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[ ANNO II – GIUGNO 2006 – NUMERO 31 ] UNA STORIA DIMENTICATA: PORTO TORRES

La situazione lavorativa a Porto Torres è stata caratterizzata negli ultimi decenni da notevoli perdite di occupazione nel settore trainante dell’economia, l’industria, non sempre compensate da un aumento di occupati in ambiti diversi. Qui, come in molte altre parti d’Italia, è aumentato il numero di addetti ai servizi, ma per lo più sotto forma di lavoro a tempo determinato. Inoltre un fenomeno rilevante è rappresentato dall’estrema parcellizzazione delle attività produttive: infatti mentre da un lato si registra un incremento delle Unità locali, dall’altro diminuisce il numero degli occupati. Per quanto concerne l’industria, si rileva il progressivo aumento delle Unità locali e, dunque, una frammentazione del mercato, caratterizzato dalla nascita di sempre nuove imprese, ma a fronte di un andamento complessivo del numero degli addetti inferiore. Dopo una impennata nel decennio 1961-71 e una stasi nel periodo 1971-81, si assiste al forte decremento del numero degli addetti negli ultimi due decenni. Gli altri settori, invece, registrano un andamento più regolare con un aumento parallelo di addetti e Unità locali. Nel complesso si direbbe che l’aumento della popolazione attiva è stato assorbito in larga misura dall’industria nell’arco di tempo compreso tra il 1961 e il 1981, in cui si registra un parallelo abbandono della campagna. Ai primi segnali di crisi del settore, la manodopera non impiegata nell’industria si concentra per lo più negli altri settori economici che, non a caso, nel decennio 1971-81, registrano un aumento più sensibile del numero di addetti rispetto ai periodi precedenti. Nel corso dell’ultimo decennio il forte calo registrato dall’industria non è compensato dalla crescita negli altri settori e il computo globale degli occupati cala drasticamente da 8.918 a 8.058 a fronte, peraltro, di un aumento costante delle Unità locali. Ciò indica, dunque, una progressiva frammentazione del mercato delle imprese che aumentano numericamente, ma impiegano un numero meno cospicuo di persone. Nello studio citato precedentemente si legge che: «Complessivamente, nel decennio 1991-2001, Porto Torres ha registrato una diminuzione degli addetti pari al 9,6%, da 8.918 del 1991 a 8.058 del 2001, mentre nella provincia di Sassari (2001), nello stesso periodo, il numero degli addetti è salito del 4,2% e nella regione del 5%». La crisi occupazionale e il calo degli addetti si sono verificati soprattutto nel settore dell’industria, in particolare in quello legato alla chimica: a questo proposito Eugenio Cossu, ex sindaco di Porto Torres e primo Presidente del Parco Nazionale dell’Asinara, afferma che: «Nel territorio comunale l’area occupata da impianti chimici occupa circa 1.500 ettari con un numero di addetti pari a 1.200 occupati circa, cioè un occupato ad ettaro».
Nonostante ciò, la struttura professionale a Porto Torres risente fortemente del passato industriale. Dal confronto con i dati dell’ambito provinciale, regionale e nazionale, si nota la sproporzione di quello comunale, rispetto agli altri valori, per quanto concerne l’agricoltura che presenta una percentuale sempre bassa, soprattutto in relazione al dato regionale. La presenza di popolazione destinata al settore dell’industria, invece, è fortemente sbilanciata – come si poteva prevedere – rispetto al resto della Sardegna mentre, rispetto al dato nazionale, presenta differenze meno significative, anche se di un certo rilievo. Infine, il dato che interessa le “altre attività” presenta forti differenze rispetto al territorio provinciale e regionale, mentre si avvicina al dato nazionale. In definitiva, si può affermare che il Comune di Porto Torres presenta una struttura delle professionalità presenti sul territorio fortemente differenziata rispetto al territorio che lo circonda nell’immediato (Provincia e Regione), mentre presenta differenze meno significative rispetto al territorio nazionale. Peraltro, questa annotazione deve essere relativizzata alla luce dell’ampiezza e dell’eterogeneità delle categorie adottate, in particolare per quanto riguarda la voce “altre attività” che costituisce nei quattro casi presi in considerazione sempre più della metà dei valori complessivi, e che avrebbe bisogno di un maggior livello di specificazione. Il dato relativo alla condizione lavorativa nel 2001, comparato con la situazione provinciale, regionale e nazionale, rafforza il quadro preoccupante che emerge sull’andamento del mercato del lavoro nel territorio di Porto Torres nel periodo compreso tra il 1961 e il 1991. Esso è ancor più significativo se disaggregato rispetto ai tassi di disoccupazione generale e giovanile. Nell’ambito di una situazione generale già molto critica rispetto alle altre aree geografiche prese in considerazione, le categorie più svantaggiate sono le donne e i giovani. Bisogna sottolineare peraltro che il tasso di disoccupazione a Porto Torres, nel decennio 1981-1991, è salito da 18,5 a 24,6. In definitiva, dalla lettura complessiva dei dati si nota che il processo di industrializzazione ha provocato profondi mutamenti nel tessuto socio-economico di Porto Torres, ma ad esso non si è accompagnato uno sviluppo complessivo del mercato del lavoro che, anzi, subisce pesantemente gli effetti negativi della monocultura industriale poiché riesce a reinvestirsi solo parzialmente negli altri ambiti produttivi, che seguono l’andamento del settore di attività trainante (l’industria) e non sono in grado, da soli, di riassorbire l’eccesso di manodopera. Pertanto l’industrializzazione si è rivelata un fenomeno limitato nel tempo che non ha creato le condizioni necessarie per lo sviluppo del territorio. A questo proposito i dati riferiti ai diversi settori industriali mostrano chiaramente il perdurare della crisi di Porto Torres. Le forti perdite, relative peraltro solo agli ultimi due decenni del censimento, non sono state compensate all’interno del comparto industriale da altre attività, per cui gli spazi occupati dall’industria chimica sono rimasti per la maggior parte vuoti e con essi sono stati abbandonati sul territorio i rifiuti che la chimica ha prodotto negli anni, creando una situazione ambientale che preoccupa ancor oggi sia gli Amministratori locali che la popolazione.
La situazione dell’area industriale di Porto Torres. Come si è già rilevato precedentemente, nell’area di Porto Torres permangono diverse attività industriali di fatto dismesse ma mai realmente bonificate. Questa situazione ha portato la Regione autonoma della Sardegna, l’Assessorato della difesa dell’ambiente, il Servizio gestione rifiuti e bonifica siti inquinati e il Settore bonifica siti inquinati, a produrre un dossier apposito per il Comune. Di questi siti molti sono considerati a rischio di incidente rilevante, e di conseguenza pericolosi per la salute delle popolazioni. Oltre ai siti, nell’area industriale di Porto Torres sono presenti alcune discariche, autorizzate e non, che contengono materiali tendenzialmente molto pericolosi. In particolare, nell’area gestita dalla Syndial (ex Enichem), vi sono rifiuti che risalgono agli anni Settanta e Ottanta. In presenza di questo potenziale tossico e nocivo che risale ormai a più di trenta anni or sono, gli unici finanziamenti per la bonifica dei siti industriali e delle discariche associate sono stati effettuati dalla Regione, almeno fino al 2002, come risulta dal dossier dell’Assessorato all’Ambiente: «Gli unici finanziamenti concessi per il risanamento di aree industriali fanno capo alla legge regionale 20 aprile 2000, n.4 che ha previsto lo stanziamento tra l’altro di lire 5.300 milioni per interventi specifici di recupero e valorizzazione ambientale, destinati ad interventi straordinari per il risanamento di fenomeni di inquinamento in atto nell’area industriale di Porto Torres e nel Golfo dell’Asinara e un finanziamento a valere sulle risorse comunitarie del POR 2000-2006». A questo punto bisogna chiedersi: quale è e quale sarà il prezzo che le popolazioni dovranno ancora pagare in futuro per il relativo benessere portato dalla chimica a Porto Torres? È pensabile in uno stato di diritto che gli organi centrali dello Stato, pur avendo liquidato i privati che hanno investito su Porto Torres, non sentano l’obbligo di restituire oggi a quel territorio le opportunità che la stessa chimica di fatto ha tolto? A queste domande molti cittadini diedero una risposta tra il 1996 e il 1998. In quel periodo l’Enea, su incarico dell’allora Ministro della Ricerca Berlinguer, eseguì sul Comune di Porto Torres un lungo studio di valutazione socio-economica e ambientale per studiare la possibilità che il Comune ospitasse il reattore sperimentale per la fusione termonucleare chiamato ITER al fine di produrre energia elettrica con questa nuova fonte. Tale indagine, svolta in collaborazione con l’Università di Sassari grazie ad un finanziamento Euratom, voleva verificare la disponibilità della popolazione ad ospitare l’impianto. Ebbero luogo circa 40 incontri con i cittadini e i loro rappresentanti, furono svolte sul territorio diverse attività di partecipazione del cittadino, infine con il sistema GIS furono individuate anche le aree sulle quali dovevano sorgere gli impianti mentre l’Unione europea espresse la propria disponibilità a risanare l’area inquinata dalla chimica. Rappresentanti della popolazione di Porto Torres effettuarono un viaggio in Inghilterra per visitare il JET (Joint European Torus) ovvero il reattore sperimentale per la fusione più avanzato in Europa e, dopo aver parlato con le autorità locali inglesi che ospitavano l’impianto, decisero in una successiva riunione di accettare l’impianto sul proprio territorio, ritenendo non solo che non fosse pericoloso ma anche che esso ben si conciliava con la presenza del costituendo Parco dell’Asinara, essendo la fusione una fonte rinnovabile. Pochi giorni prima che l’Enea consegnasse la ricerca alla Unione europea, il Governo italiano decise di ritirare, per motivi che nessuno sinora conosce, la candidatura ad ITER, che oggi si sta realizzando a Cadarache in Francia. Vi furono diversi tentativi dell’allora Sindaco Cossu di contattare il Ministro Moratti, che nel frattempo aveva sostituito con il nuovo governo il Ministro Zecchino, ma egli non riuscì nemmeno a esporre le proprie ragioni. Quando gli abitanti di Porto Torres avevano deciso del loro sviluppo in modo autonomo e partecipato, lo Stato centrale, che per anni aveva imposto un modello di sviluppo estraneo alla realtà del territorio, fallì nel suo compito di ascolto. Questa situazione generò enormi conflitti, che si sono regolarmente verificati negli anni e che hanno ruotato intorno a due questioni principali: la centrale di Fiumesanto e la chimica.