La leva delle tariffe. I tagli operati dalle ultime quattro manovre finanziarie sui bilanci dei Comuni ammontano, secondo le stime Anci, a circa 5 miliardi di euro. A queste perdite, calcolate sulle Finanziarie dal 2003 al 2006, occorre aggiungere le riduzioni di stanziamenti statali decise a svantaggio di alcuni interventi settoriali gestiti in gran parte dai Comuni, come il fondo sociale per gli affitti (-100 milioni nel 2005) e soprattutto il Fondo nazionale per le politiche sociali; questo ha perduto, nel 2005, 500 milioni destinati in gran parte alla rete dei servizi comunali e rischia di perderne altrettanti nel 2006. Un’analisi dell’Eurispes effettuata sui consuntivi 2000-2003 e sui bilanci di previsione 2004 dei Comuni capoluogo di provincia, mostra come la gestione dei proventi da servizi pubblici presenta divari enormi a livello territoriale, con effetti importanti sulle capacità dei Comuni di raggiungere livelli di efficienza accettabili e, soprattutto, gli equilibri di bilancio senza dover rinunciare all’erogazione di prestazioni alle persone. Nel Nord-Ovest del Paese, i ricavi dei servizi provenienti da rette e ticket incidono mediamente per l’11,7% sul totale delle entrate correnti; tale percentuale scende al 10,8% nel Nord-Est e al 9,3% nel Centro, per abbassarsi notevolmente fino al 6,6% nel Mezzogiorno, dove è evidente una tendenza alla diminuzione (dal 2002 al 2004). Secondo le previsioni del 2004, nel complesso dei Comuni capoluogo ogni cittadino dovrebbe partecipare ai costi dei servizi pagando tariffe per 109,15 euro; una cifra che aumenta fino a 144,22 euro nei Comuni del Nord-Ovest e scende a 62,09 euro al Sud. Considerando i singoli comuni, a Taranto l’incidenza dei proventi da servizi sul totale delle entrate correnti si attesta allo 0,8%, a Messina, Bari, Foggia e a Catania non raggiunge il 4%. Al contrario, i Comuni che hanno utilizzato maggiormente la leva tariffaria sono Campobasso, Verbania, Pescara e Pordenone, Treviso, Pavia, Cosenza, Trapani, Ascoli Piceno e Piacenza, dove l’incidenza dei proventi da servizi pubblici supera il 16%. I divari nella gestione delle tariffe sono significativi anche considerando i consuntivi del 2003, relativamente ai singoli servizi. Al confronto con gli altri servizi di carattere sociale, il grado di copertura della spesa per il servizio di asilo nido risulta piuttosto basso e si attesta mediamente, a livello nazionale, all’8,4%; una percentuale che si abbassa addirittura fino al 2,8% nel Mezzogiorno e si eleva al 13% nel Nord-Est. Per quanto riguarda i servizi della scuola (assistenza, trasporti e mense), la copertura tariffaria della spesa impiegata dai Comuni si attesta mediamente al 21,2%, con punte in alto del 38,3% nel Nord-Est e in basso fino al 7,9% nel Mezzogiorno. La compartecipazione alle spese da parte degli utenti raggiunge livelli più elevati (circa il 22%) nel caso delle piscine, ma anche in questo caso mostra divari territoriali enormi.
La dinamica delle entrate. Nel 2004, secondo i dati di cassa rilevati dalla Corte dei Conti, il totale delle entrate correnti degli 8.093 Comuni esaminati è pari a 45.517 milioni di euro in termini di riscossioni totali, riportandosi quasi al livello del 2002 dopo il calo dell’1,88% evidenziato nell’esercizio 2003 (44.682 milioni di euro). Nel periodo 2002/2003, l’aumento dei tributi deve essere collegato principalmente all’Irpef devoluta ai Comuni, a fronte della diminuzione dei trasferimenti. Nel 2004 la crescita dei tributi può essere collegata a una ripresa della dinamica espansiva dei tributi locali tradizionali, piuttosto che all’Irpef devoluta ai Comuni, e all’addizionale facoltativa all’Irpef, perdurando il blocco delle aliquote. I trasferimenti correnti ammontano in termini di cassa a 12.286 milioni di euro a fronte dei 12.616 del 2003, registrando una flessione del 2,62%. La diminuzione delle risorse effettivamente trasferite ai Comuni deriva principalmente dagli utili provenienti dallo Stato; questi ultimi, infatti, scendono dai 7.884 milioni del 2003 ai 7.514 del 2004, con una diminuzione in cifra assoluta di 370 milioni di euro pari al 4,69%. Pertanto ne consegue che, negli anni 2003/2004, al forte aumento delle entrate tributarie corrisponde una simmetrica riduzione dei trasferimenti. Il saldo degli equilibri di parte corrente evidenzia un disavanzo di 2.097 milioni di euro: ciò significa che al “federalismo della spesa” in atto nel Paese non corrisponde il federalismo fiscale; quest’ultimo doveva assicurare agli Enti locali risorse certe per lo svolgimento delle attività istituzionali. Peraltro, come rileva la Corte dei Conti, nel 2004 la spesa corrente aumenta del 4,19% (pagamenti) a causa soprattutto della crescita della spesa per il personale, pari al 12,69%, da collegarsi ai pagamenti conseguenti all’approvazione del nuovo contratto per il comparto Enti locali. Aumenta, perciò, sul totale delle entrate correnti, il peso percentuale del personale che, insieme agli oneri per ammortamento del debito, assorbe in media il 40% delle entrate correnti, con picchi del 60% per alcuni Enti.
La finanza derivata. Agli strumenti di finanza derivata fanno ricorso soprattutto le Amministrazione locali del Sud e quelle in difficoltà di bilancio, che puntano sugli swap, rimodulando gli interessi del debito contratto, non solo per ridurre l’indebitamento, quanto soprattutto per fare cassa e finanziare i «servizi indispensabili alla collettività» non alterando gli equilibri di parte corrente. Tali equilibri sono sempre più difficili da raggiungere dopo le ultime disposizioni delle recenti Finanziarie e il sostanziale blocco della finanza locale. È questo il “percorso di sopravvivenza finanziaria” che hanno intrapreso gli Enti locali di dimensioni medio-piccole. L’uso del “derivato” SWAP, introdotto dall’articolo 41 della Finanziaria 2002, permette di coprire al meglio il rischio interessi mediando tra tasso fisso e tasso variabile, ma può anche consentire agli Enti, utilizzandolo in modo improprio, di speculare e generare cassa nel breve periodo con conseguenti maggiori rischi su lungo termine. La Corte dei Conti ha svolto un’indagine su un campione costituito da 138 Comuni e 11 Province, con popolazione compresa tra gli 8mila e 99.999mila abitanti, che negli anni recenti hanno fatto maggiormente ricorso a operazioni finanziarie derivate. Dall’analisi di questo campione sono emersi dati puntuali su debito e derivati in un arco temporale compreso tra il 2000 e il 2004. La consistenza complessiva del debito degli Enti presi in esame ammonta attualmente a 4.052 milioni di euro, con una crescita complessiva del 45,6% rispetto ai quattro anni precedenti: inoltre cresce l’ammontare dello stock 2004 anche sull’anno precedente (+17,6%).Con una prevalenza di mutui e obbligazioni a tasso fisso. Le prime operazioni sui derivati si registrano già nel 2000, anno durante il quale cinque Comuni (Alessandria, Settimo Torinese, Castel Goffredo, Alassio, La Spezia) hanno sottoscritto swap per 93,9 milioni. Alla fine del 2003 il capitale “swappato” è salito in maniera vertiginosa a 1.627 milioni, pari al 38,4% del debito complessivo. Al 31 dicembre 2004, il capitale interessato alle operazioni di swap è di oltre 1.871 milioni di euro, il 37,6% del debito complessivo. I dati rilevati evidenziano la variabilità locale delle operazioni, e in particolare il maggiore ricorso allo swap da parte di Comuni e Province del Sud e delle Isole, mentre restano rilevanti, per dimensioni finanziarie del capitale, alcune operazioni di singoli Comuni del Nord e del Centro. Gli Enti che espongono un più elevato capitale swappato sono: Pisa (104,7 mln), Civitavecchia (109,1 mln), Alessandria (79,7 mln), Lecce (44,9 mln), Cerignola (46,9 mln), Cosenza (70,9 mln); nonchè le due Province di Udine (63,9 mln) e Chieti (63,7 mln). Gli Enti locali di piccole e medie dimensioni, oggetto del campione, più che su rinegoziazioni o conversione dei mutui in essere hanno privilegiato il ricorso alla finanza derivata. Gli swap sono stati utilizzati nella maggior parte dei casi per ridurre il costo del debito, spesso insostenibile, in prevalenza rappresentato da mutui contratti con la Cassa depositi e prestiti. Frequenti, 61 swap su 142, sono stati i casi di corresponsione all’Ente di un premio di liquidità, il cosiddetto “upfront”, in genere superiore all’1% e, in diversi casi, superiore al 3,5% fino ad arrivare al 9,8 %. Decisamente complesse le strutture utilizzate: swap con soglie minime o massime al cui raggiungimento il tasso torna variabile con l’aggiunta di uno spread; barriere (vendita di opzioni cap con tetti che variano dal 5,8% fino al 3,9% negli anni compresi tra il 2005 e il 2008) a favore delle banche (qualora l’Euribor dovesse sfondare la soglia, l’Ente locale pagherà il tasso interbancario più uno spread). Il profilo di rischio è segnato da spread spesso elevati: quasi mai sotto il 2,2% con picchi fino al 4,85%. Inoltre la Corte precisa che persino con i “collar” (acquisto di tetto al rialzo e vendita di tetto al ribasso) non sempre le soglie offrono sicura protezione all’Ente. Sulla gestione attiva del debito e sul ricorso ai derivati hanno inciso altri fattori specifici. Alla riduzione dei trasferimenti s’è accompagnato, infatti, il blocco della fiscalità con le Finanziarie 2003 e 2004 (e ora anche con quella per il 2005), che ha provocato «un forte disallineamento delle entrate con gli andamenti di spesa e conseguente disavanzo complessivo». Pertanto: per poter garantire quella che è la loro mission, cioè i «servizi indispensabili» ai cittadini, «le risorse assorbite a copertura hanno prosciugato larga parte delle entrate correnti». Cosicché «il margine effettivo da destinare agli oneri finanziari per il servizio del debito ne è risultato quanto mai ridotto, se non annullato».
Il Partenariato Pubblico Privato. Il numero delle iniziative di partenariato pubblico-privato è in costante aumento e il valore delle opere per le quali si ricorre ad esso lievita di anno in anno. Secondo i dati dell’Osservatorio nazionale sul Project Financing negli ultimi tre anni la crescita del partenariato pubblico-privato è stata progressiva. L’anno cruciale è stato il 2003 con 1.094 avvisi di gara che prevedono forme di partenariato pubblico-privato, contro i 580 del 2002. Il loro valore complessivo è stato di oltre 8,4 miliardi, contro i 3,3 miliardi dell’anno precedente. Tali iniziative di partenariato pubblico-privato hanno registrato un incremento pari all’89% mentre è ancora più rilevante la percentuale relativa agli importi: +155%. La dimensione media dei lavori è cresciuta del 20%. Se nel 2003 era raddoppiato il numero degli avvisi di gara rispetto all’anno precedente, con un aumento del valore delle opere di oltre una volta e mezza, nel corso del 2004 si assiste ad un’ulteriore accelerazione. Sono stati pubblicati, infatti, 1.647 avvisi tra preselezione e bandi di gara di partenariato pubblico privato (project financing, per concessioni di costruzione e gestione, o di altro tipo, oppure per l’individuazione di partnership nelle forme più diverse), per un valore complessivo di oltre 12,6 miliardi. Nei primi otto mesi del 2005 (gennaio-agosto) si rileva complessivamente un aumento delle tipologie del partenariato pubblico-privato (il 10% in più rispetto al periodo precedente). Per quanto riguarda la domanda di Project Financing si registra una crescita costante e progressiva, a dimostrazione del forte interesse da parte delle Amministrazioni pubbliche a supplire in questo modo alla carenza di risorse. Nel periodo gennaio-agosto 2005 sono state censite 483 selezioni di proposte per un valore che supera i 2,5 miliardi, riferito a 398 avvisi con il costo dell’investimento noto. Il confronto con lo stesso periodo del 2004 evidenzia un trend negativo generalizzato: tuttavia la riduzione è superiore al 36% per valore e limitata al 3,6% per numero di iniziative. Tra gli Enti committenti, fanno la parte del leone i Comuni che, nei primi otto mesi dell’anno, hanno pubblicato 445 avvisi per 2,1 miliardi di importo richiesto, contro i 38 avvisi e poco meno di 450 milioni degli altri Enti. Le iniziative di finanza di progetto sono intraprese soprattutto dagli Enti del Sud e delle Isole: da queste aree territoriali provengono 233 bandi, pari al 48% del totale per un investimento complessivo di 1,1 miliardi (45% delle risorse totali). Prevalgono i progetti di importo compreso tra 1 e 2,5 milioni (20 avvisi su 75 di importo noto) e un sostanziale equilibrio tra le altre fasce d’importo individuate, fatta eccezione per quella dei maxi lavori che non ha totalizzato alcun avviso. Nei primi otto mesi del 2005, Comuni e altri Enti interessati alla finanza di progetto, preferiscono finanziare opere di valore inferiore ai 5 milioni di euro che rappresentano il 70% del totale degli avvisi di selezione proposte con importo segnalato. Rimane, tuttavia, alta l’attenzione per le opere di maggiore dimensione: infatti, dal confronto con i dati dello stesso periodo del 2004, emerge che le opere di dimensione media con un valore compreso tra 5 e 50 milioni, sono le uniche a poter vantare un bilancio positivo. Nel 2004 le opere da realizzare con la procedura della finanza di progetto (preselezioni e gare) sono cresciute fino a quota 841 per un investimento complessivo di oltre 8,4 miliardi. L’84% delle iniziative riguarda opere in cerca di proposte da parte di soggetti privati. Si tratta di 703 iniziative, un numero superiore del 32% rispetto al 2003, con un investimento complessivo superiore ai 7 miliardi e una dimensione media, per iniziativa, di 13 milioni di euro, circa il 30% in più rispetto al 2003. Il ricorso al Project financing riguarda tutte le dimensioni degli interventi, ma la maggiore concentrazione (74% degli interventi di importo noto) investe i tagli medio-piccoli, al di sotto dei 5 milioni di euro, ossia la domanda “normale”. I settori di attività più gettonati dagli Enti territoriali sono 4: i parcheggi (18%), gli impianti sportivi (17%), le “reti” (10%) e i cimiteri (9%). Nonostante la riduzione del numero delle proposte, in termini di volume di investimenti, il settore leader nella finanza di progetto è quello dei trasporti con 3,8 miliardi nel 2004, un valore che supera di 3 volte il volume del 2003.
PPP&Mezzogiorno. Il PPP è oggi diffuso su tutto il territorio nazionale, ma l’area che mostra una maggiore propensione all’utilizzo di questo strumento è il Mezzogiorno, dove si concentra mediamente il 45-50% delle iniziative.Nel 2004, le Amministrazioni del Sud hanno attivato 773 progetti per 6,5 milioni. Le iniziative di partenariato pubblico-privato riguardano prevalentemente i settori parcheggi, impianti sportivi e reti, mentre il maggiore valore è concentrato in pochi ma grandi progetti volti a migliorare la mobilità urbana e turistica. Relativamente alla spesa, una quota significativa delle risorse è destinata alle concessioni in gestione di servizi (35% del totale area) grazie agli ingenti investimenti per la gestione delle risorse idriche. La Campania, con 255 iniziative (15% del totale nazionale) per 1,4 miliardi occupa la prima posizione della classifica numerica nazionale; la Sicilia con oltre 3,8 miliardi (25% del totale nazionale) per 172 iniziative guida invece la classifica nazionale per spesa. Sul risultato della Sicilia “pesano” soprattutto le gare per l’affidamento del servizio idrico integrato nell’ambito territoriale ottimale di Palermo e Messina (2,1 miliardi complessivi) e l’avviso per la selezione di proposte per realizzare la Metropolitana Pedemontana di Catania (850 milioni).

0 Comments

Leave a reply

©2024 Associazione Promozione Sociale Lucanianet.it - Discesa San Gerardo 23/25 85100 Potenza CF 96037550769 info@lucanianet.it