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Caso Sinoro: emblema di come il denaro pubblico viene sperperato

Nonostante tutte le attenzioni sinora prestate alla questione non si è riusciti neppure a far tesoro degli errori in cui si è incorsi in passato, anche in relazione a vicende ed a situazioni similari. Non occorre ripercorrere ancora una volta quella che è stata la tormentata vicenda sulla quale nei giorni scorsi è ritornato il consigliere regionale del nostro Partito, Emilia Simonetti, tuttavia, quello che appare intollerabile è la sistematicità con cui si ripresentano i problemi, specie in relazione a vicende che avevano già offerto elementi di incertezza e di scarsa chiarezza.

Diversi corsi di formazione svolti, finanziamenti puntualmente elargiti senza che, in ben 18 anni, iniziasse l’attività produttiva. Ora ci si trova di fronte ad un provvedimento Ministeriale di revoca del contributo e di contestuale richiesta di restituzione di tredici milioni di euro, ma, nel contempo, la SINORO si appresta a ricevere i finanziamenti previsti per la ulteriore formazione professionale. Che detta formazione sia sostanzialmente rimasta lettera morta (i lavoratori infatti non hanno mai svolto le mansioni per le quali sono stati assunti) e che lo Stato, al momento, risulti essere creditore della somma di ben 13 milioni di euro è questione non secondaria che andrebbe affrontata a tutti i livelli, a partire da quello regionale.

I Lavoratori della Sinoro, infatti, attendono diverse mensilità e, allo stato, non sanno quale sarà la sorte della azienda e la vicenda loro personale. Offrire solidarietà a chi oggi sciopera per la tutela di un diritto, costituzionalmente garantito, è doveroso e, tuttavia, non risolve i problemi. Occorrono elementi di chiarezza e che le istituzioni coinvolte assumano iniziative volte a rendere evidenti le responsabilità ed affrontino i problemi produttivi dell’area industriale di Tito e tutelino l’occupazione.