Proprio l’approvazione di questa  legge, infatti, può rappresentare concretamente un  passo in avanti lungo la strada della costruzione di una governance plurale, diffusa ed imperniata sul principio della cooperazione tra le autonomie istituzionali, sociali ed  economiche.
Naturalmente, l’edificazione di un nuovo sistema istituzionale nel quale dovranno essere riallocati e redistribuiti i poteri democratici è opera assai difficile da realizzare perché mette in discussione rendite di posizione e poteri consolidati. La riassegnazione di responsabilità e di competenze, invece, è necessario venga accettata come condizione essenziale di sviluppo e non, come purtroppo avviene, percepita come deleteria perdita di prerogative. Questo, forse, riesce a fornire la spiegazione del perché il processo di ripensamento dell’assetto istituzionale continui ad incontrare, anche qui in Basilicata, resistenze e perplessità.  Ciò risulta evidente  nella colpevole lentezza con cui procede l’attuazione delle leggi delega in favore degli enti locali e nelle gravi, quanto ripetute, disattenzioni del Legislatore e del Governo regionale i quali, riguardo a competenze inequivocabilmente delegate alle Province, come formazione e trasporti, non ritengono indispensabile attivare forme di coinvolgimento e condivisione, corollario imprescindibile per la costruzione di quel nuovo modello di democrazia cui si faceva cenno.
Se, dunque, si vuole veramente riprendere con forza e con convinzione il cammino delle riforme è fondamentale fare dell’approvazione della legge sul riordino degli enti il punto di partenza su cui basare un ampio accordo tra le Istituzioni che possa favorire l’autogoverno ed il protagonismo del territorio.
Appare evidente, allora, come uno dei passaggi cruciali debba essere rappresentato dalla discussione sul nuovo Statuto Regionale che, oltre a segnare una svolta nel panorama democratico lucano, avrà ripercussioni importanti sul suo intero assetto istituzionale. E se per questa ragione paiono assolutamente condivisibili gli appelli alla convergenza politica tra le due coalizioni, dalla quale sono derivati e derivano atti degni di apprezzamento, essa da sola non rappresenta, pur nella sua necessità, la condizione sufficiente perché un progetto di riforma così importante possa di fatto realizzarsi.
E’ indispensabile avviare, invece, un confronto stabile tra l’Assemblea Legislativa Regionale e i rappresentanti del vasto e ricco sistema delle autonomie locali, del mondo del lavoro e delle imprese, del mondo delle autonomie funzionali, come l’Università o la Camera di Commercio, degli Organismi di Parità, dell’associazionismo operante nel sociale e dello stesso volontariato. Una collaborazione fra rappresentanti istituzionali e forze della comunità sociale, in sostanza, che sfoci in una  Convenzione sullo stampo di quella proposta dai costituzionalisti Ceccanti e Barbera per le riforme del nostro Paese.
Quale sarà la sintesi a cui giungerà il dibattito sui differenti orientamenti costituzionali del Paese ritengo sia forse prematuro prevederlo, ma non ho dubbi sulla validità e sulla necessità  del modello partecipativo per la vita politica della nostra realtà regionale.
In definitiva, la  riscrittura delle regole e la  riconfigurazione degli assetti e dei poteri democratici della nostra Regione deve essere non solo il  frutto del contributo effettivo di ogni singolo soggetto ma anche il segno di una concezione nuova dell’agire politico, che costituisca il nucleo fondamentale di quel “partito dell’Ulivo” verso il quale è indispensabile tendere senza risparmio e senza indugi, convinti che l’evoluzione ed il progresso di una società si realizzino solo con la condivisione di tutti e di ciascuno delle scelte e delle azioni della politica.

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