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La Ilpea nega ai lavoratori la proroga della cassa integrazione straordinaria

Il segretario generale della Femca-Cisl, Gerardo Casaletto, condanna con sdegno e amarezza la decisione “incomprensibile ed immotivata della società Ilpea di non attivare le procedure per la proroga in deroga della cassa integrazione straordinaria, come stabilito nell’accordo sottoscritto nel gennaio 2006 con i sindacati, penalizzando così gravemente soprattutto quei lavoratori che con un altro anno di ammortizzatore sociale sarebbero arrivati alla pensione. Oltre al danno della chiusura – rimarca Casaletto – ora dobbiamo subire la beffa della mancata proroga della Cigs che per decine di famiglie rappresenta la sola fonte di sostentamento economico. La Ilpea preferisce tacere e sparire alla chetichella dalla Basilicata nel più totale disinteresse per la sorte degli incolpevoli lavoratori”.

L’accordo sottoscritto con le organizzazioni sindacali, che sanciva la volontà non negoziabile della Ilpea di chiudere il sito produttivo lucano di Tito Scalo per concentrare le produzioni negli altri stabilimenti del gruppo, prevedeva la concessione della Cigs fino al 8 gennaio 2007, con la opzione per un ulteriore anno di cassa integrazione, e la successiva messa in mobilità dei dipendenti. Nel corso di un incontro tenuto il 17 gennaio scorso presso la task force regionale azienda e sindacati avevano concordato un percorso finalizzato alla prosecuzione della Cigs fino al 31 dicembre 2007 in ragione di una norma dell’ultima finanziaria che consente la cosiddetta deroga in proroga in caso di crisi industriale. Nel giro di un mese, però, la iniziale disponibilità dell’azienda a vagliare la proroga della Cigs è venuta meno in quanto la Ilpea sostiene di “non procedere ad ulteriori richieste di Cigs” per effetto del “contenuto di incertezza dell’ipotesi prospettata”.

Per il capo dei chimici lucani della Cisl “il passo indietro della Ilpea è una decisione grave che contrasteremo in ogni sede. E per questo chiediamo un incontro urgente col prefetto di Potenza per vagliare la possibilità di riaprire un canale di comunicazione con l’azienda e indurla a ritrattare una scelta che danneggia i lavoratori e le loro famiglie trattati alla stregua di figuranti di un’assurda commedia”.