La “risoluzione” del braccio di ferro si è avuta ieri pomeriggio a Roma come risultato di sinergie messe in atto dalla sacrosanta mobilitazione dei lavoratori, la voce dei sindacati e dal doveroso impegno delle istituzioni locali. I lavoratori della Nylstar possono quindi tirare un sospiro di sollievo scongiurando battute d’arresto future. Ed è proprio sul fronte della prevenzione e del risanamento che da oggi in avanti si deve seriamente lavorare e discutere, perchè la vicenda Nylstar non è certo la punta di un apice di una precarietà regionale, comunque cavalcante, ma è pur sempre un amaro episodio di incertezza lavorativa.
Or ora con l’attivazione di un Tavolo tecnico è necessaria la riprese delle negoziazioni per ricercare ed individuare delle soluzioni di ripresa e di rilancio della produzione che potrebbero rappresentare una svolta per tutta l’area della Val Basento. Le forze politiche regionali, senza mezzi termini, dovranno ulteriormente dare ascolto e peso alla voce dei lavoratori, essere attenti all’evoluzione di questa ennesima vertenza, in una situazione globale bisognosa di opportunità di sviluppo territoriale, fondamentali per forgiare un piano di produttività competitiva. Se volessimo tracciare un quadro occupazionale regionale presenteremmo certamente una condizione di grave emergenza sociale da contrastare con interventi rapidi e concreti.
La vertenza Nylstar era cominciata nel peggiore dei modi: annuncio improvviso di chiusura dell’azienda da parte della Snia, che aveva deciso di abbandonare l’intera area al proprio titubante destino. Con questo colpo di mano la Snia ha prontamente dimenticato le ingenti risorse pubbliche (poco più di 500milioni di euro) ricevute nei primi anni Novanta dopo la rilevazione degli impianti di produzione fibre dell’Eni. Le ingenti somme cozzano con la situazione attuale e con il numero di posti di lavoro in continua diminuzione: nel giro di pochi anni Nylstar è passata dagli oltre trecento occupati iniziali ad un progressivo assottigliamento di organico che sembrava aver raggiunto il picco tre anni fa con la chiusura dell’impianto Nylstar1 con ben 113 esuberi. Poi, qualche giorno fa, come già detto l’annuncio del disimpegno totale in Valbasento e altri 110 posti di lavoro cancellati.
Si spera che questo “rasserenamento” non sia il solo tentativo di placare gli animi, ma il primo passo per evitare altre fughe dal territorio, altri incentivi all’instabilità produttiva e al precariato galoppante. Non bisogna permettere che le aziende sottopongano i lavoratori e le loro famiglie ai ricatti occupazionali.