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[ ANNO I – OTTOBRE 2005 – NUMERO 48 ] LE LOGICHE DEL CREDITO USURAIO

Negli ultimi anni si è assistito ad un divario tra i bisogni di credito della società e l’offerta del sistema creditizio legale. Ciò ha costituito terreno fertile per l’attecchimento del mercato clandestino di denaro. La difficoltà di accesso al credito è un fenomeno tristemente sperimentato da molti imprenditori che, trovandosi in crisi di liquidità, non riescono ad ottenere finanziamenti legali per la carenza di garanzie a sostegno delle loro richieste e sono costretti, per l’impellente necessità di disporre di denaro liquido, a rivolgersi a soggetti che applicano tassi di interessi insostenibili.
Inoltre, spesso accade, anche se non si può stabilire una corrispondenza fissa, che gli imprenditori e i commercianti si trovino in difficoltà economiche perché vittime di estorsioni. L’indagine annuale sulle stime dei tassi d’interesse praticati dal sistema creditizio italiano, sulle sofferenze e sugli impieghi bancari, ha evidenziato che le province in cui il denaro costa meno alle imprese sono tutte del Centro-Nord, mentre, quelle in cui costa di più sono tutte del Mezzogiorno. Bologna, con un tasso d’interesse pari al 4%, nel 2003 è la provincia in cui il costo del denaro è il più basso in Italia. Il capoluogo emiliano supera così Milano (al secondo posto con il 4,16%), che dal 1999 occupava il vertice della graduatoria. Il primato di Bologna conferma una tendenza positiva dell’intera regione Emilia Romagna, che posiziona cinque province (Bologna, Modena, Parma, Reggio Emilia e Forlì) tra le prime dieci. Al contrario, è la Calabria la regione dove generalmente il costo del denaro è più elevato. Quattro province calabresi (Vibo Valentia, Reggio Calabria, Crotone e Catanzaro) si posizionano, infatti, nella parte bassa della graduatoria. Un’impresa di Vibo Valentia paga interessi dell’8,3%, e, nelle altre province meridionali, gli interessi, nel migliore dei casi, non scendono sotto il 7,8%.
Le dimensioni del fenomeno in Italia. Nel nostro Paese il fenomeno dell’usura ha un elevato impatto di tipo economico, con un ammontare complessivo di denaro movimentato (interessi ed altre utilità) pari a quasi 13 milioni di euro (più di 25 miliardi delle vecchie lire). Il 34% di tale cifra è gestito dalla criminalità organizzata. A subire maggior danno sono principalmente i commercianti, che sostengono un esborso, per far fronte alla restituzione del prestito usuraio, pari a 4.648.000 euro (26% del denaro movimentato). Le somme erogate per usura hanno inoltre registrato un notevole incremento negli ultimi anni. Infatti, dal 1999 al 2002 esse hanno evidenziato un aumento del 215% e solo nel primo semestre del 2003, l’intero ammontare ha raggiunto livelli già superiori a quelli registrati nel 2001. È questo un segnale evidente della crescente diffusione del fenomeno. Molto spesso si ricorre al prestito usurario per cifre basse. Infatti, nel 59% dei casi il capitale iniziale prestato, in media, è inferiore a 10.000 euro, nel 20% dei casi è compreso tra 11.000 e 25.000 euro e nel 21% dei casi è superiore a 25.000 euro. Inoltre, in circa la metà dei casi (53%), si ricorre al credito usuraio una sola volta; nel 29% dei casi, due o tre volte e nel 18%, quattro volte o più. Tuttavia, la drammaticità del fenomeno consiste nell’applicare tassi di interesse altissimi. Infatti, nel 44% dei casi i tassi di interesse raggiungono il 100%. Nel 24% dei casi si spingono fino al 200%, nel 23% dei casi fino al 500% e nel 9% addirittura superano il 500%. Si comprende come tassi di interesse così alti creino, ben presto, una spirale perversa tra usuraio ed usurato dalla quale è difficile uscire.
Le denunce. Il fenomeno dell’usura sembra essere ancora molto radicato nelle regioni ad alto tasso di criminalità organizzata. Negli ultimi anni (2001 e 2002) il numero delle denunce in Sicilia ed in Calabria ha subìto un notevole crollo, probabilmente proprio a causa delle intimidazioni della criminalità organizzata; mentre, nel resto d’Italia, e non solo nelle regioni del Nord, ma anche in Campania e in alcune regioni del Centro, viene segnalato un significativo aumento delle denunce. Infatti, nel 2002, nelle quattro regioni nelle quali la presenza della criminalità organizzata è più forte (Campania, Sicilia, Calabria e Puglia) si sono concentrate il 48,8% delle denunce, mentre nei primi sei mesi del 2003, la percentuale di denunce registrata, in queste quattro regioni, è salita al 54%. Tuttavia, anche nel Lazio e nelle Marche l’usura è molto presente. Al Nord, invece, il fenomeno non ha le caratteristiche e le dimensioni che presenta al Centro-Sud, ma alcune regioni, in particolare Piemonte e Lombardia, mostrano comunque dati preoccupanti. In particolare, tra il 1996 e il 2002, la prima posizione nella classifica delle città con il più alto numero delle denunce, è quasi sempre occupata da Napoli. Tra le prime dieci posizioni di questa classifica si ritrovano città appartenenti a regioni in cui il fenomeno dell’usura è maggiormente presente. Nel Lazio, oltre a Roma, le città più colpite sono Latina e Frosinone; in Campania, oltre Napoli, troviamo Caserta, Avellino e Salerno; in Sicilia, Palermo, Catania e Messina. In Calabria, Catanzaro e Reggio Calabria. In particolare, quest’ultima si distingue per il maggiore tasso di crescita delle denunce. Tale incremento costituisce, ovviamente, un dato positivo nella misura in cui l’aumento del numero delle denunce sia determinato non da una crescita del fenomeno, ma da una maggiore consapevolezza e coscienza civile. Al Nord tra le province maggiormente colpite troviamo, oltre a Torino, Milano, Genova, Bologna e Rimini, anche Varese, Bergamo e Padova. Nel Centro e nel Sud Italia si segnalano, rispettivamente, le province di Prato e Lucca in Toscana e Campobasso in Molise.
L’identikit dell’usuraio. Tradizionalmente, le attività di estorsione ed usura hanno consentito alla criminalità organizzata di infiltrarsi nell’economia legale sia, direttamente, attraverso il rilevamento dell’azienda in crisi sia, indirettamente, cooptando nell’organizzazione criminale lo stesso proprietario. Tuttavia, da qualche anno, esse non sembrano più appannaggio esclusivo della criminalità organizzata, ma vedono la presenza di altri operatori illegali che sono integrati nel tessuto locale a vari livelli di professionalizzazione e che hanno eguale diffusione al Sud come al Nord. Questo accade in particolare per l’usura. Analizzando il fenomeno per le diverse regioni, si può rilevare come in Campania, l’usura sia gestita da gruppi criminali di matrice camorristica, sebbene, a volte, essa venga praticata da persone che non risultano affiliate ad alcun clan; in Sicilia, l’esercizio del credito illegale è gestito prevalentemente dalla criminalità mafiosa, ma accanto a questa operano soggetti incensurati o non legati ad alcuna organizzazione; in Calabria e in Puglia l’usura è gestita, direttamente o indirettamente, dalla criminalità organizzata. Infine, nel Lazio, l’usura rientra tra le attività privilegiate e tradizionali della criminalità organizzata romana e, nella parte meridionale della regione, è esercitata anche da ramificazioni della malavita campana. Nelle altre regioni prevale una attività usuraia gestita da soggetti estranei alle organizzazioni criminali anche se, in alcuni contesti, dove vi sono radicamenti circoscritti del crimine organizzato, vi è una connessione tra usura e associazioni criminali. Ad esempio, reti usuraie romane sono attive anche in Umbria ed in Abruzzo. In quest’ultima regione e nel Molise va segnalata la presenza organizzata di alcune famiglie di nomadi dedite all’usura. Nelle regioni del Nord sono numerose le denunce contro società finanziarie ed imprenditori (o almeno così si dichiarano) che sono a perfetta conoscenza delle difficoltà economiche e frequentano gli stessi ambienti sociali ed economici delle vittime. Da sottolineare, infine, tra gli usurai, una consistente presenza di “pensionati” (ben il 30%), molti dei quali con redditi, almeno ufficialmente, medio-bassi, un 13% di lavoratori dipendenti e un 5% di nullafacenti. Consistente la percentuale di liberi professionisti (avvocati, commercialisti), che sfiora l’8%. Significativa anche la presenza (intorno al 20%) di amministratori e soci di società finanziarie. Da notare, anche, la consistente presenza di disoccupati tra l’esercito degli usurai (24%). Per quanto riguarda l’età degli usurai, il 22% ha un’età compresa tra i 56 e i 65 anni e il 12% superiore ai 66 anni. L’età avanzata degli usurai, soprattutto se rapportata agli autori di altre fattispecie di reati, probabilmente è il segnale inquietante di come l’usura è, o può essere, il coronamento finale di una carriera criminale.
L’identikit dell’usurato. Sebbene, a partire dal 2000, si sia registrata una diminuzione del numero di vittime dell’usura (-37,7% nel 2003 rispetto al 1999, anno di picco), il dato assoluto resta comunque ragguardevole. La ripartizione geografica delle vittime riflette, naturalmente, la distribuzione dei casi denunciati: ben il 41,1% delle vittime nell’Italia meridionale e insulare, il 30,6% nel Centro ed il 23,3% nell’Italia settentrionale. Le vittime dell’usura sono classificabili in due grandi categorie: da un lato famiglie che non riescono a far fronte alle quotidiane necessità o che si trovano di fronte ad impreviste uscite di denaro. Chi non trova accesso al credito bancario, è costretto a rivolgersi altrove, cadendo così in una rete, quella usuraia, dalla quale è difficile districarsi; dall’altro imprenditori, commercianti e artigiani che, dovendo sostenere le spese di avviamento di un’attività o, avendo subìto perdite di bilancio a causa di un calo della domanda o di un aumento delle spese di gestione, sono costretti, loro malgrado, a rivolgersi al credito sommerso. Rimangono, infine, da considerare le circa 6.000 persone immigrate costrette a patti usurari. Nella maggioranza dei casi (45%) le vittime dell’usura sono commercianti, seguono altri imprenditori (19%) e gli artigiani (18%). Vi è poi un 13% di lavoratori dipendenti e un 5% di liberi professionisti. In termini numerici, i commercianti coinvolti in rapporti usurai sono 135.000, per oltre 350.000 posizioni debitorie, di cui almeno 30.000 con associazioni per delinquere inquadrate nel 416bis finalizzate all’usura. Un tributo per i commercianti che si aggira su non meno di 9 miliardi di euro. Quattro i settori del dettaglio in cui il rischio usura ha toccato l’allarme rosso: alimentari, calzature, fiori, mobili. L’età delle vittime, nella maggioranza dei casi (49%), è compresa tra i 41 e i 55 anni. È evidente che le vittime, in genere, si concentrano nella fascia d’età lavorativa: infatti, l’83% dei casi si riferisce ad un’età compresa tra 26 e 65 anni. Il dato dell’età media, insieme a quello sulla professione, conferma che il ricorso al prestito usuraio avviene nel pieno dell’attività lavorativa e, quindi, quando c’è una maggiore necessità di disporre di liquidità.
Le conseguenze. La scelta di rivolgersi al credito usuraio si rivela, in molti casi, fatale per imprenditori e commercianti: nel 23% dei casi, infatti, il ricorso al credito usurario, determina la fine della propria attività lavorativa attraverso il fallimento (61%) o la chiusura e/o cessione a terzi (39%). Ma il risvolto più drammatico della sottoposizione al debito usuraio è costituito dall’atto estremo del suicidio. Il convincimento di essere inevitabilmente emarginati da tutti e la sofferta convinzione di avere fallito la propria esistenza, in nove anni (dal 1995 al 2003) hanno portato al suicidio di 1.419 persone. Questo drammatico dato rappresenta solo una minima evidenza del fenomeno che ha certamente dimensioni più ampie. Si tratta di suicidi determinati dall’incapacità o impossibilità di porre rimedio agli ingenti debiti accumulati per il 75% per usura, mentre la parte residua per insolvenza verso il sistema bancario.