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[ ANNO II – LUGLIO 2006 – NUMERO 39 ] L’ITALIA? SI GRAZIE!

Oltre il 75% degli italiani è soddisfatto di vivere in Italia, a fronte del 6,7% di insoddisfatti. In particolare il 67,6% degli intervistati sostiene che vivere in Italia è “una fortuna”, il 7,7% che è “più una fortuna che una sfortuna”. All’estremo opposto, il 5% degli interpellati ritiene sia una sfortuna e l’1,7% pensa sia più una sfortuna che una fortuna. Una parte rilevante del campione, il 14,3%, si colloca in una posizione intermedia tra i due estremi non ritenendo né una fortuna né una sfortuna vivere in Italia.
Il piacere di vivere in Italia diminuisce all’aumentare del livello di istruzione: più basso è il titolo di studio posseduto maggiore è la soddisfazione di vivere in Italia. Il 71,9% degli intervistati che è in possesso della licenza elementare ritiene che vivere in Italia sia una fortuna; questa percentuale diminuisce tra coloro che hanno un titolo di studio superiore (68,8%). Si riduce invece al 62,4% tra i laureati e tra quelli che hanno conseguito un master. L’atteggiamento critico di chi ha un elevato grado di istruzione si traduce anche in un alto numero di scontenti. Sommando i laureati che ritengono che vivere in Italia sia “più una sfortuna che una fortuna” con quelli che sostengono sia “una sfortuna” si raggiunge, infatti, il 7,9%. Le persone che hanno conseguito la licenza media sono le meno insoddisfatte: solo il 4,9% reputa una sfortuna o più una sfortuna che una fortuna vivere in Italia, a fronte di oltre il 7% degli altri gruppi. Essi sono, inoltre, quelli che più si posizionano sulla risposta intermedia (né una sfortuna né una fortuna) per il 20,3%.
Rispetto all’appartenenza politica, i più soddisfatti risultano essere gli elettori di centro (per l’87,1% vivere in Italia è “una fortuna” o “più una fortuna che una sfortuna”), che, infatti, non hanno fornito una sola risposta negativa; seguono quelli di destra (86,8%) e di centro-destra (82,8%); quelli di sinistra (76,2%) e quelli di centro-sinistra (71,9%). Questi ultimi sono i più critici e il 7,4% di essi ritiene che vivere in Italia sia una sfortuna, a fronte del 6,7% delle persone legate ad un’ideologia di sinistra.
Condizione professionale. Il 71,4% delle casalinghe afferma che sia una fortuna vivere in Italia; esprimono la stessa convinzione il 71% degli studenti, il 69,3% dei liberi professionisti e commercianti e il 68% dei pensionati. I più insoddisfatti, invece, sono gli operai e i non occupati: rispettivamente il 10% e il 9,7% di essi, infatti, ritiene “una sfortuna” vivere in questo Paese.
Gli italiani più soddisfatti sono elettori di centro e di destra, hanno un livello di istruzione basso e possono decidere almeno in una certa misura come spendere il proprio tempo, grazie alla professione svolta.
Per il 33% del campione le cause della propria soddisfazione risiedono nelle bellezze naturali del Paese, per il 31% nella libertà d’opinione e di espressione e per il 28,9% nella tradizione artistico-culturale. Se solo il 13,9% degli interpellati individuano nella disponibilità e nella simpatia della gente ciò che rende piacevole vivere in questa nazione, il 14,3% indica la buona cucina, il 15,8% il benessere economico e il 16,7% la situazione climatica. La libertà d’opinione e d’espressione è indicata in percentuale elevata dai cittadini di tutti gli orientamenti politici ed in particolare da quelli appartenenti al centro (37,7%), mentre le bellezze naturali vengono indicate con particolare frequenza dagli elettori di centro-sinistra (37,8%) e centro (32,8%). Secondo gli intervistati di destra la maggiore fortuna del vivere in Italia è data dalle tradizioni artistico/culturali (39,7%). Anche gli elettori di sinistra sono di questa opinione e pongono le tradizioni al primo posto nella scala dei piaceri (33,5%). Gli elettori di centro-destra, con una percentuale del 27%, sono quelli che attribuiscono maggiore importanza al benessere economico, seguita da quelli del centro (21,3%).
Per i dirigenti e gli imprenditori la maggiore fortuna del vivere in Italia è la libertà d’opinione e d’espressione (50%), seguita dalla tradizione artistico culturale (44,4%). Le stesse preferenze sono state espresse dai non occupati, sebbene con percentuali differenti: 36,9% a favore della prima motivazione, 35,9% per la seconda. Anche insegnanti e impiegati (34,3%), liberi professionisti, commercianti e lavoratori autonomi (39,8%) attribuiscono primaria importanza alla libertà d’opinione e di espressione, seguita però dalle bellezze naturali (33,9% e 30,7%). Queste ultime sono considerate il più importante pregio del Paese dalle casalinghe (39,1%), mentre gli studenti e gli operai indirizzano le proprie preferenze verso le tradizioni artistico-culturali (rispettivamente 35% e 30%).
I motivi di insoddisfazione. La maggiore sfortuna dell’Italia è la precarietà lavorativa (25,4%), seguita dalla classe politica (21,4%), dalla criminalità (19,6%) e dalla corruzione (18,6%). Nonostante la maggior parte di essi degli italiani si lamenti della precarietà lavorativa, appena il 9,9% ritiene che le condizioni economiche generali siano un elemento negativo. Le prestazioni di welfare, quali la previdenza, la sanità e l’assistenza, sono la principale causa di insoddisfazione nel 15,3% dei casi, mentre il 15% sottolinea una mancanza di senso civico.
La precarietà lavorativa e la corruzione interessano maggiormente le aree dove questi fenomeni sono più diffusi: il Sud e le Isole. Rispettivamente il 32% ed il 38,5% degli intervistati residenti nell’area in questione, infatti, dichiara che vivere in Italia è una sfortuna per la precarietà lavorativa (a fronte del più basso 17,2% degli abitanti del Nord-Est) e rispettivamente il 20,1% e il 25,4% indicano la corruzione quale elemento negativo. Gli abitanti del Nord-Est sono quelli meno preoccupati dalla criminalità (13,7%) e i residenti nel Settentrione sono quelli che esprimono un giudizio più severo nei confronti della classe politica: il 24,7% degli abitanti del Nord-Est e il 25,6% del Nord-Ovest la ritiene la più grande sfortuna per l’Italia. La percentuale di chi cita la precarietà lavorativa, la mancanza di senso civico e le condizioni economiche generali cresce all’aumentare del grado di istruzione dei soggetti. Mentre la precarietà lavorativa viene citata dal 21,6% di coloro che possiedono la licenza elementare, ben il 33,3% dei laureati la indicano come principale fattore negativo. Tale tendenza è ancora più rilevante per l’item “mancanza di senso civico”: soltanto il 3,5% di coloro che hanno conseguito la licenza elementare sceglie questa motivazione, contro il 27,3% dei laureati. Andamento opposto si rileva per la criminalità e le prestazioni di welfare: in questi casi i più sensibili sono gli intervistati in possesso della licenza elementare, che esprimono la loro insoddisfazione rispettivamente nel 29,8% dei casi e nel 19,9%, a fronte del 10,3% e del 10,9% dei laureati.
Insoddisfatti ma legati al proprio Paese. Il 58% degli intervistati alla domanda “andrebbe a vivere in un altro Paese?” risponde negativamente, mentre il 37,8% si dice disposto a farlo. Le donne sono più riluttanti ad emigrare rispetto agli uomini (il 63,5% rifiuta di partire rispetto al 52,1% degli uomini); i giovani sono più disponibili allo spostamento rispetto agli anziani; la predisposizione a vivere in un altro Stato è maggiore in chi possiede un titolo di studio elevato. Oltre la metà dei laureati (55,2%) sarebbero disposti a spostarsi, mentre solo il 14,1% di coloro che hanno la licenza elementare farebbe la stessa scelta. I non occupati e gli studenti sono in gran parte pronti a trasferirsi (rispettivamente il 60,2% e il 64%); le casalinghe, legate alla famiglia, e i pensionati sono le persone più sedentarie (si sposterebbero, rispettivamente, il 23,6% delle prime e il 26,3% dei secondi).
Il paese dove gli italiani si trasferirebbero più volentieri è la Spagna (14,2%), seguito dalla Francia (12%) e dall’Inghilterra (9%). Ottengono un buon gradimento anche la Svizzera (7,8%) e gli Stati Uniti (7,3%); seguiti dalla Germania e dall’Austria, che sarebbero la meta rispettivamente del 3,7% e del 2,8% degli intervistati. Il 2,2% degli italiani, inoltre, sarebbe felice di andare nel continente australiano e l’1,4% in quello africano. Il Nord-Europa è ambito dal 2,5% degli intervistati che, in particolare, andrebbero in Scandinavia (1,5%) e in Svezia (1%). A questi si aggiungono altri 33 paesi, dalle Hawaii all’Iran, dal Togo all’Islanda, dal Canada al Ruanda, che complessivamente riuniscono il 17,5% delle scelte degli intervistati.
La classifica del paese preferito secondo la professione svolta. Il paese che affascina maggiormente i dirigenti, gli organi direttivi e i quadri, nonché gli imprenditori, è la Spagna: il 44,4% di loro ha indicato questa nazione. La Spagna è la meta preferita anche da insegnanti e impiegati (13,3%) e dai non occupati (16,5%). Gli operai (16,3%) e le casalinghe (12,4%), invece, prediligono la Svizzera. Coloro che lavorano in proprio hanno una spiccata preferenza per gli Stati Uniti d’America (17%). Gli studenti sono attratti dall’Inghilterra (25%). La meta scelta dalla maggior parte dei pensionati (16,4%) è, invece, la Francia.
I motivi che spingerebbero a trasferirsi all’estero. La maggior parte degli intervistati si recherebbe in altri paesi perché offrono maggiori opportunità lavorative (25,7%), oppure perché spinti dalla curiosità (22,9%). Il 14,2% degli interpellati ha indicato come motivazione la vivacità culturale e il 13,1% le maggiori opportunità per i figli. Le altre possibilità di risposta – più libertà d’opinione e d’espressione, più sicurezza, minore costo della vita, clima politico migliore, contatto con la natura – si attestano su percentuali molto vicine fra loro. Le persone più sensibili all’offerta di migliori opportunità lavorative sono quelle che si stanno inserendo nel mercato del lavoro. Il 48,6% dei giovani tra i 18 e i 24 anni, infatti, ha scelto questa risposta, a fronte del 15,2% degli ultra 64enni. I giovani, inoltre, dichiarano spesso che andare all’estero potrebbe essere un modo per vivere in un clima culturale vivace (23,8%) e che si trasferirebbero anche spinti dalla curiosità (26,7%). Nessun giovane ritiene che negli altri paesi vi sia una maggiore sicurezza o un miglior contatto con la natura: tale posizione non deve essere confusa con il disinteresse verso questi temi che sono, invece, stati indicati nelle precedenti risposte. Le bellezze naturali, infatti, sono state segnalate come una fortuna dell’Italia dal 24,8% dei ragazzi e la criminalità come un dato negativo dal 22,9%.
Anche gli intervistati tra i 25 e i 34 anni ritengono in percentuale degna di nota (37,3%) che all’estero vi siano più possibilità di lavoro rispetto all’Italia. Questa convinzione è la prima ragione che li spingerebbe a spostarsi; la seconda, con il 29,8% delle preferenze, è la curiosità. Nei soggetti tra i 35 e i 44 anni è proprio la curiosità, insieme alle maggiori opportunità di lavoro, la motivazione più segnalata (19%); questa visione li accomuna alle persone di età compresa tra i 45 e i 64 anni, anche se in questo caso vi è una leggera preferenza per le opportunità occupazionali (22,5%). Soltanto le persone con oltre 64 anni, ossia i pensionati, non hanno come motivazione primaria l’occupazione (15,2%), bensì la curiosità (24,1%).
Emerge quindi l’importanza del fattore occupazionale per tutte le fasce d’età, ad eccezione dei pensionati. I dati indicano, inoltre, che la percezione della presenza di maggiori opportunità lavorative all’estero è abbastanza trasversale agli schieramenti politici; ma sono soprattutto gli elettori di centro-sinistra (33,6%) quelli che andrebbero a vivere in un altro paese mossi principalmente dalle maggiori opportunità lavorative, mentre gli altri elettori individuano più spesso nella curiosità la molla che li spingerebbe a partire. Questa ragione è, infatti, indicata nel 28% delle risposte delle persone che si riconoscono nella sinistra, nel 23% di quelle vicine al centro, nel 26,2% di quelle di centro-destra e nel 27,9% della destra. Il clima culturale vivace è la terza scelta espressa dagli appartenenti al centro-sinistra (20,7%), al centro-destra (13,1%) e alla destra (14,7%). Va infine sottolineato che gli intervistati di sinistra e centro-sinistra citano più spesso della media come motivazione per emigrare all’estero il clima politico migliore (14,6% e 5,1%)e la maggiore libertà di espressione (8,5% e 9,2%).

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