La distribuzione del patrimonio culturale. Non esistono in Italia stime ufficiali e definitive sul numero e l’esatta consistenza dei beni che compongono il nostro patrimonio culturale. La stima del patrimonio è il risultato di una selezione operata in base al criterio della rilevanza turistico-culturale dei beni. Questa banca dati contiene quasi 2 milioni di beni schedati, di cui 52.000 architettonici e 5.000 archeologici.
La maggior parte dei Comuni italiani appartiene alla classe dimensionale che raccoglie i Comuni con un numero di beni compreso fra 11 e 25. Seguono per consistenza numerica quei Comuni che hanno un numero di beni compreso tra 1 e 10. La classe dimensionale più grande è composta dai Comuni con oltre 500 beni: tra questi spiccano Milano (971 beni), Venezia (1.270), Genova (858), Firenze (951), Napoli (542) e Roma che raggiunge la quota massima di 2.424 beni censiti.
Calcolando il valore medio dei beni per Comune, si rileva che la concentrazione più alta si trova in Umbria (22,8), seguita dalla Toscana (15,5), dal Lazio (15,2, anche se questo dato è fortemente condizionato dalla presenza di Roma) e dalla Liguria (12,8). Il numero più basso spetta al Piemonte con 3,4 beni per Comune, a fronte di una media nazionale del 7,1.
Se si considera invece il rapporto fra beni censiti e abitanti, si ricava il dato nazionale di 1 bene ogni 1.500 abitanti. Secondo questa classifica la Valle d’Aosta occupa la prima posizione con ben 31 beni per 10.000 abitanti, seguono l’Umbria, il Trentino Alto Adige e la Liguria (rispettivamente con 23,3, con 19,7 e con 18,2 beni per 10.000 abitanti, preceduta dalla Campania (5,5), dalla Sicilia (7,3) e dalla Calabria (7,4).
Da un’ulteriore analisi emerge una media nazionale di 19 beni architettonici e archeologici ogni 100 kmq.
Nuovi modelli di gestione. L’articolo 115 del testo Unico del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio prevede forme di gestione indiretta dei beni, da realizzarsi attraverso istituzioni, fondazioni, associazioni, consorzi, società capitali o altri soggetti costituiti o partecipati in misura prevalente dall’Amministrazione pubblica cui i beni appartengono, oppure una concessione a terzi, mediante procedure di evidenza pubblica.
Attualmente i beni culturali del nostro Paese sono gestiti nel 27% dei casi dalle istituzioni, nel 18% da S.p.A., nel 13% da consorzi, aziende speciali e fondazioni, e nell’11% dei casi da associazioni.
Le principali attività gestite in forma indiretta riguardano nel 25% dei casi il turismo, nel 18% lo sport, nel 15%le biblioteche, nel 12% i parchi ambientali e lo spettacolo, nell’11% le attività culturali.
Gli Enti decentrati hanno mostrato un attivismo sempre maggiore, in termini di iniziative e di crescenti specializzazioni territoriali. Dal 1990 al 2000 la spesa dei Comuni (la voce “spesa” qui considerata fa riferimento ai due macrosettori Istat, Monumenti, Musei, Biblioteche e archivi e Altro in cui sono raggruppate tutte le altre spese, comprese quelle destinate allo spettacolo dal vivo e alle industrie culturali) è risultata essere la più dinamica, con un incremento, a lire costanti 2000, superiore al 60%. Questo aumento è maggiormente concentrato nei primi anni del nuovo millennio: infatti, nel 2000, la spesa per la cultura ha superato i 2 miliardi di euro (pagamenti in cassa), che corrisponde al 2,8 dei bilanci consuntivi comunali.
Lo spettacolo dal vivo e i finanziamenti.La disciplina dello spettacolo dal vivo, a partire dal 1998, compete al Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Le applicazioni della riforma in termini federalisti si sono tradotte, nel campo dello spettacolo, nella progressiva riduzione dei poteri dello Stato. Anche sul piano dei finanziamenti si assiste ad un ridimensionamento dello Stato. Dal 1985 al 2005, infatti, gli stanziamenti statali destinati al Fondo Unico per lo Spettacolo hanno registrato una perdita pari al 30% in termini di valori reali. A questa tendenza si contrappone un maggiore sostegno da parte dei Comuni, che nel 2000 hanno erogato 1.100 miliardi (+70% rispetto al 1990 a lire dilazionate).
Il fondo Unico per lo Spettacolo. Istituito nel 1985, il Fondo Unico per lo Spettacolo finanzia tutti i principali settori relativi alle attività culturali, secondo una ripartizione stabilita annualmente, con decreto del Ministero per i Beni e le attività Culturali. Come negli anni precedenti, anche nel 2005 si rileva un diverso peso del finanziamento statale nelle tre macro-aree territoriali del nostro Paese. Il Nord da solo assorbe il 49% delle risorse statali, assumendo un ruolo predominante rispetto alle tre aree geografiche. Il dato riscontrato al Centro è pari al 28%, mentre il Sud e le Isole, con il 23% del finanziamento statale, mostrano una quota largamente inferiore in proporzione alla popolazione residente.

“OUTLOOK” Uno sguardo fuori regione
Rubrica di scienze economiche e sociali
a cura di Rosario Palese
(ISSN 1722-3148)

0 Comments

Leave a reply

©2024 Associazione Promozione Sociale Lucanianet.it - Discesa San Gerardo 23/25 85100 Potenza CF 96037550769 info@lucanianet.it