L’Italia è ormai una meta per i migranti e non più, come accadeva nei primi anni Novanta, un luogo di passaggio verso le grandi economie del Centro e del Nord Europa. Tale tendenza è confermata dalla crescente stabilità di residenza, con circa il 60% della popolazione straniera soggiornante da più di 5 anni (il doppio rispetto a quella del censimento 1991) e dal numero non trascurabile di immigrati che ha acquisito la cittadinanza italiana a seguito di matrimoni o per anzianità di soggiorno. Il Nord-Est, la Lombardia e il Lazio sono le zone con la maggiore concentrazione di immigrati. La quota di stranieri residenti nei comuni più piccoli (diversi dal capoluogo di provincia) sta diventando sempre più ampia: ciò è valido soprattutto per albanesi, ucraini, tunisini, marocchini, senegalesi e indiani, con oltre il 70% di residenti nei comuni diversi dai capoluoghi di provincia.
Evoluzione dei permessi di soggiorno ripartiti per regioni e per aree geografiche. I dati mostrano che permessi aumentano soprattutto al Nord, mentre diminuiscono nel Mezzogiorno. Gli incrementi maggiori, a livello regionale, sono situati nelle aree storicamente impegnate nei flussi di immigrazione come il Piemonte, la Lombardia e il Veneto, mentre nel Lazio si assiste ad una contrazione di quasi 4.000 permessi tra il 2002 e il 2003. Nonostante questa lieve flessione, negli ultimi cinque anni la popolazione immigrata del Lazio è, comunque, aumentata considerevolmente. Nel 2003, il numero degli stranieri regolarizzati supera le 340.000 unità, con un incremento del 38,4% sul 2002. La provincia di Roma resta quella che ha rilasciato il maggior numero di permessi, seguita da Milano, Torino, Firenze e Bologna. Secondo gli ultimi dati forniti dall’Ufficio immigrazione della Questura, nella provincia di Roma vivono oltre 322.000 immigrati regolari. Le comunità straniere più consistenti sono quella rumena (circa 42.000) e quella filippina (21.000).
L’inserimento degli immigrati. Gli stranieri, soprattutto se provenienti dal Terzo Mondo, considerano l’Italia una meta privilegiata: pertanto strutturare un sistema di accoglienza e di inserimento più efficace è, senza ombra di dubbio, una delle priorità nell’agenda politica dei nostri governanti.
La gran parte di coloro che arrivano sul territorio nazionale desiderano restarci in pianta stabile per qualche anno (il tempo di raccogliere i risparmi necessari per tornare al proprio paese) o addirittura per stabilizzarsi a tempo indeterminato. L’immigrazione non è più un fenomeno congiunturale, soprattutto osservando che complessivamente il 97% circa dei permessi di soggiorno viene rilasciato per motivi di insediamento stabile. Si registra ormai un consolidamento del flusso migratorio. Le famiglie si ricongiungono, sono aumentate le nascite e il numero di alunni stranieri nella scuola: si pone quindi la delicata questione della presenza delle nuove generazioni. Nell’ambito del lavoro, è cambiato il modo di percepire lo straniero: l’immigrato, da “vu cumprà”, è diventato una risorsa indispensabile per l’economia del Paese. L’immigrazione in Italia è ormai una realtà consolidata, un elemento strutturale della nazione.
In questi anni sono state realizzate diverse ricerche sul tema dell’integrazione degli immigrati e molte evidenziano un sostanziale miglioramento della percezione degli italiani nei confronti delle diverse culture e tradizioni. Il Dipartimento di ricerca sociale “Stasera” della Sapienza di Roma mostra un sostanziale calo della preoccupazione degli italiani riguardo all’eventualità di una riduzione dei posti di lavoro causata dalla presenza e dall’assunzione di lavoratori stranieri.
Una ricerca (condotta nel 2004 nelle città di Milano, Bologna, Roma, Napoli e Palermo) rileva una maggiore attenzione e disponibilità sul piano culturale verso gli immigrati: si denota infatti una sostanziale inversione di tendenza e il 55% degli italiani sono favorevoli al mantenimento delle proprie usanze da parte degli immigrati. Molti guardano con favore alle coppie miste e sono tolleranti verso il velo islamico, rispettivamente il 63% e il 69%. Al contrario, quattro italiani su dieci sono poco o per nulla favorevoli alla costruzione di nuove moschee.
Resta il problema dell’accesso all’alloggio per gli immigrati: da questo punto di vista, sembra esistere ancora una sorta di discriminazione razziale. Secondo l’Associazione piccoli proprietari di case (Appc), il 57% degli affittuari intervistati in un’indagine realizzata in cinque città del Nord-Italia e in sette del Centro-Sud non vogliono stipulare contratti di locazione a favore degli immigrati.
Esistono, tuttavia, altri dati secondo cui la percentuale dei contratti d’affitto stipulati dagli stranieri in alcune città arriva anche al 25-30% (ad esempio Grosseto e Piacenza) fino alla vetta di Forlì dove la quota sale al 35-40%. I valori percentuali sono più bassi nelle città metropolitane: si attestano infatti fra il 10-12% a Roma e a Milano.
Acquisto di immobili da parte degli immigrati. Cresce e si ramifica in tutta Italia il fenomeno dell’acquisto di immobili da parte di cittadini immigrati, spesso per far fronte alla difficoltà del caro affitti. Gli eccessivi costi delle case in affitto e l’intenzione sempre più concreta di stabilizzarsi in Italia sono i due motivi principali che li spingono sempre più spesso ad acquistare gli immobili. Se alla fine del 2000 era proprietario di immobili lo 0,8% dei cittadini immigrati residenti in Italia, alla fine del 2004 lo era quasi il 3%. Il 9,8% dei soggetti intervistati in una ricerca (incentrata sullo studio della qualità della vita delle famiglie immigrate in Italia) risultava proprietario della casa in cui viveva. Nel 2004 una casa su otto è stata acquistata da cittadini extracomunitari con una spesa complessiva di 10,2 miliardi di euro.
Per comprendere nella sua interezza il problema dell’inserimento sociale degli immigrati nella realtà italiana, è necessario approfondire il loro grado di inserimento occupazionale. In questi ultimi anni si registra un continuo aumento degli immigrati assunti, sia a tempo determinato che indeterminato. Come si è evidenziato nel 17° Rapporto Italia 2005 dell’Eurispes, l’impatto occupazionale degli stranieri nel 2004 è stato significativo, con oltre 770.000 assunzioni a tempo indeterminato (quasi il 19% del totale) e più di 214.000 assunzioni a tempo determinato (il 10,1% del totale). Esse si concentrano al Nord (70%), mentre molto più basse sono le quote relative al Centro e al Mezzogiorno, rispettivamente il 20% e il 10%. L’incidenza delle donne è particolarmente alta poiché riguarda quasi un assunzione su due: il 43,7% è costituito prevalentemente da rapporti nel settore domestico. Il Nord-Est e la Lombardia sono le aree che accolgono il maggior numero di lavoratori immigrati (quasi due terzi degli assunti nel 2003).
Il mercato del lavoro sembra privilegiare gli immigrati provenienti dalle aree dell’Europa centro-orientale, dal Nord Africa e dall’America Latina.
In particolare si pensi alla Romania, all’Albania, all’Ucraina, al Marocco e alla Polonia. Agli immigrati dell’Est Europa spetta il 45% di queste assunzioni, ai nordafricani il 15% e ai sudamericani il 14%. Tale ripartizione vale sia per le assunzioni a tempo determinato che indeterminato. Sul fronte del lavoro autonomo, nel periodo compreso tra il 2001 e il 2003 si registra un sostanzioso aumento dei cittadini comunitari titolari di aziende individuali: circa il 38%.
I principali settori sono quelli delle costruzioni, dei trasporti, del magazzinaggio e della comunicazione, oltre alle attività immobiliari e alla sanità. Spesso, tuttavia, dietro l’apertura di una partita Iva si nasconde solo la volontà del datore di lavoro di non avere legami con il prestatore d’opera il quale si vede, quindi, obbligato a mettersi in proprio. Al 30 giugno 2004 il numero complessivo di titolari di impresa con cittadinanza estera presenti in Italia era di 71.843, in aumento del 27,3% rispetto all’anno precedente, quando erano 56.421: si tratta di un incremento degno di rilievo, soprattutto se si considera che la variazione osservata per la totalità dei titolari d’impresa è stata pari allo 0,5%. Il Nord-Est e il Centro sono le aree in cui la dinamicità è più spiccata, facendo registrare un incremento del 31%; tale crescita è più contenuta nel Nord-Ovest e nel Mezzogiorno, con aumenti rispettivamente del 26% e 17%.
Nel complesso, le regioni con una maggiore crescita sono le Marche (+49%), l’Emilia Romagna e il Lazio (+33%), il Veneto (+31%), il Piemonte, la Liguria e la Calabria (+29%), la Toscana (+27%), l’Abruzzo (+26%) e la Sicilia (+25%). Fanalino di coda la Sardegna con una crescita del 6%.
“Centri” a misura d’uomo. Gli imprenditori immigrati prediligono sempre più per la loro attività i centri di medie e piccole dimensioni. Il proliferare di tali attività riguarda specifici settori e infatti il 70% delle 71.843 imprese costituite opera in due ambiti: quello commerciale (dove si concentra il 42% degli imprenditori stranieri in Italia, con prevalenza nel dettaglio) e quello edilizio (con il 28%).
Negli ultimi 5 anni, secondo una ricerca de Il Sole-24 Ore (maggio 2005), le imprese individuali intestate a cittadini straniere sono triplicate. Il 31 marzo del 2000 erano 67.440, mentre alla fine del primo trimestre del 2005 se ne contavano ben 181.773 (+170%). Si tratta di un boom straordinario, specialmente se si considera che nello stesso periodo il totale delle imprese (italiane e straniere) è cresciuto appena del 2%. In Italia le imprese individuali di cittadini extracomunitari rappresentano il 5,1% del totale delle imprese.
L’incidenza si differenzia molto a livello regionale: quella maggiore si registra in Toscana (8,2 % sul totale delle imprese), Lombardia (7,5%) e Liguria (6,8%) , mentre chiudono la classifica Valle d’Aosta (2,5%), Puglia (2,3%) e Basilicata (1,9%). Rilevante è anche la presenza di imprese guidate da donne immigrate. Sono 32mila le imprese guidate da donne nate all’estero (marzo 2005), situate soprattutto in Lombardia (5.019), Toscana (3.398), Lazio (3.299), Campania (2.840) e Veneto (2.483). La maggior parte di esse sono guidate da donne cinesi (6.709), seguite dalle svizzere (4.686), dalle nigeriane (1.959), dalle marocchine (1.870) e dalle romene (1.631).
Il portafoglio di un immigrato. Gli immigrati guadagnano relativamente poco: le stime del Dossier statistico 2005 indicano una retribuzione media di poco inferiore a 8.000 euro annui, con notevoli differenze tra i singoli settori. Forte è ancora la differenza tra i sessi, dal momento che 3/4 dei redditi sono percepiti dai maschi.
Minori e percorsi di integrazione. Un aspetto fondamentale, in tema di integrazione, riguarda il sistema di accoglienza e di inserimento dei minori stranieri nel tessuto sociale.
Gli stranieri minorenni presenti sul territorio italiano erano, nel 2004, più di 400.000, quasi il 50% in più rispetto al 2001. Il 48% di questi ragazzi è nato direttamente sul territorio italiano I figli degli immigrati sono una generazione destinata a pagare i costi del percorso immigratorio intrapreso dai genitori: infatti spesso devono adattarsi ad una situazione in cui gli stessi genitori sono logorati dal lavoro e dalla lontananza del paese di origine. L’incidenza dei minori sul totale degli immigrati nel 2004 era del 20,7%, una quota che subisce notevoli variazioni se ci si sposta da una regione all’altra.
La percentuale più elevata si registra in Lombardia, Veneto e Emilia Romagna, dove si supera il tasso del 22% rispetto a tutti gli immigrati, mentre la più bassa si registra in Campania (13,5%), Calabria (15,2%) e Sardegna (16,2%). Il numero di minori negli ultimi anni è continuamente aumentato, salendo di 6 punti percentuali tra il gennaio 1997 e il gennaio 2004. L’incremento maggiore si registra in Val d’Aosta, Liguria, Trentino Alto Adige, Umbria, Abruzzo e Puglia; quello minore, invece, nelle regioni (come l’Emilia Romagna), che già a metà degli anni Novanta avevano raggiunto valori abbastanza elevati. L’impressione di fondo è che, se si escludono alcune regioni tuttora in ritardo nel processo di conversione familiare dell’immigrazione straniera (come la Campania o la Calabria), si stia verificando, in modo sempre più marcato, un generale consolidamento della presenza di figli nelle famiglie immigrate.
Il ruolo della scuola. La scuola svolge sempre di più un ruolo cruciale nei processi di integrazione. Nell’ultimo anno scolastico erano iscritti alle scuole oltre 280.000 minori stranieri, il 3,5% della popolazione scolastica, mentre dieci anni prima erano solo 37.000, pari allo 0,4%. Si tratta di una crescita graduale e le cifre italiane sono ancora piuttosto contenute se confrontate con quelle di altri paesi europei. La presenza di minori è confermata anche da alcune specifiche ricerche condotte sul territorio; una di questeevidenzia che, nelle scuole d’infanzia di Roma e del Lazio, ogni otto studenti uno è risultato immigrato. Da questa indagine è emerso anche che i genitori italiani non vogliono che siano molti i compagni di scuola immigrati del loro figlio: ne accettano un quarto della totalità della classe e vanno in crisi quando si raggiunge il 50%.
Gli studenti stranieri sono il simbolo di una società sempre più aperta e in continua trasformazione. Il ruolo basilare dell’istruzione non si limita solo alle scuole primarie; nel Paese gli iscritti alle Università sono 42.000, con un’incidenza di 2 studenti stranieri ogni 100 universitari italiani. Tale incidenza non è elevata, soprattutto se confrontata con altri paesi: in Gran Bretagna, Austria e Belgio è pari a 12, in Germania a 10, in Svezia e Francia a 8, in Spagna e Stati Uniti a 4. Roma, poi, è un caso eccezionale nel panorama nazionale e mondiale perché, in quanto centro del cattolicesimo, ospita numerose università o facoltà universitarie pontificie. Nella Capitale studiano oltre 14mila studenti stranieri: 10mila nei 24 atenei cattolici (di essi 1.794 sono laici ed i rimanenti sono composti da religiosi e religiose), mentre 4.702 sono iscritti nelle tre università statali (3.231 a “La Sapienza”, 790 a Roma 3 e 681 a Tor Vergata).

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