L’Italia è considerata all’interno del Mediterraneo come una delle zone a maggior rischio di catastrofe naturale per la presenza di faglie, vulcani, territori montani e aree alluvionali. Nonostante ciò, è questione non ancora risolta la cattiva gestione del territorio, che consente a parità di magnitudo di un terremoto in Italia e in Giappone, di provocare tremila morti in Italia e cinque feriti in Giappone. L’insieme di questo “sistema fragile”, per altro con una alta densità di popolazione, comprende gran parte del patrimonio culturale mondiale, che in quanto tale non può essere considerato di esclusiva proprietà nazionale. Secondo le stime dell’Unesco, infatti, l’Italia possiede fra il 60 e il 70 per cento dei beni culturali mondiali. Nel corso degli ultimi decenni l’impatto delle catastrofi naturali è sicuramente aumentato. Una delle cause è la crescita della popolazione e la conseguente urbanizzazione di aree a rischio. In Italia la popolazione è passata da 13 milioni nel 1700, ai 34 milioni dell’inizio del secolo fino agli attuali 57 milioni. Peraltro, se dal 1950 al 1980 la popolazione è mediamente aumentata del 19%, nelle aree urbane l’aumento ha raggiunto il 63%. Il dissesto idrogeologico del nostro Paese ha causato, solo nell’ultimo secolo, più di 12.000 morti, 350.000 senzatetto, decine di milioni di abitazioni e ponti distrutti, centinaia di chilometri di strade e ferrovie danneggiate. Poiché l’antropizzazione di molte valli solcate da corsi d’acqua è stata, oltre che crescente, intensa e continua in diverse epoche storiche, le aree a rischio di esondazione rivestono di sovente un’importanza culturale e sociale oltre che economica. Per quanto concerne lo stato di rischio del patrimonio culturale presente nei centri storici, è emblematico il caso dell’alluvione di Firenze del 1966.
La salvaguardia dei beni culturali dalle catastrofi naturali. Il programma: “Catastrofi naturali e le loro conseguenze sul patrimonio culturale ed ambientale italiano. Mitigazione e previsione di alcune tipologie di eventi” è stato sviluppato nell’ambito dell’Accordo di Programma Enea-Miur (settore ambiente) e finanziato con la legge 95/1995. L’Enea, oltre a partecipare alle attività tecnico-scientifiche, ha svolto un ruolo di coordinamento. Il programma ha come obiettivo lo sviluppo di nuove tecnologie e metodologie per la tutela dei beni culturali da danni provocati a seguito di catastrofi. Il programma è realizzato su due linee di attività: la linea A che presta particolare attenzione agli aspetti di tipo sismico geologico; la linea B che si rivolge agli aspetti di tipo ideologico-atmosferico. L’originalità ed il valore dei risultati sono ravvisabili nella capacità di aver saputo riunire in un unico progetto esperti che operano in settori diversi (quello delle calamità naturali e quello della conservazione e del restauro dei beni culturali), con l’obiettivo di mettere a punto le “Linee guida per la salvaguardia dei beni culturali dalle catastrofi naturali”. Le linee guida sono state suddivise in cinque fascicoli.
Fascicolo 1: Linee guida per la ricerca di informazioni storico-ambientali. L’utilizzo di dati e documenti storici, nell’ambito delle problematiche connesse ai disastri naturali, ha assunto un ruolo determinante, soprattutto in riferimento a dissesti, sia di natura endogena che di natura esogena, avvenuti in epoche lontane. Gli obiettivi della ricerca storica nel campo della mitigazione degli effetti di eventi naturali estremi, con particolare attenzione alla salvaguardia del patrimonio culturale, possono essere sintetizzati in due filoni principali di ricerca. Analisi di pericolosità: ricostruzione degli scenari di danneggiamento per eventi del passato mediante la raccolta di informazioni sul livello e sulla distribuzione areale dei risentimenti. Analisi di vulnerabilità: ricostruzione della storia architettonico-strutturale degli elementi oggetto di analisi di rischio. La ricerca viene focalizzata su specifici elementi architettonici o urbanistici per i quali si cercano tutte le informazioni relative alle caratteristiche tecnico-strutturali e ai danneggiamenti subiti dalle strutture nel passato.
Fascicolo 2: Procedure per la valutazione della pericolosità e del rischio da frana. Un adeguato sistema di classificazione delle frane deve essere basato su parametri peculiari direttamente osservabili o misurabili e, allo stesso tempo, deve rispondere a requisiti di unicità, razionalità, omogeneità e facilità di applicazione. La pericolosità equivale alla probabilità che un fenomeno potenzialmente distruttivo di determinata intensità si verifichi in un dato tempo ed in una data area. La determinazione del rischio, ovvero del “danno atteso”, prevede la parametrizzazione e la combinazione di una serie di fattori di natura socio-economica e geologico-ambientale, la cui valutazione richiede spesso l’interazione di diverse professionalità e competenze (geologi, ingegneri, archeologici, storici dell’arte, architetti, etc.). Le tre diverse componenti del rischio (pericolosità, vulnerabilità e indice di esposizione degli elementi a rischio) possono pertanto essere determinate con un diverso grado di dettaglio a seconda delle competenze degli operatori e delle informazioni ottenibili sul territorio. In alcuni casi può essere necessario limitarsi ad una sintesi parziale delle informazioni valutando, anziché il rischio totale, il rischio specifico. La determinazione del rischio specifico è particolarmente importante in quanto permette di stimare le conseguenze dei fenomeni franosi indipendentemente dal numero e dal valore economico degli elementi a rischio. Nell’ambito della valutazione del rischio è di fondamentale importanza la definizione delle soglie di “rischio accettabile” che permettono l’interpretazione critica dei risultati finali delle attività di previsione (calcolo del rischio, zonazione) e consentono di individuare le priorità di intervento e di scegliere le misure di prevenzione.
Fascicolo 3: Protezione dei beni culturali dal rischio sismico. Uno dei fattori più importanti ai fini della vulnerabilità del patrimonio architettonico storico-artistico è costituito dallo stato di conservazione e di integrità del bene, sia dal punto di vista della manutenzione che dal punto di vista del danno pregresso (lesioni o deformazioni) a causa di eventi sismici, cedimenti o per effetto dei soli carichi in condizioni statiche. La pericolosità sismica di un dato sito si può definire come una misura dell’entità del fenomeno sismico atteso nel sito stesso in un assegnato periodo di tempo: essa è quindi una caratteristica del territorio, indipendente dai beni e dalle attività umane eventualmente presenti su di esso. La stima del rischio sismico dei beni monumentali è il prodotto delle seguenti componenti: pericolosità dell’area in cui sorge il sito, espressa tramite una grandezza caratteristica; eventuale incremento della grandezza caratteristica per effetti di amplificazione locale; vulnerabilità del bene; valore. La mitigazione del rischio dei beni monumentali è il complesso delle azioni da intraprendere per ridurre al minimo le perdite a seguito di un evento sismico. La pericolosità evidentemente non può essere ridotta, se non con interventi di isolamento alla base che riducano o modifichino sensibilmente l’input sismico, quindi si tratta di accrescere la capacità di previsione piuttosto che di prevenzione degli effetti attesi. Per ottenere stime di pericolosità a livello locale può essere notevolmente migliorata, rispetto allo stato attuale, la conoscenza dei singoli siti sui cui sorgono i beni, con indagini di tipo geomorfologico e geofisico. La conoscenza geologica del sito consente inoltre la verifica della stabilità dei versanti, in relazione all’evento sismico. La vulnerabilità è la componente del rischio che può essere ridotta con azioni di tipo preventivo: occorre approfondire molto la conoscenza dei possibili meccanismi di danno, per tipologie omogenee di beni e gli studi di interazione suolo-struttura. Occorre anche adottare tecniche di miglioramento sismico che non comportino costi elevati, preferibilmente con interventi molto conservativi, limitando l’inserimento di nuovi elementi strutturali e di nuovi materiali.
Fascicolo 4: Linee guida per la sicurezza sismica e il controllo dei versanti instabili. Sistemi di sorveglianza automatici e manuali. Questo fascicolo si configura come una sintesi delle conoscenze di base riguardanti le metodologie e gli strumenti tecnici di indagine e di controllo applicabili alle situazioni di monitoraggio di versanti instabili e alla prevenzione del rischio sismico. È stato concepito per un’utilizzazione diretta da parte degli operatori delle Soprintendenze ai beni ambientali, archeologici, architettonici, artistici, monumentali, storici e culturali. Gli operatori di questo settore, nello svolgimento delle loro funzioni istituzionali, possono trovarsi di fronte a situazioni nelle quali la conservazione dei beni in questione, in presenza di fattori geologici e geomorfologici sfavorevoli, sia minacciata da movimenti tellurici e/o altri fenomeni (naturali e/o provocati da attività umane) di instabilità che coinvolgono il sito dove il bene è ubicato. Considerato che il patrimonio storico-artistico nazionale è vastissimo e che le situazioni sopra accennate sono tutt’altro che infrequenti, si è voluto anche fornire agli operatori del settore uno strumento utile per un approccio alle tecniche attualmente disponibili per affrontare tali problemi. Pertanto, vengono proposte alcune tecniche e metodologie tra le più importanti per acquisire e/o ampliare conoscenze relative alla natura geologica del sottosuolo. Si descrivono le caratteristiche generali di un sistema di monitoraggio, viene presentata la strumentazione più frequentemente utilizzata nel controllo dei versanti instabili, classificando gli strumenti sulla base dei parametri misurati (spostamenti superficiali, spostamenti profondi, pressioni interstiziali, parametri idrometeorologici), con estesi riferimenti al principio di funzionamento.
Fascicolo 5: Procedure per la valutazione del danno e della pericolosità idraulica. In questo fascicolo si illustra l’approccio metodologico proposto per la valutazione del livello di rischio idraulico cui sono soggette aree inondabili per eventi di piena fluviale, rigurgiti, ristagni idraulici e stati di marea sedi di attività antropiche, servizi e beni di tipo storico, artistico, archeologico ed ambientale di particolare pregio. Vengono indicate, all’attuale stato dell’arte, le procedure di simulazione idrologica ed idraulica più adeguate allo scopo. Sono quattro le sezioni che semplificano la sequenza metodologica per valutare il danno associato a fenomeni di inondazione: fase conoscitiva, fase d’analisi, fase interpretativa e fase restitutiva.

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