[Articolo di Tatjana La Paglia]

La mancanza di lavoro o almeno di quello “buono”, corretto, che rispetta l’individuo e ne tutela le condizioni, non è più un problema nel nostro paese, ma una realtà. Una condizione a cui milioni di cittadini sono costretti a sottostare per poter andare avanti, con cui piccole e medie imprese convivono per fronteggiare i numerosi paletti restrittivi a cui sono soggette.

Alla vigilia dell’Attivo Regionale dei quadri della UIL lucana avvenuto il 15 del corrente mese e della nuova iniziativa di lotta indetta unitariamente a CGIL e CISL nel settore dell’industria, arriva una nuova indicazione da parte del segretario della UIL regione Basilicata, Michele Delicio, sul problema della disoccupazione nel nostro paese. “All’Italia serve un nuovo equilibrio tra politiche attive e politiche passive del lavoro – sostiene Delicio – seguendo l’esempio di molti Paesi Europei che hanno adottato il meccanismo del ‘welfare to work’, l’intervento sociale finalizzato alla ri-occupazione”. Un primo passo, questo, che ci fa ben sperare che si voglia guardare avanti, prendere esempio dagli altri per cercare di cambiare le cose. I dati, infatti, non sono confortanti, in Italia, rileva il Rapporto presentato da Italia Lavoro, sorprende il contrasto tra l’abbassamento del tasso di disoccupazione e l’aumento dell’occupazione, buono ma non pari alle necessità rispetto agli obiettivi comunitari: tra 1995 e 2005 il tasso di occupazione è passato da 51% a 57,5%, ma la media europea è andata dal 60,1% al 65,2%. Permane una forte debolezza dei segmenti critici del mercato del lavoro: l’occupazione femminile è passata dal 35,4% al 45,3%, contro un progresso medio europeo dal 49,7% al 57,4%. In dieci anni, inoltre, in Italia il tasso di occupazione giovanile non è cambiato (25,6%), mentre nella media europea ha guadagnato oltre 2 punti percentuali (37,5-39,8%). Stesso problema per gli ‘over 55’: 28,4% nel 1995, 31,4% nel 2005 in Italia, contro una percentuale europea passata dal 36% al 44,1%.

Secondo la UIL, tra le questioni di fondamentale interesse per risollevare le sorti e soprattutto l’occupazione, vi sono alcuni punti fondamentali. Innanzi tutto una maggiore coerenza tra le politiche del lavoro e quelle del workfar, con un valido potenziamento delle politiche rivolte alla persona, cioè più servizi, formazione ed incentivi rivolti al risanamento lavorativo. Poi, una migliore decentramento, in modo da garantire minori difficoltà nell’identificazione delle politiche di coesione nazionale.
L’Italia, inoltre, dedica alla lotta alla disoccupazione e alla creazione di nuova occupazione appena l’1,2% del Pil, contro una media europea pari al 2,3% e contro il 3,3% della Germania e il 4,3% della Danimarca (dati 2003). Infine, la questione precariato e tutele: le modifiche da introdurre devono essere di chiara matrice riformista, calibrando gli ammortizzatori sociali sulla situazione personale del lavoratore. Dunque – conclude il segretario Uil – la parola d’ordine del nostro settimo congresso regionale – “il lavoro, il sapere, l’impresa, un Patto di Unità Regionale per vincere le sfide del nuovo riformismo sociale” – acquista dunque ancora maggiore attualità.

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