La holding aziendale. Il contributo fornito nel 2004 dai professionisti e dagli imprenditori della sanità privata è condensato nelle cifre seguenti: 47.111 medici di medicina generale; 7.358 pediatri di libera scelta, convenzionati ed utilizzati per assicurare ai cittadini prestazioni di assistenza primaria; 14.383 medici di guardia medica, utilizzati per assicurare la continuità assistenziale nelle ore notturne, nei giorni festivi e nei pomeriggi dei giorni prefestivi; la rete commerciale di 17.352 farmacie private o municipalizzate, utilizzata per assicurare ai cittadini l’assistenza farmaceutica, e quella di esercizi commerciali di ausili e protesi per l’assistenza integrativa e protesica; 6.374 ambulatori specialistici e laboratori di diagnostica strumentale privati, accreditati e convenzionati, per assicurare il supporto consulenziale ai medici dell’assistenza primaria; 621 case di cura private, con 47.705 posti letto accreditati, utilizzate per l’assistenza in regime di ricovero e per garantire, almeno in parte, libertà di scelta ai cittadini; 28 Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di natura privata; 2.980 strutture residenziali; 1.161 strutture semiresidenziali; 355 altri tipi di strutture territoriali, tutte accreditate per assicurare prestazioni analoghe a quelle fornite direttamente dai distretti delle Asl. Chi ha effettivamente provveduto alla tutela sanitaria dei cittadini? Il sistema pubblico delle Asl, oppure a tutelare in concreto le persone sono stati i professionisti privati, gli specialisti, i medici, gli infermieri e i tecnici che li hanno assistiti? Troppo spesso il problema del rapporto tra il servizio sanitario pubblico e il sistema sanitario privato è affrontato in termini di costi, di tetti di prestazioni, di volontà politica di favorire l’una o l’altra componente, di regole, di vincoli e di riflessi sindacali. Raramente al centro del dibattito è l’interesse primario dei cittadini, la riflessione sull’opportunità di mettere a loro disposizione quanto di meglio è presente sul mercato, la volontà di garantire libertà di scelta tra opzioni alternative.
I cittadini tra servizio pubblico e strutture private. Si tratta di collocare in posizione preminente i cittadini e le loro esigenze, differenziate e personali, di tutela sanitaria e di organizzare alla base del sistema un triplice genere di offerte: quelle direttamente predisposte e gestite dalla Asl, quelle delle Aziende ospedaliere autonome e il complesso dei servizi e presidi privati accreditati. Una configurazione di questo genere assicura agli stessi cittadini la possibilità di rivolgersi alle componenti dell’offerta sanitaria più adatte a soddisfare i loro bisogni; stimola la competizione emulativa tra i produttori di servizi perché sarà la qualità dell’offerta a determinare le scelte dei cittadini e, quindi, l’afflusso delle risorse finanziarie di cui le Asl dispongono per remunerare le prestazioni erogate ai cittadini; crea condizioni di lavoro più articolate e più ampie, anche nelle forme miste consentite dalle sperimentazioni gestionali previste dalla riforma sanitaria del 1992, la cui salvaguardia si basa maggiormente sulle capacità professionali, sulla produttività conseguita in ambito lavorativo e sulla qualità dei servizi resi, e sempre meno su dispendiosi garantismi di principio che non sempre si preoccupano della sostenibilità economica delle attività protette.
In questo scenario è giusto per l’istituzione pubblica domandarsi se non sia conveniente scegliere la formula dell’aziendalizzazione per i presidi ospedalieri gestiti direttamente dalle Asl, affinché essi possano fornire, insieme alle preesistenti Aziende ospedaliere autonome e alle case di cura private accreditate, l’assistenza ospedaliera ai cittadini, a costi trasparenti e comparabili. Nell’eventualità opposta che le Asl optino per la conservazione della gestione diretta dei presidi ospedalieri, è doveroso chiedere loro di separare nettamente il ruolo che svolgono come soggetti organizzatori di sistema che acquistano servizi e prestazioni a favore degli assistiti, dal ruolo di produttori diretti dei servizi e delle prestazioni. Nella seconda veste, le Asl devono dotare i presidi ospedalieri, di cui conservano la gestione, di distinta e separata contabilità, così che sia possibile determinare i costi dei servizi prodotti e verificare la convenienza gestionale dell’attività svolta. Invece, nella veste di soggetti organizzatori di sistema, le Asl che gestiscono presidi ospedalieri non dovrebbero avvalersi del potere d’accreditamento posseduto per escludere discrezionalmente dalla competizione le strutture private che hanno i requisiti previsti dalla legge e chiedono di essere ammesse all’erogazione delle prestazioni a favore dei cittadini. In tal modo si creerebbero un conflitto d’interessi e una palese violazione del principio di sussidiarietà. Per garantire la qualità delle prestazioni, la sicurezza dei cittadini e l’equità nella competizione emulativa tra i soggetti pubblici e quelli privati che configurano l’offerta sanitaria locale, le Asl, quali titolari del potere di accreditamento, dovrebbero pretendere il possesso dei requisiti prescritti dalla legge da tutti i soggetti e presidi operativi, indipendentemente dalla natura pubblica o privata, a cominciare proprio da quelli direttamente gestiti. In caso contrario, il soggetto garante della qualità verso i cittadini cesserebbe d’essere imparziale e ricadrebbe nel conflitto d’interessi segnalato. La garanzia della qualità dei servizi e delle prestazioni e la correttezza dei comportamenti amministrativi sono condizioni permanenti dell’accreditamento. In termini più semplici, anche nella sanità (che è sicuramente un servizio pubblico di primaria importanza, ma della stessa natura di altri servizi pubblici) è necessaria maggiore attenzione nei confronti dei cittadini e di minori vincoli alla competizione con altri soggetti privati disposti a svolgere i servizi stessi a condizioni più vantaggiose. Peraltro le Asl hanno già da tempo sposato la tendenza ad esternalizzare parte dei servizi che in precedenza svolgevano direttamente, con personale dipendente e con costi maggiori (pulizie, catering, lavanderia, vigilanza e simili). Con un ritardo di almeno dieci anni anche le Asl hanno dovuto affrontare il dilemma dell’industria privata: “doing or buying?”. Per quanto riguarda l’applicazione del principio di sussidiarietà, bisogna salvaguardare il diritto delle istituzioni pubbliche di continuare ad essere produttrici dirette di servizi, purchè ciò avvenga nel rispetto delle regole della competizione e, per quanto riguarda le Asl, senza cumulare il ruolo di giocatore in campo e di arbitro della partita.
Verso un sistema integrato di offerte differenziate. Il triangolo delle relazioni assistenziali può essere iscritto all’interno di uno scenario più ampio che pone le persone, considerate nelle proprie specificità soggettive, ma anche nella dimensione collettiva del vivere insieme per vivere meglio, in posizione preminente offrendo loro servizi e prestazioni che si ampliano fino a raggiungere settori contermini. Allargamento che coinvolge sul versante istituzionale il volontariato e la solidarietà elevati a componente specifica e irrinunciabile di sistema; il settore previdenziale, gli Enti locali e le istituzioni culturali, per nuove forme e modalità di risposta ai bisogni della persona-totalità, in una logica di welfare selettivo e orientato; il mondo della ricerca e dell’innovazione, del lavoro, dell’agricoltura e dell’industria, indirizzati non più prevalentemente verso un consumismo esasperato, un fordismo di ritorno, ma verso produzioni funzionali allo star bene delle persone e al vivere meglio della società.
L’immissione di una maggiore dote di liberalismo e di sana emulazione competitiva tra le componenti del sistema sanitario, accompagnata da un più rigoroso controllo delle risorse, possono accrescere ulteriormente la produttività del comparto. Utilizzando gli ammortizzatori sociali, anch’essi da riformare per adeguarli ai processi di cambiamento in atto, il sistema sanitario può progressivamente evolvere dal contrasto delle patologie alla produzione e fornitura di servizi e prestazioni per accrescere le condizioni di ben-essere e di pieno dispiegamento delle capacità delle persone; può svilupparsi ulteriormente in direzione della medicina predittiva che, anticipando la conoscenza dei fattori di rischio, può influire positivamente sugli stili di vita e, quindi, concorrere anch’essa alla promozione del ben-essere e del ben vivere; infine può contribuire con la ricerca e le sperimentazioni, sia pubbliche che private, alla ideazione di nuovi mezzi e modi per aiutare le persone in difficoltà, migliorando la loro qualità di vita e contribuendo a rendere più gratificante la vita associata. In questo modo il traguardo del ben-essere e del ben vivere può trasformarsi in un obiettivo strategico per un Paese come l’Italia.
“OUTLOOK” Uno sguardo fuori regione
Rubrica di scienze economiche e sociali
a cura di Rosario Palese
(ISSN 1722-3148 )