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Vivere meglio, lavorare meno

Se queste sono le misure straordinarie per il Mezzogiorno che il Governo italiano e la sua maggioranza parlamentare hanno più volte sbandierato come azioni strategiche in grado di migliorare l’economia e lo stato sociale, la situazione è più allarmante di quanto ci si possa immaginare; se poi alla decisione di diminuire le ore lavorative, si affianca anche la giustificazione pretestuosa di un  miglioramento della condizione di vita del lavoratore, consentendogli di avere più tempo libero da dedicare alla famiglia e ai propri amici, si rischia di cadere veramente nel paradosso. Pensare allo svago e dedicarsi alla propria vita privata in maniera serena, infatti, diventa faticoso se si prova a pensare alle dirette conseguenze della diminuzione del lavoro: guadagni inferiori e minore occupazione andrebbero ad aggravare la già difficile situazione di tante famiglie costrette a vivere nei migliori dei casi, al limite del benessere e in situazioni più estreme ma non rare, in una condizione di ‘non precaria’ povertà.
I giovani, soprattutto al Sud, emigrano, portano il loro sapere in altre regioni e in casi sempre più frequenti in altri Stati. Forza lavoro, ma soprattutto una fonte di indiscussa creatività e ingegnosità che in Italia non viene riconosciuta o almeno non viene sfruttata come dovrebbe.
Pensare quindi di avere più tempo da trascorrere in famiglia sarebbe allettante se solo le condizioni economiche consentissero ai giovani di poterne creare una.

“La questione rischia di passare inosservata o di essere sminuita ad uno dei tanti aspetti di normale contrattazione aziendale” – ha commentato Vaccaro, Segretario Provinciale della Uil di Potenza – “E’ sin troppo facile ‘esultare’ sulla riduzione dei turni dicendo che i lavoratori della SATA avranno condizioni di lavoro e di vita migliori – continua Vaccaro –  ma come si coniuga tutto questo con la battaglia per allargare l’occupazione, per superare l’interinale, il precariato anche alla SATA e per portare quanti più giovani all’interno della fabbrica di Melfi? E i progetti industriali per le nuove produzioni, per il nuovo ruolo da assegnare allo stabilimento SATA all’interno del complessivo sistema Fiat? Sono interrogativi che meritano una risposta e che per noi sono importanti al pari del ‘lavorare meno’”. Anche la Uilm della Basilicata, che ne ha discusso in un Comitato direttivo, interviene in merito alla temuta ipotesi di una rimodulazione dell’orario di lavoro, ritenendo che si tratta di “un’organizzazione del lavoro che migliora senza dubbio la qualità della vita dei lavoratori ma che alimenta i dubbi sul futuro e le prospettive del polo dell’auto di Melfi”. Il sindacato propone pertanto ”un immediato confronto con l’azienda poiché, senza un accordo chiaro in merito alle nuove produzioni e agli investimenti, la prevista riduzione a 15 turni potrebbe preludere a un ridimensionamento dello stabilimento Sata con tutte le gravi conseguenze sui livelli occupazionali”. La Uilm ricorda inoltre che un’altra priorità e’ il riassorbimento dei lavoratori provenienti dalle aziende dell’indotto che hanno cessato la loro attività ed il rientro dei 318 lavoratori interinali, rimasti senza lavoro dallo scorso ottobre.

Insomma una altro grande interrogativo si pone tra il Paese e le leggi che regolano il progresso naturale dell’economia e del benessere collettivo: se la competitività e la crescita della ricchezza sono alla base del miglioramento delle condizioni dei lavoratori e dei soggetti più deboli, come è possibile conciliare tutto questo con il ‘lavorare meno’?