fra le attività pomeridiane più praticate dai ragazzi di ambo i sessi, ci sono, oltre allo sport (praticato dal 31,3%), la musica (8,4%), la danza (7,1%), lo studio di lingue straniere (6,4%), l’informatica (5,7%). Seguono il canto (2,6%), il teatro (2,4%), la pittura (2,2,%), il giornalino scolastico (0,5%), e altre attività. Si tratta nel complesso di dati positivi che riguardano, tuttavia, solo una fetta dell’Italia, considerando che al Nord la percentuale di bambini che frequentano corsi di formazione supera il 50%, mentre al Sud si riduce al 30%. Inoltre su scala nazionale, la percentuale in oggetto si attesta al 37% se si tratta di figli di famiglie operaie.
Genitorialità estreme: imparare l’arte di essere genitori.
Il dialogo e il gioco devono essere accompagnati da regole ben precise, ma più che l’assenza di regole è l’incoerenza nell’applicazione delle stesse ad alimentare oggi il processo di perdita di autorevolezza dei genitori e di fiducia nella loro figura da parte dei figli. Il confine tra indolenza ed indulgenza si fa sempre più labile tanto che ad assecondare le istanze dei propri figli diventa un metodo rapido e comodo per evitare un contraddittorio quando ci si sente stanchi, o solo un modo per esorcizzare un senso di colpa ingombrante quando si è oggettivamente assenteisti.
In parole più semplici, anziché rimproverare i figli e correggerne i comportamenti, un crescente numero di adulti preferisce soddisfare le richieste dei piccoli con la convinzione che in fondo si tratta di piccoli capricci a cui non conviene opporsi.
Questa tendenza è stata messa in luce dall’ultimo Rapporto dell’Institute of Public Policy Research di Londra, che ha confermato l’atteggiamento remissivo degli adulti europei, ai quali è stato chiesto di esprimere se effettivamente riescono a sgridare i ragazzi che disturbano la quiete pubblica. A questa domanda hanno risposto affermativamente il 65% dei tedeschi, il 52% degli spagnoli, il 50% degli italiani e solo il 34% dei britannici.
Sebbene l’emergenza ‘pedofobia’ riguardi soprattutto l’Inghilterra, inducendo peraltro il ministro Tony Blair a lanciare una campagna contro i comportamenti antisciali dei giovani, i dati relativi all’Italia non possono lasciare indifferenti. Anche prescindendo da casi estremi di esplosioni di violenza incontrollate e di totale sottomissione genitoriale che nel nostro Paese si verificano in maniera ridotta rispetto a Francia e alla Gran Bretagna, in generale, non possono sottovalutarsi le conseguenze negative di un’insufficienza autoritativa.
“OUTLOOK” Uno sguardo fuori regione
Rubrica di scienze economiche e sociali
a cura di Rosario Palese
(ISSN 1722-3148)