[Comunicato Stampa]
Infatti, i problemi, in verità assai complessi e stratificati, sottesi dagli avvenimenti di cui si tratta, travalicano i confini della cronaca ed assurgono al livello di vere e proprie questioni politiche, alle quali non può non darsi una adeguata risposta. Più volte Rifondazione Comunista, nel corso di questi ultimi anni (anche e soprattutto a mezzo dei suoi esponenti locali), ha posto l’accento sulle negatività della Legge Bossi Fini, in materia d’immigrazione, ritenuta non soltanto non adeguata al fenomeno ma dannosa e repressiva.
Essa sembra rispondere ad un’unica logica di arginare e contenere, con la forza, i disperati che arrivano in Italia per sfuggire a condizioni di vita determinate da un modello di sviluppo iniquo ed al fine di trovare scampo a guerre e repressioni. Essi non vengono considerati dalla legge come persone, ma come mera manodopera o forza lavoro. Non vengono considerati nella loro individualità di essere umani o come possibili soggetti di diritto, bensì come “braccia” per svolgere, nella maggior parte dei casi, i lavori più umili e faticosi: una sorta di fastidio necessario di cui al più presto disfarsi. Non si tratta, quindi, di considerare che a centinaia di migliaia di persone viene così preclusa la possibilità di progettare un futuro e di sceglierlo liberamente, ma innanzitutto di constatare, verificare e prendere concretamente coscienza della emergenza immediata che un tale tipo di cultura impone e di cui sono esempio perentorio e crudo le vicende degli ultimi giorni. Questa legge, infatti, è il frutto di un pensiero reazionario alle culture ed alle politiche dell’accoglienza e considera le questioni relative all’immigrazione come un problema di ordine pubblico.
Alla Bossi Fini sono addebitabili delle negatività che vanno ben oltre l’ambito delle sue prescrizioni perché ha contribuito a creare un clima di intolleranza diffuso e generalizzato che sfocia in aggressioni alla sfera individuale dei Lavoratori immigrati di cui non si avverte il disvalore giuridico e morale. Vi è addirittura il fondato sospetto che, nei casi più gravi, Lavoratori irregolari possano aver pagato con la vita tale barbarie culturale. Tuttavia, il problema che si pone alla attenzione delle istituzioni politiche locali non deve essere posto unicamente in stretta relazione al diritto esistente. Deve, al contrario, occuparsi della accoglienza di migliaia di Lavoratori i quali vengono a prestare le proprie energie lavorative non soltanto nella condizione innanzi descritta, ma – e ciò che è più grave – in condizioni precarie dal punto di vista igienico sanitario. L’accoglienza presuppone idee e progettualità indirizzate verso una reale integrazione dei Lavoratori immigrati nelle nostre realtà. La nostra regione sconta un ritardo notevole nell’affrontare simili questioni e, soprattutto, ci si è unicamente limitati a governare l’emergenza, senza approfondire questioni scomode e stratificate nel contesto agricolo.
Il capolarato, il mancato rispetto delle condizioni contrattuali, l’assenza di veri e propri contratti sono tutti argomenti relativi alla complessiva condizione vissuta dai Lavoratori immigrati che è scomodo e difficile toccare e fronteggiare. E dire che la stessa dannosa legge Bossi Fini prevede che debba essere il datore di lavoro a garantire un alloggio per il cittadino straniero assunto ed a sostenere le spese di viaggio per il rimpatrio, a contratto scaduto (art.6).
Accade, invece, che il ruolo degli “intermediari” fa sì che il Lavoratore non conosca neppure chi sia il proprio datore di lavoro contro cui eventualmente far valere (se mai ne avesse la forza) i propri diritti. Vi è una situazione di illegalità diffusa di cui i Lavoratori immigrati non sono che la punta dell’iceberg e sui quali, tuttavia, ricadono tutte le conseguenze. Occorre che tali questioni siano poste al centro della agenda politica istituzionale regionale per evitare che i comuni siano lasciati privi di mezzi economici e giuridici per far fronte alle circostanze critiche che periodicamente emergono in maniera drammatica ed a cui si cercano rimedi il più delle volte dettati dalla pietà e dalla voglia di esprimere solidarietà. Essi possono finanche rivelarsi inadeguati ma certo non rappresentano né possono diventare il terminale di critiche ingenerose ed infondate.
Il Segretario Provinciale
del Partito della Rifondazione Comunista,
Paolo Pesacane