Si stima che i costi complessivi dell’inquinamento acustico si assestino fra lo 0,2 e il 2% del Pil. Un’indagine del 1995, citata nel Libro Verde, definisce il rumore come la quinta fonte di preoccupazione per l’ambiente locale dopo il traffico, l’inquinamento atmosferico, la salvaguardia del paesaggio e la gestione dei rifiuti. Altri studi evidenziano che il 20% della popolazione europea (circa 80 milioni di persone) è esposta a rumori diurni continui, causati prevalentemente dal traffico, che superano il livello considerato come “limite di tollerabilità” per gli individui, 65 dB(A). Un altro 40% (circa 170 milioni di persone) è esposto a livelli di rumore compresi tra i 55 e i 65 decibel, intervallo considerato come “valore di attenzione”, in corrispondenza del quale si possono manifestare seri disturbi nel periodo diurno. Circa il 25% della popolazione dell’Ue – secondo quanto riportato nella Proposta di Direttiva Europea sul rumore ambientale del 2000 – è soggetta ad un peggioramento della qualità della vita a causa dell’annoyance e una percentuale compresa tra il 5% e il 15% ha seri disturbi del sonno per via del rumore.
L’esposizione al rumore negli ambienti di lavoro. Nel Piano Sanitario Nazionale 2003-2005, in una sezione specificatamente dedicata all’inquinamento acustico, si legge: «Per quanto riguarda l’esposizione al rumore negli ambienti di lavoro, si può stimare, in maniera conservativa, che la popolazione dei lavoratori esposti a più di 90 dB (A) di Leq (Livello equivalente di pressione sonora) sia pari almeno alle 100mila unità». In Italia, in base ai dati Inail, l’ipoacusia da rumore, ovvero la diminuzione fino alla perdita della capacità uditiva, è tra le patologie professionali maggiormente denunciate. Al 31 dicembre 2002, su 8.609 denunce di malattie professionali, 1.521 (il 17,6%) riguardavano ipoacusia e sordità. Sempre a livello nazionale, i 142 casi di ipoacusia indennizzati hanno contribuito per oltre il 15% al complesso delle malattie professionali indennizzate. Tre i macrosettori produttivi cui dovrebbero essere indirizzati, secondo il Piano Nazionale, i maggiori interventi: il metalmeccanico, l’edile e l’estrattivo. Leggermente diversa la normativa per i lavoratori adolescenti, di età compresa tra i 15 e i 18 anni: il decreto legislativo n.345/1999 in materia di protezione dei giovani sul lavoro, all’art. 7, vieta lo svolgimento da parte degli adolescenti di una serie di attività implicanti l’esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici.
Alcuni dati sul monitoraggio dell’inquinamento acustico. Nel corso del 2000, tra i controlli effettuati dal Comando dei Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente si contano 524 interventi riguardanti l’inquinamento acustico, e in 139 casi si è rilevata una non conformità alla normativa vigente. Inoltre, sono state segnalate 90 persone, non sono stati eseguiti arresti e sequestri, ed è stata redatta una sola contravvenzione. In riferimento al monitoraggio effettuato annualmente dall’Arpa/Appa, si riportano i dati sulle sorgenti di rumore, in ambiente esterno e/o all’interno delle abitazioni, per le quali si è riscontrato almeno un superamento dei limiti vigenti. Il problema dell’inquinamento acustico interessa in misura elevata tutte le tipologie di sorgenti esaminate, sia quando parliamo di attività produttive sia di infrastrutture. Riguardo le attività produttive si registra un rischio massimo in Valle d’Aosta (100%) e minimo in Sicilia (4%), non esiste realtà regionale in cui non si è riscontrato questo problema. Nelle attività commerciali e di servizio la situazione è leggermente meno critica, infatti in nessun caso si raggiunge un valore percentuale pari a 100; in questo comparto il primato spetta al Piemonte e alla provincia di Trento (95%), seguito dalla provincia di Bolzano (80%), mentre il valore più basso si registra sempre in Sicilia (15%). L’inquinamento acustico nei cantieri e nelle manifestazioni ricreative temporanee è preoccupante in Abruzzo e nella provincia di Trento (100%); anche il Piemonte si configura come una realtà ad elevato rischio (95%), mentre le altre regioni si attestano su valori più contenuti.
Tra le diverse infrastrutture di trasporto, quella stradale rappresenta la situazione più problematica con ben tre regioni che raggiungono i livelli massimi di superamento (Friuli Venezia Giulia, Umbria e Basilicata); sul versante opposto la provincia di Trento, la Liguria e il Lazio, dove non si sono riscontrati superamenti dei livelli sonori stabiliti rispetto alle fonti controllate. Purtroppo la carenza di informazioni sulle altre infrastrutture impediscono di delineare un quadro completo; non sono disponibili i dati riguardanti alcune regioni, quali Lombardia, Campania, Calabria e Sicilia, mentre le informazioni sono parziali in Friuli Venezia Giulia, Umbria, Puglia e Sicilia.

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