Identikit dei nuovi ricchi e dei nuovi poveri.
Attraverso l’analisi di alcuni indicatori (distribuzione dei depositi per settore di attività economica, titoli in deposito presso le banche, tasso di valore aggiunto relativo), è stato possibile tracciare un profilo di chi in questi ultimi anni ha tratto vantaggio dalla situazione congiunturale e di chi, invece, ha perso in termini di benessere socio-economico.
I nuovi ricchi sono innanzi tutto coloro che hanno potuto sfruttare i vantaggi dell’inflazione, ossia la grande distribuzione, con particolare riferimento ai proprietari del marchio e ai gestori dei punti vendita, i commercianti all’ingrosso e al dettaglio e tutti i liberi professionisti e consulenti in grado di compensare l’incremento dei costi di conduzione della propria attività con l’aumento delle parcelle e dei compensi professionali. Si sono arricchiti anche i fornitori di servizi, il cui ruolo nella società è sempre più centrale. Tra questi, le aziende operanti nel campo dei servizi immateriali come le telecomunicazioni e l’informatica che, oltre a cavalcare il boom del settore, hanno potuto sfruttare gli evidenti vantaggi derivati dal mercato del lavoro, utilizzando manodopera più o meno specializzata a basso costo (operatori di call center, tecnici informatici, programmatori, ecc.) secondo le esigenze di breve periodo. Sempre nel campo dei servizi, hanno aumentato la propria ricchezza gli azionisti e i manager delle aziende erogatrici di public utilities (energia, gas e acqua), che sfruttano la posizione di vantaggio derivante dal regime di monopolio in cui operano. Altro settore in cui vige un sostanziale regime di monopolio è quello della comunicazione, con particolare riferimento al settore della pubblicità, che fa registrare grandi profitti ad agenzie pubblicitarie e ai rivenditori di spazi pubblicitari soprattutto nei media televisivi. Anche chi opera nel settore delle materie prime (compagnie petrolifere, e attività estrattive in generale) ha grandi vantaggi dalla situazione attuale: poichè le compagnie del settore sono spesso grandi holding, più che di singoli imprenditori è opportuno parlare di grandi azionisti, che hanno potuto trarre vantaggio dalla redistribuzione degli utili, e di manager, che hanno potuto usufruire di consistenti premi di produzione. Un’altra categoria di beneficiati è rappresentata dalle assicurazioni: anche in questo caso si parla di grandi gruppi e gli utili sono sostanzialmente ripartiti tra i grandi azionisti (banche e società finanziarie). Pure i produttori e i rivenditori di beni di lusso (autovetture sportive, yacht, alta oreficeria, alta moda, oggetti d’arte) sono stati avvantaggiati dall’aumentato divario tra ricchi e poveri. Infine, ma non ultimi, si sono arricchiti coloro che hanno sfruttato l’andamento del mercato immobiliare, dunque costruttori e operatori edili da una parte, e i cosiddetti immobiliaristi dall’altra. Risulta quasi paradossale che in Italia, in un’epoca in cui l’economia assume un carattere sempre più immateriale, i maggiori profitti derivano da quanto di più materiale esista al mondo: il mattone.
Nell’attuale situazione economica tra chi ha perso bisogna annoverare innanzitutto i piccoli risparmiatori, che sono stati travolti da vere e proprie truffe finanziarie (si pensi solo ai bond argentini, alle crisi Parmalat e Cirio), e che hanno di fatto ridotto il loro portafoglio titoli investendo in beni immobili, contribuendo così ad alimentare la crescita del prezzo delle case e perdendo, oltre che la fiducia negli operatori del settore, anche una parte della loro ricchezza. Sono stati colpiti da questa crisi alcune componenti del piccolo artigianato e della piccola distribuzione che non hanno avuto la forza di reagire alle sollecitazioni congiunturali, così come le piccole imprese a conduzione familiare. Anche l’agricoltura è in grande difficoltà, soprattutto laddove i piccoli e medi imprenditori agricoli non sono stati in grado di consorziarsi per ridurre i costi e per aumentare il loro potere contrattuale nei confronti dei grossisti e dei rivenditori. Diverso il discorso da fare sul settore manifatturiero tradizionale (tessile e abbigliamento, pelli, cuoio e calzature, mobili, ecc.), che ha subìto la concorrenza dei paesi con manodopera a basso costo e ha coinvolto nella crisi, oltre agli imprenditori, anche le maestranze specializzate.Il gap tecnologico che l’Italia vive in questo momento è pagato, oltre che dall’intero sistema in maniera indiretta, da professori e ricercatori universitari ed enti di ricerca, pubblici e privati, che molto spesso non possono svolgere la loro attività per mancanza di finanziamenti adeguati. Anche gli operatori dello spettacolo sono stati colpiti dalla crisi economica e nell’ultima Finanziaria hanno visto ridursi in maniera drastica il Fondo unico destinato a questo settore.
Questa difficile congiuntura ha investito in pieno i lavoratori dipendenti, che in molti casi attendono da anni il rinnovo del contratto nazionale di lavoro e, soprattutto, i lavoratori atipici e parasubordinati, il cui numero è fortemente aumentato negli ultimi anni grazie alle nuove riforme nel campo del diritto del lavoro. Basti pensare all’esercito dei “co. co. co”, dei “co. pro”, dei collaboratori occasionali, degli interinali, dei lavoratori con contratti di inserimento, dei praticanti, dei tirocinanti che, nel migliore dei casi, riescono ad avere per la propria esistenza solo una prospettiva di breve periodo. Un’altra categoria che ha perso molta ricchezza è quella dei pensionati che, oltre a subire una forte perdita del potere d’acquisto, hanno dovuto farsi carico del sostentamento di quei figli che grazie alla tanto lodata flessibilità non riescono a provvedere a se stessi.

“OUTLOOK” Uno sguardo fuori regione
Rubrica di scienze economiche e sociali
a cura di Rosario Palese
(ISSN 1722-3148 )

0 Comments

Leave a reply

©2024 Associazione Promozione Sociale Lucanianet.it - Discesa San Gerardo 23/25 85100 Potenza CF 96037550769 info@lucanianet.it