Nel contesto delle valli Camastra e Sauro c’è da segnalare una poca informazione in merito alle reali ricadute economiche, sociali, occupazionali ma, in primis, sui risvolti in tema di impatto ambientale e di salute pubblica, ascrivibili ai pozzi, al Centro Olio di Corleto Perticara e al grande deposito di stoccaggio del Gpl a Guardia Perticara.
La preoccupazione sollevata non è assolutamente trascurabile data la carenza di dati sulle emissioni e l’inquinamento delle acque, relativamente ai siti della Val d’Agri e Pisticci (in quest’ultimo caso i dati sono praticamente inesistenti nella sezione ‘Petrolio in Basilicata’ del sito http://www.basilicatanet.it/). Più che cifre e poste finanziarie derivanti dalle compensazioni ambientali, per l’accordo con la Total-Esso-Shell ci si è affidati all’ipotesi di trarre beneficio dallo sfruttamento del “gas naturale proveniente dalla concessione” (nell’intesa del 2004 si parla invece di “gas estraibile”) che le società petrolifere trasferirebbero gratuitamente alla Regione. E’ legittimo chiedersi se esse troveranno conveniente estrarre tutto il gas naturale del giacimento e se le nuove clausole aggiuntive dell’accordo stipulato nel 2006, che prevedono che il corrispettivo valore del gas è al netto dei costi di estrazione, delle royalties e dell’Iva, si traducano in “euro sonanti” per i comuni.
A ragion veduta, l’accordo “bipartisan”, stipulato tra i partiti lucani e le multinazionali dell’oro nero, sembra non avere alcuna coerenza con l’intesa varata nel 2004 dal Consiglio Regionale. La massima istituzione regionale non è stata chiamata a discutere ed approvare le modifiche successivamente apportate con l’accordo del 2006, ritenendo sufficiente ridurre la governance del caso ad accordi politici trasversali (tra i partiti) ed alla delega presidenziale (affidata da quest’organo nel 2004 al Presidente della Giunta).
Nella vicenda petrolio non deve essere trascurato il passaggio di consegne dall’Eni alla Total. La prima ha rinunciato alla concessione Gorgoglione trasferendo la propria quota alla Total, che oggi detiene il 50% della stessa. Le motivazioni della “cessione” potrebbero ricadere nell’ambito delle scarse convenienze economiche nello sfruttamento del giacimento oggi denominato “Tempa Rossa”. La Regione Basilicata, dal canto suo, avrebbe dovuto perseguire le ragioni del territorio e del parco nazionale e non limitarsi a ratificare atti negoziali tra le multinazionali, alle quali sembra importare poco dello sviluppo e della tutela dell’ambiente, considerato merce di scambio oramai a basso costo. In proposito vale la pena riportare quanto evidenziato dalla Campagna per la Riforma della Banca Mondiale che, in un proprio documento, dedica un intero capitolo al parco nazionale che non viene istituito per far posto al petrolio: la storia del parco – è scritto nel documento – è una storia di schizofrenie politiche e amministrative. Basta porre mente al fatto che i governi che si sono succeduti da un lato hanno istituito, nel 1998, il Parco Nazionale della Val d’ Agri e Lagonegrese e, dall’altro lato, il Ministero dell’Industria autorizzava ad aprire nuovi pozzi e ad eseguire le prospezioni geofisiche con il metodo sismico a riflessione in tutta l’area del futuro parco, indagini che inevitabilmente preludono all’apertura di un gran numero di pozzi. Inevitabili, quindi, saranno i contenziosi e le lacerazioni penalizzanti, ancora una volta, i lucani, vittime illustri e unici a non beneficiare della ricchezza petrolifera (eloquente, a tale proposito, è l’articolo pubblicato da ‘Il Sole 24 Ore: “In Basilicata dove non sanno come spendere i soldi” di Luca Benecchi del 27/10/2006)
L’Eni si è astenuta dal sottoscrivere, con la Regione, un accordo simile a quello stipulato per lo sfruttamento petrolifero della Val d’Agri giudicandolo “troppo oneroso” per via del fatto che “la qualità del greggio di Tempa Rossa è inferiore a quella della Val d’Agri di circa il 20% in termini di valore”, con quantità di greggio e impatto ambientale minori, quindi non compensabili (47 pozzi in Val d’Agri contro i 7 di Tempa Rossa). La rinuncia dell’Eni ha colto evidentemente di sorpresa la Regione, che ha già autorizzato l’Eni e le sue consociate a realizzare ben 5 pozzi petroliferi nelle Valli del Sauro-Camastra. La Regione, a questo punto, ha pensato di rendere vita difficile all’Eni per costringerla a sottoscrivere l’accordo destinato a svanire, mentre il Governo si è defilato dal ruolo di garante facendo venir meno l’interesse nazionale che continua ad essere sbandierato oggi, in modo ingiustificato, nell’accordo con la Total-Esso-Shell. A nulla è servito ritardare le autorizzazioni per la perforazione dei pozzi sul Monte Caperrino e quelle necessarie alla costruzione del Centro Olio di Corleto Perticara. Ritardi che hanno ingarbugliato la matassa già intricata del parco nazionale della Val d’Agri-Lagonegrese.