E poi si sa, le mozioni di un congresso sono come i programmi di governo, formulari di intenzioni di cui riempirsi la bocca ma poi lasciano il tempo che trovano. Comunque sia, secondo un parere del tutto personale i tre documenti assommano un’unica delusione. Meglio: si può comprendere l’entusiasmo di Piero Fassino, Massimo D’Alema, Walter Veltroni e della lunga schiera di segretari regionali sulla sfida da lanciare con il Partito Democratico per costruire un nuovo soggetto che faccia da “guida politica e morale all’Italia”; può far riflettere la proposta di Mussi e Salvi di rinnovare, sempre nell’orbita del Socialismo Europeo, i Democratici di Sinistra evitando con la nascita del Partito Democratico un’ ulteriore spaccatura a sinistra ; può passare non peregrino il ragionamento che fanno Angius, Caldarola, Zani e Nigra riguardo all’avvio di una fase e un patto costituente che traghetti in tempi non affrettati e, quindi, senza una fredda saldatura tra i vertici della Margherita e dei Ds, alla costituzione di un “partito federativo e federale”. Ma nessuna delle tre mozioni fa un’autoanalisi, sancisce il “mea culpa” sulla macchina di potere che sono diventati in questi anni e a tutti i livelli i Democratici di Sinistra, smarrendo così ogni legame con la base. Non si scoperchia nessun pentolone di verità quando Fassino, Mussi e Angius dicono che ormai la politica è sempre più distaccata dalla società civile. E’un’opinione questa così scontata e ipocrita che ormai è fatta propria da tutti gli schieramenti e da chiunque faccia politica nelle istituzioni. Ben altro bisognava enunciare (o denunciare) nelle mozioni. Magari che il partito è andato sempre più rimuovendo la sua identità laddove ha permesso di fomentare rendite di posizioni per pochi privilegiati, pascere funzionari senza né arte né parte che non hanno alcun interesse a stabilire rapporti con la realtà, rinunciare alla vocazione di forza di sinistra che concentra il proprio sguardo verso quelle sacche del disagio sociale che nel nostro paese si vanno sempre più accentuando. Credo che abbia ragione lo storico e sociologo francese Marc Lazar (studia e conosce molto bene da anni le sinistre italiane) quando afferma che c’é una sinistra di governo intorno cui giostrano dirigenti “arroccati al raggiungimento dell’alta parcellizzazione”, che, oltre ad aver usurpato la sovranità della base per passarla alle segreterie, non sanno ascoltare, si rifiutano di chiarire determinate responsabilità, considerano l’esistente la miglior condizione possibile, guardano a certi equilibrismi come la più giusta formula della politica del domani. L’esito dei congressi di sezioni appare, al momento, del tutto scontato, si affermerà con una larga percentuale di voti la mozione di Fassino, per cui la strada che porta al partito democratico procederà in discesa, però è poco persuasivo dire che la nascita del nuovo soggetto politico comporterà, tra l’altro, la soluzione del problema della governabilità. E’ una debole illusione in quanto la cultura della governabilità la si porta a soluzione solo se si lascia prima fiorire una diversa cultura politica e a ricucire lo strappo della rappresentanza.
Mimmo Mastrangelo
Assessore e Consigliere Ds
Moliterno (Pz)