Si è conclusa a Napoli l’esposizione delle opere di Giuseppe Antonello Leone, in procinto di trasferirsi in altre città d’Italia, nell’ambito del progetto artistico itinerante della Provincia di Potenza  “Rete della cultura”.
Alle mostra, allestita a cura di Philippe Daverio sulle Terrazze e nella Sala delle prigioni di Castel dell’Ovo, è stato dato per l’occasione il titolo “Il Leone di Napoli”, a voler evidenziare la forte presenza e i legami dell’artista, poeta e meridionalista con questa città.
Città che forse qualche debito aveva e continua comunque ad avere con il maestro campano-lucano che a Napoli ha compiuto i suoi studi ed ha più volte abitato,  fino a stabilirsi,  dopo una lunga ed operosa peregrinazione nelle terre del suo Mezzogiorno,  nell’attuale dimora di Monte di Dio, “caos magnifico  di forme e colori”,  come ha scritto Pietro Gargano  nel raccontare un incontro-intervista con Leone.
Pratola Serra, paese natio, Catanzaro, Montemurro, paese della moglie Maria Padula, anche lei artista e scrittrice, Napoli, Potenza, Salerno, Vietri, sono tra i centri di quel Sud dove Leone ha vissuto la sua prestigiosa esperienza di uomo e di artista, indagandone le ragioni e i motivi di riscatto, anche attraverso i suoi rapporti con altre significative voci del nostro Mezzogiorno, tra le quali quelle di Rocco Scotellaro, Manlio Rossi-Doria, , Emilio Sereni, Tommaso Pedio.
La permanenza a Napoli, all’epoca in cui Leone era direttore dell’Istituto d’Arte ora intitolato ad Umberto Boccioni,  è stata ricordata da Franco Lista nel corso di un significativo brindisi a Castel dell’Ovo, nell’imminenza della chiusura della mostra lì realizzata con il patrocinio del Comune di Napoli.
Lista, che è stato uno dei docenti dell’Istituto diretto da Leone, ha ricordato affettuosamente il contattto con il preside di allora e la sua costante attenzione nel cogliere, anche in elementi apparentemente insignificanti della comune esperienza quotidiana, i segni che possono essere rilevati o impressi dalla fantasia e dall’immaginazione.
“Mai alla scrivania della presidenza!” ha simpaticamente interloquito il Maestro, quasi a sottolineare una funzione che non poteva non andare oltre l’interpretazione burocratica del compito, con una espressione che oggi potrebbe intitolare uno dei manuali ad uso di dirigenti scolastici aspiranti promotori di impegno professionale e culturale.
La ricerca di risignificazione è l’intento con il quale Giuseppe Antonello Leone si accosta a materiali ed oggetti umili, magari gettati o precocemente esclusi dall’uso in una esistenza di uomini-consumatori sempre più priva di senso.
L’azione di Leone sulle forme e sulle strutture di questi oggetti è finalizzata sorprendentemente a trasfigurarli e a riscattarli  dalla distrazione e dall’abbandono, estraendone nuovi significati e possibilità di lettura che l’artista-poeta socraticamente ritiene già contenuti in essi e in attesa di essere manifestati e nobilitati dall’intervento e dalla presenza dell’uomo.
Graffiando, eliminando, ritoccando, aggiungendo, forme e colori resuscitano e risuscitano nuove sensazioni ed emozioni nell’osservatore,  chiamato, attraverso l’esperienza di fruizione delle opere,  a riappropriarsi del gusto di guardare la realtà oltre ogni abituale e fuggevole immediatezza.
I partecipanti all’incontro di Castel dell’Ovo, animato oltre che da Franco Lista e da Elena Saponaro, da Maurizio Vitello che Leone ha ringraziato per il costante impegno, hanno avuto la fortuna di verificare le possibilità di affabulazione dell’opera di Leone che ha intrattenuto i visitatori, riscontrandone con cordiale disponibilità richieste di chiarimenti sulle modalità di scoperta-esecuzione e sulle possibili letture.
Alcuni tra i presenti hanno premurosamente raccolto e consegnato all’Artista i tappi  dello spumante scappati via in occasione del brindisi per la chiusura della mostra e per l’imminente 89° compleanno di Leone. Non solo per osservare il consueto rituale che li vuole salvi, ma – ha affettuosamente aggiunto qualcuno – anche perché, trattandosi di Giuseppe Antonello Leone, non si può mai sapere cosa sarebbe capace di tirarne fuori.

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