[Articolo di Enrico Gambardella*]

È un primo segnale di discontinuità rispetto ad una prassi fortemente consolidata in Basilicata ed altrettanto fortemente contrastata dal sindacato lucano e dalla Cisl in particolare: relegare gli insediamenti industriali lucani esclusivamente alla produzione di beni concepiti, progettati e sviluppati altrove. Una pratica che nel lungo periodo, con l’esaurimento delle convenienze localizzative, così come la Cisl da tempo aveva previsto e denunciato, ha portato all’allontanamento di importanti realtà produttive senza radicamento sul territorio lucano.

La Basilicata, nel corso dell’ultimo trentennio, pur vivendo un processo di moderata industrializzazione, non è mai riuscita a creare presupposti insediativi stabili per le imprese. Sono state privilegiate le politiche di incentivazione ma non una cultura industriale e tanto meno quella rete di infrastrutture immateriali che costituiscono il vero fattore di attrattività di un territorio. Parliamo di una pubblica amministrazione efficiente, efficace e rapida, di centri di ricerca e di servizi per le imprese, di un sistema scolastico e formativo vicino alle esigenze e al fabbisogno del tessuto produttivo locale. In pratica le azioni e le risorse messe
in campo non hanno fertilizzato il territorio e il mondo imprenditoriale, in Basilicata storicamente poco propositivo, ha semplicemente usufruito delle particolari condizioni di favore per la loro durata salvo smobilitare al loro termine. La desertificazione di molte aree industriali lucane ne è una evidente testimonianza.

L’elemento di novità del protocollo d’intesa sta proprio nel puntare per la prima volta sulla ricerca e sulla costituzione di un sistema di servizi mirati alla qualità, allo sviluppo e alla innovazione delle produzioni come elemento qualificante e come scommessa di riconversione produttiva. La Cisl, però, ritiene che la pur positiva intesa non può bastare a giustificare le favorevoli previsioni fatte da molti alla firma del protocollo. Il solo accordo non basta, né sono sufficienti i compiti che nel suo ambito sono assegnati agli attori dell’intesa. L’assenza di un quadro normativo locale integrato rischia di vanificare ogni effetto e soprattutto di creare una ulteriore area protetta la cui esistenza sarà legata alla durata delle condizioni
incentivanti. Cisl e Femca (il sindacato dei tessili Cisl) ritengono che nel caso di Atella siano necessarie misure integrate di sostegno che affianchino le opportunità offerte dall’intesa  alle misure di contenimento dei costi energetici per le produzioni industriali. Cisl e Femca ritengono inoltre strategico incentivare le attività di ricerca e sviluppo sul territorio lucano nella convinzione che progettare e sviluppare un prodotto in loco consolidi e radicalizzi la
produzione e lo stesso insediamento produttivo. Per questo proponiamo, quale ulteriore elemento di attrattività, la realizzazione di un quadro normativo che, attraverso sgravi fiscali, abbatta il costo dei servizi consortili delle aree industriali e incentivi i progetti di ricerca affidati dalle imprese a soggetti lucani della ricerca pubblici o privati. Si tratta di creare una vera filiera della conoscenza che interconnetta in modo stabile le imprese e il mondo
scientifico con un duplice vantaggio: da un lato sostenere in modo produttivo i soggetti della ricerca (Università, Cnr, ecc.) che operano sul territorio elevandone la qualità e creando occupazione per i giovani cervelli, dall’altro assicurare alle imprese un flusso costante di innovazione da incorporare nel ciclo produttivo per spostare più in alto la frontiera della competizione.

[* Segretario confederale della Cisl Basilicata]

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