Gli stereotipi sessuali sono le varie credenze sulle caratteristiche fisiche e psicologiche e sulle attività tipiche dei due sessi. I ruoli all’interno della famiglia e le attività casalinghe ed extracasalinghe sono tradizionalmente associati in modo diverso ad uomini e donne. Negli ultimi decenni, tuttavia, il profondo mutamento intervenuto nelle dinamiche fra i sessi ed in particolare nel ruolo femminile nella società ha determinato una fondamentale ridefinizione della percezione sociale dei generi, con il conseguente abbattimento di molti stereotipi sessuali. Gli stereotipi veicolati dalla televisione possono essere racchiusi in sei categorie principali, le prime 3 emerse dall’analisi della fiction e delle trasmissioni di intrattenimento e le altre 3 dall’analisi dei programmi di informazione. Stereotipo della dipendenza. Le figure femminili sono presentate come meno autonome rispetto a quelle maschili. Stereotipo della professionalità. Le donne sono impiegate generalmente in lavori meno qualificati e prestigiosi rispetto a quelli svolti dagli uomini. Stereotipo della responsabilità. Nell’ambito lavorativo gli uomini hanno livelli di responsabilità decisamente più elevati rispetto alle donne. Stereotipo della bellezza. Le donne presenti nei programmi sono prevalentemente giovani e belle. Stereotipo della competenza. Le donne hanno nei programmi soprattutto una funzione narrativa, mentre per gli uomini prevale il ruolo di esperto e persona competente sui temi trattati. Stereotipo della leggerezza. Le figure femminili discutono prevalentemente di questioni relative alla famiglia ed ai figli, con toni più leggeri rispetto a quelli usati dalle figure maschili. Partendo da questi dati, che confermano come il mezzo di comunicazione più potente e diffuso veicoli tuttora un’immagine spesso incompleta ed inattuale della figura femminile contemporanea e del suo impegno sul duplice fronte lavorativo e famigliare, è lecito domandarsi come si ponga oggi l’opinione pubblica in relazione ai ruoli ed agli stereotipi di genere.
L’indagine campionaria. L’Eurispes ha realizzato un’indagine campionaria sugli stereotipi di genere sottoponendo ad un campione di 1.070 soggetti, rappresentativo della popolazione italiana, un questionario costituito da una serie di domande per scoprire le opinioni in merito ai ruoli maschili e femminili nella società contemporanea, la diffusione degli stereotipi sessuali e del maschilismo, l’evoluzione dei due sessi negli ultimi decenni. La prima domanda del questionario verte sui ruoli maschile e femminile all’interno della famiglia. Il 68,2% del campione sostiene che il ruolo dell’uomo ed il ruolo della donna all’interno della famiglia dovrebbero essere intercambiabili, per il 23,6% dovrebbero essere in parte distinti e per il 6,9% dovrebbero essere decisamente distinti. Quasi una persona su quattro ritiene che i ruoli dovrebbero restare almeno in parte distinti, riconoscendo alcune peculiarità rispettivamente agli uomini ed alle donne.
Sebbene si tratti di una minoranza, esistono anche soggetti secondo i quali ai due sessi spettano compiti del tutto diversi. Le risposte degli uomini e delle donne non si differenziano in modo significativo in relazione all’interscambiabilità dei ruoli maschile e femminile, a conferma del fatto che, almeno in teoria, anche la maggior parte degli uomini oggi riconosce la necessità di un supporto maschile in compiti come l’organizzazione della casa e l’educazione e la cura dei figli. Mettendo in relazione le risposte fornite a questa domanda con le classi di età di appartenenza del campione si rileva, in modo abbastanza sorprendente, che la quota più alta di intervistati secondo i quali i ruoli maschile e femminile dovrebbero essere intercambiabili si registra nella fascia di età più elevata, ossia dai 65 anni in su (76,8%). Tale quota risulta, al contrario, inferiore alla media fra i giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni (59,3%).
In tutte le fasce d’età prevale comunque l’idea che i ruoli debbano essere intercambiabili.
Non si può quindi affermare che le persone più anziane, cresciute in una cultura nella quale i ruoli di genere erano senza dubbio più rigidi e distinti – le donne generalmente non lavoravano e si occupavano della casa senza l’aiuto dell’uomo, il quale lavorava fuori casa e partecipava meno attivamente alla cura dei figli – abbiano una mentalità più tradizionale su questo tema. Secondo la metà degli intervistati (51,7%) gli uomini e le donne sono diversi per natura, per il 28% non sono realmente diversi, per il 17,2% sono diversi soprattutto per ragioni culturali. Per la maggioranza degli interpellati, la diversità tra i due sessi è in primo luogo prodotta dalla natura, e quindi anche dalle differenze fisiche e biologiche. Una parte significativa dei soggetti è dell’idea che le differenze fra le singole persone non siano determinate in modo rilevante dal sesso di appartenenza, quanto piuttosto dalle personalità individuali.
Gli uomini intervistati affermano con maggiore frequenza delle donne che i due sessi non sono realmente diversi, mentre le donne sostengono più spesso che sono diversi soprattutto per ragioni culturali.
Prendendo in esame la variabile anagrafica si osserva che la percentuale più alta di individui secondo i quali uomini e donne non sono realmente diversi si registra fra i giovani (18-24 anni: 42,2%); segue, meno prevedibilmente, la classe di età più matura (65 anni e oltre: 31,6%).
I ragazzi, cresciuti in un contesto sociale in cui i rapporti fra coetanei di sesso diverso sono del tutto paritari ed in cui anche i modelli famigliari mostrano di solito ruoli di genere scarsamente rigidi, sono comprensibilmente abituati a pensare che uomini e donne non siano davvero diversi. Sorprende d’altra parte il forte divario, nelle risposte, tra i giovani di 18-24 anni e quelli di 25-34 anni (tra i quali si riscontra la più alta percentuale di chi considera uomini e donne diversi soprattutto per natura: 58,8%).
Agli intervistati è stato poi chiesto se condividono o meno l’associazione di una serie di caratteristiche ai due diversi generi. Ben il 77% del campione ritiene che le donne siano più determinate degli uomini ed il 70,6% pensa che siano più sensibili. La maggioranza degli interpellati non condivide invece i luoghi comuni secondo i quali le donne sarebbero più frivole (il 36% concorda, ma il 58,3% dissente) e più fragili degli uomini (il 35,8% contro il 58,4%). Per quanto riguarda gli uomini, fra le caratteristiche generalmente attribuite, risulta confermata solo quella relativa al temperamento più violento rispetto a quello femminile: è di questa opinione il 72,4%. Il campione si divide sull’idea che gli uomini siano più introversi delle donne (il 46,5% è d’accordo, ed il 44,6% esprime il proprio disaccordo) e più razionali (il 40,8% concorda, ma la maggioranza, il 52,7%, dissente). Invece è ampiamente smentita l’idea che gli uomini siano più coraggiosi delle donne: lo crede solo un intervistato su quattro (25,2%) e la netta maggioranza (67,8%) dissente. Resta sostanzialmente intatta l’opinione secondo cui le donne sono generalmente più sensibili degli uomini; il sesso femminile, benché più indipendente e più forte di quanto apparisse in passato, non ha quindi perso quella che sembra una sua dote caratteristica. E ciò nonostante si sottolinei sempre più spesso, negli ultimi anni, che gli uomini hanno imparato a mostrare maggiormente e senza pudori eccessivi la propria sensibilità. Sebbene su questi temi le risposte fornite dai due sessi non si differenzino in modo netto, in alcuni casi è possibile notare alcune divergenze. Fra gli uomini è più elevata la percentuale di chi afferma che le donne sono più frivole (41,4%) e più fragili (37,9%), ma anche la percentuale di coloro che giudicano gli uomini più violenti (75,7%) e più coraggiosi (30,7%). Le donne affermano con maggior frequenza, rispetto agli uomini, di essere più sensibili (73,6%) e determinate (78,1%). Il campione ha poi espresso il proprio grado di accordo con una serie di affermazioni.
La quasi totalità degli intervistati concorda con l’affermazione secondo cui una donna può riuscire bene quanto un uomo in qualsiasi campo (92,3%, contro il 6,1% di chi dissente). Una nettissima maggioranza condivide l’idea che un numero maggiore di donne dovrebbe occupare posizioni di rilievo nell’ambito politico ed imprenditoriale (84,6% contro 13,3%). Il fatto che sono ancora poche, rispetto agli uomini, le donne che ricoprono ruoli direttivi nelle aziende e, ancor più, in politica, spinge quasi tutti gli interpellati ad affermare che bisogna favorire maggiormente il loro accesso alle posizioni di effettivo potere.
Secondo il 68,6% degli intervistati la donna, anche quando ha figli, non dovrebbe rinunciare al lavoro. L’occupazione è ormai generalmente considerata un elemento importante per la realizzazione personale della donna, non più solo dell’uomo, oltre che un fondamentale strumento di indipendenza. A ciò si aggiungono probabilmente considerazioni relative alla necessità, per il benessere e la sicurezza economica della maggioranza delle famiglie, di un doppio stipendio. Sull’affermazione secondo la quale il successo nel lavoro è più importante per l’uomo che per la donna il campione si spacca: il 51,8% è d’accordo, il 47,2% in disaccordo.
Per il 49,3% degli intervistati nel corteggiamento l’iniziativa dovrebbe essere presa dall’uomo, mentre il 48,3% si dice poco o per niente d’accordo con questa affermazione. Esiste in questo momento un divario tra chi rimane legato alle dinamiche tradizionali tra i sessi, probabilmente stigmatizzando anche alcuni atteggiamenti femminili intraprendenti o addirittura aggressivi diffusisi negli ultimi anni, e chi rivendica invece la parità tra i sessi anche sul terreno del corteggiamento, come prova dell’acquisita libertà sessuale della donna. Il 42,7% degli intervistati ritiene che la promiscuità sessuale sia più naturale per gli uomini che per le donne; il 41,5% non concorda con questa affermazione, mentre il 15,8% non sa o non vuole pronunciarsi in merito.
L’idea secondo la quale la cura della casa sarebbe soprattutto compito della donna trova d’accordo il 37,1% dei soggetti e viene invece respinta dal 62,1%. Sebbene la maggioranza si dimostri consapevole del fatto che i ruoli sessuali oggi devono necessariamente essere flessibili, dal momento che ormai le donne sono generalmente impegnate anche nel lavoro fuori casa, resta degna di nota la quota di chi considera la cura della casa come un compito principalmente femminile. È stata messa a confronto l’opinione dei due sessi in merito alle diverse affermazioni. Risulta leggermente più alta fra le donne rispetto agli uomini la percentuale di chi ritiene il successo nel lavoro più importante per l’uomo che per la donna e di chi pensa che le donne non dovrebbero rinunciare a lavorare neppure quando hanno figli. Fra le donne sono più numerose che fra gli uomini coloro che si dicono molto d’accordo sulla necessità di una maggiore presenza femminile in posizioni di rilievo in ambito politico e imprenditoriale (43,5% contro 27%) e sul fatto che la donna può riuscire bene quanto un uomo in qualsiasi campo (59% contro 52,7%).
La percentuale di soggetti che condividono l’affermazione secondo cui il successo nel lavoro è più importante per l’uomo che per la donna risulta più elevata all’innalzarsi della classe di età (è abbastanza d’accordo il 32,1% tra i 18 ed i 24 anni, il 30,4% tra i 25 ed 34 anni, il 36,9% tra i 35 ed i 44 anni, il 40,6% tra i 45 ed i 64 anni, il 43,9% dai 65 anni in su). Gli adulti e gli anziani appaiono quindi più legati ad una concezione tradizionale per la quale gli uomini sono maggiormente proiettati nel lavoro mentre le donne a svolgere la loro attività soprattutto nell’ambito familiare e domestico.
Sono soprattutto i più giovani a dichiararsi molto d’accordo con l’affermazione che sottolinea l’importanza per la donna di non rinunciare a lavorare quando ha figli (il 44% dei ragazzi dai 18 ai 24 anni).
Nati in una società in cui la donna deve e vuole lavorare ed essere indipendente, essi mostrano di aver fatta propria questa convinzione.
Le persone dai 45 anni in avanti credono più delle altre (ed in particolare rispetto a quelle di età compresa tra i 25 ed i 44 anni) che la cura della casa spetti soprattutto alle donne.
Per quanto riguarda l’iniziativa maschile nel corteggiamento, la fascia di età più matura si distingue significativamente dalle altre: dai 65 anni in su è infatti decisamente superiore alla media la quota di chi ritiene che dovrebbero essere gli uomini a prendere l’iniziativa nel corteggiamento; la pensano diversamente soprattutto gli intervistati dai 25 ai 44 anni.
Secondo la grande maggioranza degli intervistati (83,2%), per un uomo cedere il posto a sedere o il passo ad una donna rappresenta un comportamento gentile. Solo una minoranza ritiene che si tratti di un comportamento doveroso (7,7), inutile e superato (5%), o addirittura una forma di discriminazione indiretta verso le donne (2,4%). I due sessi giudicano in modo estremamente simile la scelta maschile di cedere il posto a sedere o il passo alle donne. Sono leggermente più numerosi fra gli uomini coloro che definiscono doveroso questo comportamento: 9,3% contro 6,1% delle donne. Il 79,7% del campione ritiene che se un uomo si offre di pagare il ristorante o il cinema ad una donna si comporta in modo gentile; per il 9,5% questo comportamento è inutile e superato, per il 7% doveroso, per l’1,7% discriminante verso le donne.
Alle persone è stato chiesto di esprimersi sul modo in cui, a loro avviso, le donne sono cambiate maggiormente negli ultimi decenni. Quasi la metà del campione (49,6%) pensa che le donne sono innanzitutto diventate più indipendenti. Il 19% di intervistati risponde invece che oggi le donne sono più sicure di sé, il 9,1% che sono più interessate all’affermazione professionale, il 7,4% che sono più spregiudicate, il 6,9% che sono più aggressive con gli uomini e solo il 5,3% che sono meno interessate alla famiglia. L’incrocio dei dati per sesso mostra che le intervistate sottolineano con maggior frequenza degli intervistati il fatto che le donne sono diventate più indipendenti e sicure di sé, e citano meno, invece, i cambiamenti che appaiono più connotati negativamente (aggressività, spregiudicatezza, maggiore interesse per la carriera e minore interesse per la famiglia). La distribuzione delle risposte per classi di età evidenzia che i più giovani (18-24 anni) ritengono che il principale cambiamento riguardante le donne negli ultimi decenni sia il maggiore interesse per l’affermazione professionale (23,9%); al contrario, addirittura nessuno fra questi ragazzi reputa che le donne sono diventate più spregiudicate. Aumentando l’età dei soggetti interpellati, diventano più numerosi quelli che pensano che le donne siano oggi meno interessate alla famiglia (lo 0,9% a 18-24 anni, l’1,5% a 25-34, il 3,6% a 35-44, il 7,7% a 45-64, l’8,9% dai 65 anni in su).
I giovani dai 25 ai 34 anni affermano più spesso rispetto agli appartenenti alle altre classi di età che le donne sono diventate più aggressive con gli uomini (11,8%). I cambiamenti che hanno investito l’universo maschile negli ultimi decenni e che sono stati segnalati con maggior frequenza dagli intervistati sono la partecipazione più attiva alla cura e all’educazione dei figli (27,3%) ed un atteggiamento più spaventato di fronte alle donne (22,1%). Gli uomini sono più disorientati sul loro ruolo nella società secondo il 16,5% del campione, meno maschilisti secondo il 13,8%, si occupano più spesso delle faccende domestiche secondo il 9,2% e mostrano con più naturalezza le loro debolezze secondo il 6,2%.
L’evoluzione della figura maschile, come si è riscontrato anche per quella femminile, sembra aver determinato dinamiche positive e negative al tempo stesso, a seconda dei casi e dei pareri individuali.
Sono soprattutto le donne, prevedibilmente, ad affermare che gli uomini sono oggi più spaventati dal sesso femminile (26,4% contro 17,3%), mostrano senza problemi le loro debolezze (8,6% contro 3,5%) e partecipano più che in passato alla cura dei figli (29,1% contro 25,3%). Gli uomini sostengono con maggior frequenza delle donne di essere meno maschilisti (18,9% contro 9,2%) e di occuparsi più spesso delle faccende domestiche (11,5% contro 7%). Dai risultati emergono posizioni in parte eterogenee in relazione all’età degli intervistati. La percentuale di chi sottolinea, fra i cambiamenti maschili degli ultimi decenni, il fatto che oggi gli uomini collaborano maggiormente nella cura e nell’educazione dei figli sale quando aumenta l’età degli intervistati: solo il 13,8% dei giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni esprime questa convinzione a fronte del 30,8% dai 65 anni in su. Le persone più mature hanno assistito direttamente al notevole mutamento di molti uomini nell’approccio con i figli e sono più consapevoli di questo cambiamento rispetto ai giovani. Invece i ragazzi sottolineano soprattutto che oggi gli uomini sono più disorientati sul loro ruolo nella società (23,9% dai 18 ai 24 anni). L’idea che gli uomini siano spaventati dalle donne in misura maggiore rispetto al passato è condivisa da un numero elevato di soggetti soprattutto nelle classi di età dai 65 anni in su (30,8%) e da quella tra i 18 e i 24 anni (25,7%), ossia, curiosamente, dai più maturi e dai più giovani. I primi notano probabilmente il forte cambiamento, in questo senso, rispetto al passato, mentre i secondi potrebbero essere quelli che risentono maggiormente dell’incertezza dei ruoli (notano sia che gli uomini sono intimoriti dalle donne, sia che sono disorientati sul loro ruolo sociale).
L’ultima domanda del questionario vuole scoprire in che misura, secondo gli intervistati, il maschilismo è diffuso fra gli uomini. Per il 37,7% del campione gli uomini maschilisti sono molti, secondo il 36,2% sono alcuni. Il 17,9% afferma che pochi uomini sono maschilisti, il 3,6% sostiene addirittura che lo siano tutti gli uomini, mentre solo per l’1% non lo è nessuno. Prevale quindi la convinzione di una forte diffusione, ancora oggi, del maschilismo fra gli uomini. Ci si poteva aspettare che fossero soprattutto le donne a lamentare il maschilismo di molti uomini; al contrario l’analisi dei dati in relazione alla variabile di genere non evidenzia posizioni diverse fra intervistate ed intervistati.
Le risposte dei due sessi si distribuiscono in modo piuttosto simile e se il 40,5% delle donne ritiene che gli uomini maschilisti siano molti a fronte del 34,6% degli uomini, è proprio fra questi ultimi che si trova la quota più alta di chi ritiene che gli uomini siano tutti maschilisti (4,5% contro 2,7%).
È possibile che gli uomini in quanto tali abbiano la consapevolezza della diffusione di discorsi ed atteggiamenti maschilisti fra gli esponenti del proprio sesso, sebbene le donne siano comprensibilmente più sensibili al problema. Esaminando le risposte fornite dalle diverse classi di età, si nota che i soggetti più giovani (18-24 anni) sono quelli che ritengono maggiormente diffuso il maschilismo: per il 7,3% sono maschilisti tutti gli uomini e per il 39,4% lo sono molti. Nei soggetti fra i 25 ed i 44 anni risulta invece meno diffusa della media la convinzione che il maschilismo appartenga a molti o a tutti gli uomini.
Questi risultati possono essere interpretati in modo non univoco. Il fatto che proprio i giovanissimi, abituati da sempre a rapporti paritari fra i sessi e cresciuti in una società in cui le donne sono senza dubbio più libere di affermarsi che in passato, considerino diffuso il maschilismo, potrebbe derivare da una maggiore sensibilità verso l’argomento ed, eventualmente, dalla giovane età, più che dalla loro esperienza personale.

0 Comments

Leave a reply

©2024 Associazione Promozione Sociale Lucanianet.it - Discesa San Gerardo 23/25 85100 Potenza CF 96037550769 info@lucanianet.it