Competitività e produttività. La produttività del lavoro in Italia è calata del 10,8% in 10 anni, portando l’Italia tra i paesi con una maggiore riduzione di produttività. Una simile riduzione è presente solo in Germania (-11%) mentre risultati positivi pongono in evidenza il ruolo dei paesi di nuovo ingresso che pur attestandosi a livelli piuttosto bassi rispetto alla Ue15, presentano una produttività in rapido sviluppo grazie ad un adeguamento delle strutture produttive e un buon livello di specializzazione degli addetti. Nel 2004 il livello di produttività dell’Italia si è attestato a 103,4 anche se le stime per il 2005, 2006 e 2007 segnalano un progressivo decremento (rispettivamente 101,7; 101,2; 100,3).
Competitività e sviluppo tecnologico. Per dare un quadro del livello di sviluppo tecnologico che caratterizza l’Italia, sono stati presi in considerazione due indicatori: il numero di brevetti depositati presso l’Ufficio Brevetti Europeo (European Patent Office EPO) e la spesa in ricerca e sviluppo.
Il nostro Paese, pur avendo visto aumentare il numero di brevetti depositati negli ultimi anni, occupa una posizione marginale rispetto ai paesi europei concorrenti. L’Italia, con un livello medio di 64,76 brevetti depositati nel periodo 1995-2002 per milione di abitanti, inizia a temere la concorrenza dei paesi di nuovo ingresso all’Ue. La posizione dell’Italia, infatti, è decisamente marginale rispetto a molti paesi europei come la Svizzera (423,94), la Svezia (294,20), la Finlandia (268,75) e la Germania (252,01) e non sarà facile recuperare terreno nei confronti di paesi come l’Austria (138,30), la Francia (125,66) e la Norvegia (115,66) per citarne solo alcuni. In tutte le regioni italiane si è registrata una riduzione del numero di brevetti presentati e, allo stesso tempo, a parità di forza lavoro si assiste ad una sostituzione di addetti altamente qualificati in grado di produrre innovazione con addetti meno qualificati, o che nella migliore delle ipotesi non sono messi nelle condizioni di produrre innovazione. In particolare, nel periodo 1999-2003, il numero dei brevetti ha subìto un forte calo a Nord-Ovest (-125,41) e al Nord-Est (-101,03) anche se varazioni negative sono state registrate anche per il Centro (-33,09), il Sud (-15,81) e le Isole (-10,39).
Dal 1994 al 2003 la spesa per la ricerca in Italia si è attestata su valori intorno all’1% del Prodotto interno lordo. I paesi che nel 2003 hanno speso meno dell’Italia sono la Spagna (1,05%), il Portogallo (0,78%), e la Grecia (0,62%). Senza considerare i paesi extra europei (il Giappone ha speso il 3,15% del Pil e gli Stati Uniti il 2,59%), va posto in evidenza come la Svezia (3,98%) e la Finlandia (3,48%), spendono in Ricerca e Sviluppo più del triplo di quanto spende l’Italia. Oltre il doppio, invece, spendono Islanda, Danimarca e Germania (rispettivamente 2,97%, 2,59% e 2,52% del Pil). Quello che emerge è che per riavviare una seria politica orientata allo sviluppo delle nuove tecnologie non basta un piccolo incremento di spesa, ma occorre investire molto di più di quanto non si faccia attualmente e portarsi sui livelli medi europei pari ad oltre l’1,9%.
Competitività e formazione. Nel 2001 l’Italia ha speso per l’istruzione il 4,9% del Pil, oltre l’1,5% in meno rispetto alla Danimarca (6,7% ), e alla Svezia (6,5% ). Nel 2002 la situazione non è cambiata di molto e anche se la spesa complessiva per l’istruzione è aumentata al 5,3% del Pil, il divario tra i paesi che più investono nell’istruzione è ancora alto (l’1,8% in meno rispetto alla Danimarca che spende il 7,1% del Pil, e l’1,2% in meno rispetto alla Svezia che spende il 6,5%). In particolare, per la spesa per l’istruzione universitaria, l’Italia nel 2002 occupava l’ultimo posto con una spesa dello 0,9% del Pil, meno di tutti gli altri paesi dell’Unione europea. La Finlandia (1,7%), la Svezia (1,7%) e la Danimarca (1,8%) spendevano nel 2002 circa il doppio rispetto all’Italia.
Competitività e made in Italy. Il livello di competitività del Paese si riflette anche sull’andamento dei prodotti made in Italy che negli ultimi anni ha subìto la competizione dei mercati orientali e dell’Est europeo. L’indicatore più significativo per quanto riguarda il made in Italy è costituito dalle esportazioni che presentano una situazione di generale stagnazione nell’evoluzione delle esportazioni e una riduzione delle stesse nei settori tipici del made in Italy. In questo senso, oltre agli altri settori merceologici, vanno ricordati: i beni durevoli per la cura della persona; i prodotti per l’arredamento e i beni alimentari, comparti maggiormente rappresentativi ed associati ad una qualità intrinseca molto elevata.

“OUTLOOK” Uno sguardo fuori regione
Rubrica di scienze economiche e sociali
a cura di Rosario Palese
(ISSN 1722-3148 )

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