Cani vip e cani di strada: i numeri.
Secondo la quarta edizione del Rapporto LAV (Lega Anti Vivisezione) gli animali presenti su tutto il territorio italiano sono circa 600 milioni.
Molti sono quelli esotici (500mila), tra cui 1 milione di tartarughe di acqua dolce, 40mila tra iguane e serpenti, 20mila pappagalli ed addirittura 3mila tra leoni e pantere. A questi si aggiungono i circa 30mila presenti negli zoo e negli acquari ed i 3mila nei 150 circhi. Nel giro di 5 anni si è riscontrata una crescita di ben 2 milioni di animali presenti nelle case italiane, raggiungendo così la cifra di 45,5 milioni. Tra questi il primato spetta ai pesci d’acquario, che raggiungono i 16 milioni di presenze tra le quattro mura, seguiti dai 12 milioni di uccelli, 7 milioni e mezzo di gatti e 7 milioni di cani.
Secondo una ricerca Vimax, ogni anno gli italiani spendono circa 2 milioni di euro per i loro amici animali, di cui 1,128 milioni per l’alimentazione, 447mila euro per vendita di animali vivi, visite veterinarie, assicurazioni ed altri tipi di servizi e ben 442mila euro per accessori, prodotti igienici e medicinali.
La maggior parte degli animali che vivono in casa sono sicuramente amati e coccolati ma molto spesso pure viziati e ritenuti, pertanto, un notevole business per tutte quelle imprese che hanno investito “nel mondo pet”. Un esempio è l’Aracaplanet, la catena di supermercati per la distribuzione e la vendita di prodotti per gli animali. Nata nel 1995 è in continua espansione sul territorio italiano: dall’anno della sua nascita sono state aperte 14 sedi ed il fatturato ha raggiunto, nel 2004, i 7,3 milioni di euro. I prodotti alimentari per gli animali rappresentano circa il 40% dei ricavi, il restante è suddiviso tra accessori, prodotti per l’igiene, ornitologia e diete. Il giro d’affari che ruota intorno agli animali non riguarda solo il cibo e gli accessori, ma anche una serie di agevolazioni e di altre stravaganti invenzioni realizzate appositamente per questi ultimi e a cui i loro padroni non possono rinunciare. La Lega Anti Vivizionista fornisce alcuni dati relativi alle iniziative del 2004 in favore degli animali: rispetto al 2003 è più che raddoppiato (da 28 a 66 nel 2004) il numero di spiagge, libere e non, destinate ai cani; sono più di cinquecento le strutture di accoglienza specifiche per animali; è stato eliminato il divieto all’ingresso di animali da 2.730 hotel e da 750 agriturismo.
Sempre secondo la LAV, nel 2004 sono all’incirca 660.517 i cani e 1.300.000 i gatti randagi in Italia; 440.433.442 animali allevati a scopo alimentare, tra cui un numero elevato di pulcini maschi (di razza ovaiola) e di bufalini maschi eliminati alla nascita perché inutili; 250.000 quelli allevati per la loro pelliccia; 100 milioni gli animali cacciati e 905.603 quelli torturati a fini sperimentali. Il gran numero di animali presenti nelle case degli italiani non è sempre sinonimo di tutela e di responsabilità nei loro confronti, basti pensare al gran numero di animali abbandonati sulle strade che, secondo stime per il 2005, ammonterebbero a 100mila cani e 50mila gatti.
Dai dati in possesso dell’Enpa si rileva che su un totale di soli 160 casi accertati, il picco più alto di abbandoni (tra i 20 e i 35) si verifica nel periodo compreso tra luglio e settembre, ossia quando in televisione, sui giornali, nelle radio e nelle strade imperversano campagne di sensibilizzazione che spingono l’opinione pubblica a denunciare l’accaduto. Il fenomeno, tuttavia, è presente tutto l’anno, basti pensare ai 19 casi del mese di novembre, in concomitanza con la chiusura della stagione della caccia, ma non solo. L’abbandono, qualunque sia il motivo che lo genera, comporta non solo un pericolo di vita per l’animale che lo subisce, ma anche per i tanti automobilisti che spesso si trovano coinvolti in incidenti stradali causati da bestie disorientate vaganti per le strade. Tuttavia, considerata la riduzione di questo tipo di incidenti di circa il 42%, sembra che gli abbandoni avvengano non più in autostrada, ma in strade di periferia o direttamente davanti ai centri di accoglienza per animali. Un dato confortante, però, all’indomani dell’estate del 2005 è stato quello relativo alle adozioni effettuate nelle dieci strutture gestite dall’Ufficio Diritti degli animali del Comune di Roma: il numero di adozioni in famiglia (168) ha superato quello degli animali abbandonati (157).
Scambio di affetto tra uomini e animali: la pet-therapy.
Gli animali domestici, secondo il sociologo Mario Abis, Presidente della Makno Ricerca di Milano, sopperiscono a quattro bisogni fondamentali dell’uomo: sensibilità, silenzio, sicurezza e stabilità, che sono alla base della “teoria delle quattro S”.
Gli animali interagendo con l’uomo-paziente, attraverso uno scambio reciproco di emozioni e stimoli, assumono il ruolo delicato e difficile di co-terapeuta e in quanto tali devono soddisfare determinati requisiti: devono essere intelligenti e docili, addestrati e non devono farsi condizionare dalle tensioni esterne. Ogni tipo di attività di pet-therapy, dunque, è frutto del lavoro congiunto di diverse figure professionali tra cui medici, psicologi, veterinari, etologi, addestratori. Questo team di professionisti ha il compito di progettare, valutare e svolgere, in piena sintonia, le terapie da attuare relativamente ai casi clinici (e non), senza che il lavoro di uno escluda quello dell’altro. L’animale, opportunamente scelto attraverso il superamento di diversi test che ne misurino le capacità relazionali e comportamentali, deve essere affiancato da un accompagnatore. Affinché il risultato della pet-therapy sia positivo è necessario che il cane, il gatto o qualsiasi altro animale, sia idoneo e rappresenti un libro aperto per colui che lo accompagnerà in questa esperienza. Non basta, dunque, affiancare un animale ad una persona malata per vederne migliorare la vita. La coppia che si crea deve subito superare un esame, da ripetere ogni due anni, per stabilire il grado di obbedienza dell’animale ma anche il grado di affinità che lega i due esseri.
Si decide di affiancare l’uno o l’altro animale non arbitrariamente, ma soprattutto in base alle esigenze psico-fisiche del paziente. Per esempio per aiutare i bambini autistici, Down o bambini e adulti con gravi difficoltà motorie e comportamentali sono spesso impiegati i cavalli, mentre per la depressione e per i disturbi della comunicazione sono molto utili i delfini. L’osservazione dei pesci di un acquario costituisce un ottimo antistress mentre la cura di un coniglio o di un criceto è un valido supporto psicologico in una fase di crescita più difficile. Infine si sceglie il gatto, autonomo ed indipendente, per gli anziani o per quelle persone che sono impossibilitate negli spostamenti. L’animale più duttile è quello storicamente più vicino all’uomo: il cane. È frequentemente impiegato come co-terapeuta in diverse situazioni di handicap, in quanto non riconoscendo l’incapacità fisica e/o psichica delle persone come un difetto, riesce sempre ad interagire con esse. Il cane non giudica, non critica, accetta come normali tutti quei comportamenti che all’occhio umano possano non risultare tali e che, dunque, generano distanza. È spesso affiancato ai bambini, con i quali sembra si crei un rapporto simbiotico, che non necessita di tante parole.
La crudeltà umana all’indomani della legge n.189 del 2004.
Il 1° agosto del 2004 è entrata in vigore la legge 189, che ha trasformato i reati contro gli animali in veri e propri delitti con conseguenze legali per chi li compie. Questo nuovo strumento legale, nonostante tutte le imperfezioni di una legge ancora giovane, sembra aver fortificato la coscienza di tutti coloro che, impotenti fin ad oggi, non avevano nessuna arma che potesse effettivamente aiutare gli animali indifesi.
Secondo il primo rapporto dell’Enpa sui reati contro gli animali, il numero di casi di maltrattamento, accertati nei sei mesi successivi all’emanazione della legge, si è quasi raddoppiato rispetto al precedente semestre: da 373 a 693, per un totale di 1.066 casi nel 2004. Tante sono state le denunce presentate, per l’esattezza 762, e molti i casi non formalmente denunciati, ma ancor più sono stati i reati commessi ma non evidenziati o non denunciati.
Volendo stilare una classifica regionale, la percentuale più alta di casi di maltrattamenti accertati si riscontra in Lombardia (12,9%) e in generale in gran parte delle regioni del Nord Italia (11,7% in Emilia Romagna; 8,8% in Veneto e 6,7% in Liguria), al contrario valori più bassi sono presenti nelle regioni del Sud.
Tra i 1.066 reati accertati, ammonta a 72.812 il numero di animali maltrattati e di questi 40.810 non riescono a sopravvivere. Le specie più colpite sono gli uccelli, che contano ben 43.447 vittime, seguiti dai mammiferi (7.450) e dai pesci (5.452). I reati commessi variano a seconda della specie animale. L’alto numero di vittime tra gli uccelli (tra cui si distinguono ben 16.206 galline ovaiole, 3.779 tortore, 2.669 quaglie, 1.533 germani reali, 1.288 cardellini, 1.214 fagiani e 1.178 allodole) deriva dalla violazione di norme che regolano la caccia. Il più delle volte, infatti, gli animali sono cacciati in luoghi, circostanze e tempi non riconosciuti dalla legge. Per i pesci e i mammiferi, esclusi gli animali domestici, i reati riguardano la violazione di leggi sulla pesca, sugli allevamenti e sul benessere durante il trasporto. I cani e gatti, invece, sono vittime di maltrattamenti, abbandoni e avvelenamenti. Dei 4.402 cani e dei 1.064 gatti vittime di ignobili crudeltà, ne sono morti rispettivamente 691 e 623 dopo atroci sofferenze.