AutilioAlla vigilia della nuova iniziativa in attuazione del Programma Operativo Val d’Agri, voluta dalla Presidenza della Giunta Regionale per domani a Viggiano, sul tema dell’attrazione di investimenti in Basilicata, quale ulteriore occasione per l’area del P.O. Val d’Agri-Melandro-Sauro-Camastra, mi sembra opportuno risollevare la questione del cosiddetto indotto dell’attività petrolifera. Come è noto, l’Eni in Val d’Agri (e a breve accadrà anche per la Total e per altre compagnie nel Sauro-Camastra) per la ricerca e l’estrazione del petrolio si occupa di vari settori di intervento che riguardano principalmente la progettazione civile e industriale, l’ingegneria ambientale, la manutenzione, l’impiantistica, la sicurezza. La Val d’Agri a sua volta è sede di numerose attività imprenditoriali e di servizi nei vari settori dell’attività dell’Eni. Accade però che le imprese e società lucane, specie quelle dotate di esperienza di settore, di personale altamente qualificato, di attrezzature e strumenti di avanguardia, non hanno rapporti convenzionali e di lavoro diretti con l’Eni che continua ad avvalersi della collaborazione di imprese extraregionali. Così, allo stato attuale, tranne qualche rara eccezione, le società e le imprenditorie locali sono tagliate completamente fuori e sono “scavalcate” da grandi società esterne che forniscono i cosiddetti “servizi integrali”. Il sistema, diventato prassi consolidata, prevede quindi che le grandi società, con sedi per lo più a Milano, Ortona, Ravenna, vale a dire negli altri Distretti Eni, si aggiudicano gli appalti per i vari servizi (ingegneria, studi di impatto e fattibilità ambientale, geologia, geotecnica, ecc.) per il Distretto Val d’Agri e successivamente contattano imprese e società locali, tagliate fuori da ogni possibilità di gestione diretta, e affidano loro in subappalto i lavori, imponendo a volte prezzi bassi e costringendo le società locali a lavorare sotto costo e con una tempistica serrata. Un sistema, che approfitta della disponibilità delle nostre imprese e società costrette ad accettare le condizioni imposte pur di lavorare, non più tollerabile perché produce un danno diretto ed indiretto all’economia locale e regionale e riduce fortemente le potenzialità imprenditoriali. Diventa perciò necessario, nell’ambito dell’aggiornamento delle relazioni contrattuali tra Regione ed Eni, introdurre forme e strumenti di tutela dell’imprenditoria e della professionalità tecnico-manageriale locale, non per avere corsie privilegiate ma più semplicemente condizioni concrete di pari opportunità con le altre società extraregionali.

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