Il mercato vede nei giovani i principali consumatori e “decisori d’acquisto” e tenta di studiarne i gusti emergenti e possibilmente di soddisfarli. Come ha rilevato l’indagine Doxa Junior, condotta nel 2004 su un campione rappresentativo di 2.500 ragazzi di età compresa tra i 5 e i 13 anni, bambini e adolescenti hanno un forte potere di influenzare le decisioni di acquisto dei loro genitori, soprattutto per quanto riguarda le categorie di prodotti di loro interesse (articoli scolastici, giocattoli, abbigliamento, ecc.) e questo aspetto li rende una fetta di mercato ancora più appetibile.
Per quanto riguarda, in particolare, la scelta e l’acquisto dei capi d’abbigliamento, l’analisi consente di osservare come i ragazzi abbiano le idee molto chiare: la loro opinione e soprattutto le loro scelte in campo di marche da preferire è ben determinata e riesce ad influenzare la spesa dei genitori in modo consistente, più di quanto non avvenga in altri ambiti (come quello alimentare). Un’indagine condotta da Eurispes e Telefono Azzurro nel 2003 su un campione rappresentativo di 5.710 adolescenti dai 12 ai 19 anni ha rilevato, del resto, come appena il 4% dei ragazzi ritenga di dover subire il condizionamento dei genitori in materia di vestiario; il 93,5%, al contrario, afferma di vantare in questo campo un elevato livello di autonomia. Le restrizioni dei genitori sembrerebbero concentrarsi, infatti, su altri aspetti, come la possibilità di andare in vacanza da solo, gli orari di rientro a casa o le idee politiche. In relazione al sesso degli intervistati, non si osservano grosse differenze tra i ragazzi e le ragazze, entrambi dotati di un’ampia libertà in relazione al modo di vestire: appena il 3,1% delle teen-agers, contro il 4,7% dei coetanei, si sente completamente limitata nella scelta dei propri vestiti dalle restrizioni genitoriali. Al crescere dell’età, sale anche il livello di autonomia decisionale e si allarga lo spazio di libertà nelle scelte di abbigliamento: la percentuale di quanti affermano di essere lasciati molto liberi in questo campo dai propri genitori sale dal 46,5% (adolescenti dai 12 ai 14 anni) al 65,2% (15-19 anni), mentre gli adolescenti che ritengono di essere privati del tutto della propria autonomia scende dal 5,8% al 2,2%. La rilevazione Eurispes e Telefono Azzurro sui bambini dai 7 agli 11 anni – condotta nel 2003 su un campione di 5.076 ragazzini – ha consentito di osservare come anche questi ultimi vantino una spiccata autonomia nella scelta dei capi d’abbigliamento. La maggior parte di essi (il 55,2%), infatti, afferma di comprare solo ciò che è di proprio gusto. La percentuale di quanti scelgono in base ai suggerimenti dei propri genitori è decisamente più bassa (24,7%), mentre sono pochissimi (appena l’1,4%) i bambini deleganti, coloro, cioè, che fanno scegliere ad altri i capi d’abbigliamento d’acquistare. A volte la scelta dei capi d’abbigliamento è guidata da motivazioni di tipo utilitaristico: un buon 11,7%, infatti, acquista quel che gli serve, mentre pochissimi (il 2,3%) affermano di farsi influenzare da ciò che hanno gli amici (1,3%) o da quanto visto in pubblicità (1%). Questa spiccata autonomia decisionale, così come emersa dall’indagine, deriverebbe, potrebbe derivare dalla capacità dei ragazzini di rielaborare gli stimoli provenienti dal mercato pubblicitario e da un graduale disaffezionamento al mezzo televisivo, spiazzato, almeno parzialmente, dal moltiplicarsi dei nuovi strumenti di comunicazione, maggiormente interattivi.
Figlio mio quanto mi costi? Nel 2004, secondo un’indagine Istat sui consumi, le famiglie hanno speso circa 70 euro in più rispetto all’anno precedente (+3,2%). Il dato si riferisce ad una spesa media mensile per famiglie pari, in valori correnti, a 2.381 euro. Naturalmente al crescere del numero dei figli aumenta il livello di spesa della famiglia: 2.926 euro mensili per le coppie con un figlio e 3.066 euro quando la coppia ha tre o più figli. Una quota consistente di questa spesa, è destinata dalle famiglie all’abbigliamento e calzature: in un nucleo composto da due componenti, la percentuale mensile destinata a questo settore è del 5,9%, mentre in una famiglia di 5 componenti la spesa lievita all’8,1%.
A risparmiare meno in questo settore sono le regioni meridionali: Puglia e Sicilia in testa con un 8,3% di spesa mensile, seguite da Calabria (8,1%) e Abruzzo (8%). Più parsimoniosi i liguri, che hanno dedicato alle calzature e all’abbigliamento il 5,1% della loro spesa mensile.
Ma quanti soldi hanno?I bambini di oggi hanno più consapevolezza e competenza del rapporto spesa-acquisto e hanno maggiore confidenza con il denaro. Il minore non è più un mero destinatario del prodotto in sé, ma ha un rapporto attivo, da acquirente, con la merce che gli interessa, grazie alla sua disponibilità di piccole e grandi somme. Stiamo parlando della “paghetta”, croce dei genitori poiché direttamente proporzionale all’età dei figli e quindi destinata inesorabilmente ad aumentare negli anni, delizia per i ragazzi, che la destinano agli acquisti più svariati. Una “paghetta” che nella contemporaneità assume i contorni di un vero e proprio stipendio. Secondo un’inchiesta condotta dall’Osservatorio sui Diritti dei Minori su un campione di 200 genitori di figli in età compresa fra i 14 e i 17 anni, la stragrande maggioranza di essi (il 77%) destinerebbe alla paghetta dei figli circa 200 euro al mese. Tuttavia, l’abitudine di corrispondere una somma settimanale al figlio è in lento, ma costante declino: una recente indagine condotta dalla Doxa dimostra che nel 2004 a ricevere una paghetta è stato il 43% dei ragazzi, contro il 59% del 2000. Appare dunque in diminuzione questa tendenza dei genitori ad elargire con cadenze regolari una quota al figlio, sostituita, magari, da altre abitudini, come quella di comparare direttamene quanto richiesto dai figli, o quella di condizionare l’elargizione di denaro a determinate esigenze, valutabili di volta in volta.
In conclusione, quindi, i ragazzi si dimostrano molto attenti al look, sicuri e disinvolti, spesso con budget altissimi da spendere nei sempre più numerosi negozi dedicati a loro. Hanno le idee chiare su come vestirsi, su cosa comprare, su quale sia il proprio stile e su come crearlo. Ma questi ragazzi sono poi così liberi? Seguire ed essere alla moda è un atto realmente liberatorio? Il rischio è che non sia realmente così. Il bombardamento pubblicitario, infatti, trova terreno fertile nelle generazioni più giovani, sempre in cerca di qualcuno che dica loro quali sono le nuove tendenze e i modelli da seguire. Fino all’eccesso: per cui chi non ha non è, concetto profondamente incompatibile con quello della libertà.
“OUTLOOK” Uno sguardo fuori regione
Rubrica di scienze economiche e sociali
a cura di Rosario Palese
(ISSN 1722-3148 )