La violenza negli stadi: alcuni numeri. La giornata di campionato è un grande evento popolare che si svolge in oltre 7.000 impianti sportivi, con la partecipazione di quasi 20.000.000 di spettatori di cui circa 1.000.000 ospiti provenienti da altre città che si riversano su strade, autostrade e stazioni ferroviarie. I motivi principali degli incidenti, registrati nelle prime 20 giornate del campionato scorso, sono riconducibili per il 43% a scontri tra opposte tifoserie, per un altro 43% a scontri con le Forze di polizia, infine il residuo è ripartito tra contestazioni tra le società sportive (11%) e le contestazioni alle decisioni arbitrali (3%).
Per ciò che concerne i principali motivi degli arresti in flagranza, la casistica più frequente dei reati che determinano i provvedimenti restrittivi è riconducibile ai danneggiamenti ai beni e alle strutture e lesioni alle persone (69%); seguono lancio di corpi contundenti (23%), violazione del divieto di accesso ai campi sportivi (2%) e altri reati (6%). In generale il fenomeno della violenza negli stadi registra una flessione. Infatti, nel campionato di calcio 2003/2004 i tifosi rimasti feriti sono diminuiti del 40% passando dai 473 del campionato precedente ai 282. Sono stati di meno, anche se in percentuale più bassa (25%), pure i poliziotti feriti durante le partite: 931 contro i 1.240 dell’anno 2002/2003. Sembra essere migliorato il clima di tensione tra gli ultràs e i rappresentanti delle Forze dell’ordine. Gli arresti sono rimasti pressoché invariati (335 nell’ultimo campionato e 336 nel precedente) e le denunce sono calate del 3% (da 1.731 a 1.330). Questi dati sono ancora più significativi se si considera che gli spettatori che hanno assistito alle 5.724 partite sono stati quasi 20 milioni. Le nuove norme di contrasto e soprattutto la possibilità di procedere all’arresto dei colpevoli fino a 36 ore dal fatto hanno indubbiamente ottenuto un forte effetto deterrente, colpito i facinorosi e contribuito alla diminuzione degli incidenti. Nella stagione 2003/2004, gli incidenti sono principalmente riconducibili all’esterno dello stadio (69%) e in misura decisamente inferiore all’interno (21%) e durante la trasferta (10%). I momenti più sensibili degli incontri di calcio si registrano nelle fasi di afflusso e deflusso degli spettatori dal luogo di organizzazione, è qui che si verificano le occasioni di contatto e di scontro: nell’87% dei casi. Mentre durante l’incontro questa percentuale si attesta al 13%. D’altra parte i danni registrati in ambito ferroviario sono aumentati rispetto al campionato precedente. In particolare, per i danni in stazione si è passati da una quota di 92.000 episodi nella stagione 2002/03 a 310.000 in quella 2003/04; per i danni ai treni si è passati da 40.200 episodi a 95.900. Un dato significativo è invece il basso numero di episodi di violenza avvenuti nell’ultima stagione lungo le autostrade in cui abitualmente viaggiano i pullman che trasportano gli ultràs, come pure nelle aree di servizio autostradali dove è risultata preziosa la sinergia con le strutture di sicurezza della Autogrill S.p.A. Nel campionato 2003/04 l’ammontare degli episodi violenti in queste aree di servizio e lungo le autostrade è stato pari a 1.600 danni contro i 46.500 registrati nel campionato precedente. Per quanto riguarda gli striscioni comparsi sugli spalti, è in aumento, rispetto al campionato precedente, la percentuale di quelli sportivi (aumento del 10%), mentre si registra, in termini assoluti, come gli striscioni con argomento politico (principalmente contro gli interventi del nostro Paese in Iraq e in Afghanistan) rimangano invariati. In generale il 77% degli striscioni tratta argomenti sportivi, il 20% argomenti politici, infine rispettivamente il 2% e l’1% argomenti di contenuto razzista e antirazzista.
Provvedimenti adottati in tema di violenza negli stadi. Gli episodi di violenza negli stadi sono diventati negli ultimi anni un fenomeno così consueto e diffuso, da essere stato posto al centro delle attività di prevenzione e di repressione da parte del Ministero dell’Interno. Per quanto riguarda l’attività legislativa, tre sono i provvedimenti di riferimento che vengono attualmente utilizzati per meglio gestire gli eventi sportivi ed in particolare quelli relativi al calcio: le risoluzioni del Parlamento e del Consiglio europeo, la legge n.88 del 2003 e i recenti decreti del 2005. Secondo le risoluzioni del Parlamento e del Consiglio europeo il primo e principale atto di governo delle manifestazioni sportive si concretizza mediante la distribuzione dei biglietti d’ingresso. In questo senso, gli enti che organizzano manifestazioni calcistiche sono stati invitati a distribuire in percentuale equa il numero dei biglietti fra le tifoserie, con la raccomandazione di evitare vendite all’ultimo minuto per poter gestire con maggiore sicurezza i flussi di persone giunte allo stadio nello stesso giorno della partita. Contemporaneamente, le risoluzioni obbligano le Autorità di polizia a verificare la capienza dei posti all’interno della struttura, chiamando le società a rispettarne il limite e separando con apposite barriere le due tifoserie contendenti. La legge n. 88 del 24 aprile 2003 prevede, invece, la numerazione dei biglietti per tutti gli impianti sportivi (anche per i campi da calcio dilettantistici) se la capienza è superiore a 10.000 unità. Fra le altre cose, il provvedimento legislativo detta anche la norma di verificare periodicamente l’agibilità dell’impianto. In particolare, l’estate del 2005 verrà ricordata anche per l’emanazione dei decreti volti a contrastare gli episodi di violenza in occasione di manifestazioni sportive. Si tratta, in sostanza, di misure che mirano a coinvolgere in maniera più incisiva le società sportive e gli enti proprietari degli stadi sul tema della sicurezza e ad aumentare l’efficacia degli strumenti di prevenzione e contrasto della violenza negli stadi, privilegiando l’impiego di tecnologie e risorse delle società sportive nell’ottica di una progressiva diminuzione delle Forze di polizia all’interno degli impianti.
La cultura della curva. Le curve degli stadi rappresentano, oggi più che mai, alcuni tra i più frequentati luoghi di aggregazione giovanile. Sempre più, la curva – come luogo fisico, ma anche come spazio simbolico e territorio di appartenenza – costituisce il cemento di una subcultura che oltrepassa la mera esperienza sportiva e investe ambiti a essa solitamente estranei: la “cultura della curva” si riversa nella società influenzando la quotidianità, il modo di pensare e di agire di moltissimi giovani. Essa – come ogni cultura – identifica miti e rituali, impone codici di comportamento, sedimenta norme e valori, articola relazioni gerarchiche e modalità di interazione. È un riferimento particolarmente attraente per i giovani delle società avanzate, così spesso soli, così spesso non adeguatamente immersi in un orizzonte culturale altrettanto rassicurante. All’interno di questi gruppi l’identità collettiva, basata sulla fedeltà ai colori, si realizza e si concretizza attraverso la partecipazione del singolo a molteplici attività – organizzare una coreografia, inventare cori e striscioni, produrre gadgets per l’autofinanziamento, organizzare trasferte – che rinsaldano la solidarietà di gruppo. Ma oltre a tutto ciò, c’è da dire che la cultura ultrà ha costruito la propria identità anche sul confronto/scontro con l’altro: ciò che gli ultrà percepiscono come principale compito loro assegnato è proprio la difesa del territorio, fisicamente rappresentato dalla propria curva e dalla propria città e idealmente dai colori della propria squadra. Da ciò deriva l’attivazione di comportamenti violenti nei confronti dei tifosi avversari, con i quali si inscena un combattimento reale o rituale, e con l’altro per eccellenza: la negazione dello spirito guerresco ultràs, e dunque il mondo dei benpensanti, della televisione, delle Forze dell’ordine. Per tali ragioni, è opportuno considerare la cultura ultrà come un fenomeno sociale e non esclusivamente come un problema di ordine pubblico.

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