L’Eurispes attraverso un’indagine mirata ha analizzato l’atteggiamento degli italiani nei confronti dei diversi soggetti istituzionali ed il livello di fiducia che li lega ad essi, senza trascurare il comportamento elettorale, che rappresenta l’espressione più concreta di tale rapporto. Al campione, costituito da 1.000 soggetti rappresentativi della popolazione italiana dai 18 anni in su, sono state rivolte in primo luogo alcune domande per indagare il grado di fiducia nelle principali Istituzioni pubbliche, che rappresentano i tre poteri dello Stato – Governo (potere esecutivo), Parlamento (potere legislativo) e Magistratura (potere giudiziario) – e la Presidenza della Repubblica. Solo meno della metà degli intervistati risulta fiduciosa nel Governo, nel Parlamento e nella Magistratura; molto diversi sono invece i risultati relativi al Presidente della Repubblica, che raccoglie la fiducia di una larghissima maggioranza.
Ben il 79% del campione si dice fiducioso nel Presidente della Repubblica (il 45,6% si dichiara molto fiducioso), il 44% nella Magistratura, solo il 34% nel Parlamento ed il 32,9% nel Governo.
Più della metà degli intervistati non si fida quindi della Magistratura, in particolare il 40% si fida poco, il 32,6% abbastanza, il 13,6% per niente, l’11,4% molto. Solo un terzo circa degli italiani ripone invece la propria fiducia nel Parlamento e nel Governo. Se per il Parlamento è più elevata la percentuale di chi non risponde (17,8%), per il Governo sono particolarmente numerosi coloro che affermano di non fidarsi per nulla (24,2%). In questo caso è lecito pensare ad una diffusa insoddisfazione nei confronti del Governo in carica che induce molti cittadini a non credere nel suo operato ed in ciò che promette. Più in generale gran parte della popolazione dimostra scarsa fiducia nei confronti dei politici. Il risultato positivo ottenuto dal Presidente della Repubblica appare soprattutto come il segno della stima per un singolo individuo, ma non può attenuare la constatazione di una generale sfiducia verso lo Stato italiano nelle sue Istituzioni più importanti. Il Presidente Carlo Azeglio Ciampi ottiene infatti consensi in quanto personaggio che ispira generalmente simpatia ed appare super partes, al di fuori dei giochi della politica.
Un anno fa le stesse domande erano state poste ad un campione rappresentativo di italiani. Le loro risposte, messe a confronto con quelle rilevate nel 2005, evidenziano una notevole costanza nell’atteggiamento degli italiani, con un’unica eccezione relativa alla Magistratura. Gli intervistati che affermano nel 2005 di riporre fiducia nel Presidente della Repubblica sono solo l’1% in meno rispetto al 2004 (79% contro 80%); la percentuale relativa alla fiducia nel Parlamento ammontava nel 2004 al 36,5%, cioè poco più del 34% registrato quest’anno, e quella relativa alla fiducia nel Governo è scesa impercettibilmente dal 33,6% del 2004 al 32,9% del 2005. La sola differenza significativa riguarda la Magistratura: i fiduciosi nel 2004 erano il 52,4%, quindi la maggioranza, mentre nel 2005 sono solo il 44%, prevalgono quindi i non fiduciosi. Nel 2003 la fiducia degli intervistati risultava leggermente più alta nei confronti del Governo e del Parlamento e significativamente più alta nei confronti della Magistratura. Analizzando questi risultati in relazione con le principali variabili strutturali, otteniamo alcune informazioni interessanti. Osservando le risposte dei due sessi, ad esempio, si può notare che le donne si dimostrano più sfiduciate rispetto agli uomini nei confronti del Governo: il 26,3% dice di non avere nessuna fiducia, contro il 21,8% degli uomini; soltanto il 5,3% nutre molta fiducia, contro il 12,2% degli uomini. I soggetti che affermano di fidarsi maggiormente nel Governo, sono i più anziani (oltre i 65 anni è fiducioso il 47,1%), mentre i più diffidenti sono i più giovani (dai 18 ai 24 anni si fida solo il 22%). La differenza tra queste due classi di età è degna di nota, tuttavia la fiducia non aumenta regolarmente in corrispondenza con l’età, la quota dei fiduciosi risulta infatti decisamente bassa anche fra i 45 ed i 64 anni (25%). Per quanto concerne l’area geografica di provenienza, la più alta percentuale di intervistati fiduciosi nel Governo si trova nel Nord-Est, la più bassa nelle Isole ed al Centro. Come già riscontrato per il Governo, anche nei confronti del Parlamento gli uomini risultano leggermente più fiduciosi delle donne. La fiducia, anche in questo caso, aumenta passando da intervistati di sinistra ad intervistati di destra (il 35,6% dei soggetti di sinistra afferma di non avere nessuna fiducia nel Parlamento, contro solo il 4,4% di quelli di destra; solo lo 0,7% dei soggetti di sinistra ha molta fiducia, contro il 19,8% di quelli di destra). Per quanto riguarda la Magistratura, le percentuali più alte di soggetti fiduciosi si registrano nella fascia di età tra i 35 ed i 64 anni, mentre c’è un calo di fiducia dai 65 anni in su. Si osserva inoltre che la fiducia verso la Magistratura cresce costantemente all’innalzarsi del titolo di studio. Anche l’area politica di appartenenza mostra una relazione con l’atteggiamento verso la Magistratura: gli intervistati di destra sono in assoluto i meno fiduciosi, quelli di sinistra i più fiduciosi. Il Presidente della Repubblica ispira fiducia soprattutto ai soggetti dai 45 anni in su e meno della media ai più giovani (18-24 anni). Una percentuale particolarmente alta di intervistati molto fiduciosi si registra nelle Isole (58,3%). Rispetto al titolo di studio, la percentuale più elevata di cittadini molto fiduciosi si trova fra chi è privo di titolo o possiede la licenza elementare (solitamente i più anziani).
Per verificare se e in che modo è cambiata durante l’ultimo anno la fiducia degli italiani nelle Istituzioni, al campione è stato posto un quesito specifico. Per oltre la metà degli intervistati nel corso dell’ultimo anno la fiducia nelle Istituzioni è rimasta invariata (53,9%), per un significativo 36,5% è diminuita, per una minoranza (7,4%) è aumentata. Confrontando questi risultati con quelli ottenuti nel 2004 si nota che le risposte del campione sono estremamente simili a quelle dello scorso anno. La percentuale di italiani che definivano aumentata la propria fiducia nelle Istituzioni ammontava all’8,9%, era quindi solo leggermente superiore al dato del 2005. Altrettanto lieve è la differenza relativa a quanti dicono di aver meno fiducia nelle Istituzioni: 38% nel 2004 e 36,5% nel 2005, mentre è leggermente più alta la quota di chi considera invariata la propria fiducia. L’ultimo anno sembra quindi aver determinato negli italiani un cambiamento rispetto alla propria fiducia nelle Istituzioni equivalente a quello riscontrato nel 2004. Rispetto al 2003 esiste invece una differenza degna di nota: la rilevazione del 2003 evidenziava infatti che per la metà esatta del campione la fiducia nelle Istituzioni era diminuita. Come già osservato precedentemente, le donne si confermano maggiormente sfiduciate rispetto agli uomini. Ben il 42% delle intervistate dichiara che la propria fiducia nelle Istituzioni nel corso dell’ultimo anno è diminuita, contro il 30,5% degli intervistati; la fiducia è rimasta invariata per il 49,8% delle intervistate, contro il 58,4% dei maschi, ed è aumentata per il 5,5%, contro il 9,5% dei maschi. Le risposte fornite a questa domanda risultano in forte relazione con l’area politica dalla quale gli intervistati si sentono maggiormente rappresentati. La percentuale di chi dichiara di essere diventato più fiducioso nelle Istituzioni in questo ultimo anno risulta inferiore alla media per i soggetti di sinistra e centro-sinistra e superiore alla media per quelli di destra e, soprattutto, di centro (addirittura il 20,9%). Come prevedibile, la fiducia è calata soprattutto nei soggetti di sinistra (52,7%) e di centro-sinistra (43,5%), meno della media in quelli di centro-destra (18,9%) e destra (22%). Fra gli intervistati di centro-destra e di destra sono particolarmente numerosi coloro che definiscono invariata la propria fiducia nelle Istituzioni.
È stata presa poi in esame la fiducia dei cittadini in una serie di Istituzioni di particolare importanza e molto diverse fra loro. Le associazioni di volontariato sono l’istituzione che conserva la fiducia della percentuale più elevata di intervistati: 86,8%, ovvero la quasi totalità. Al secondo posto si collocano le Forze dell’ordine, di cui afferma di fidarsi la larga maggioranza del campione: i fiduciosi sono il 73,7%, i non fiduciosi il 26,3%. In particolare il 40,9% degli intervistati dà alle Forze dell’ordine la massima fiducia, il 32,8% abbastanza, il 21,3% poca, il 5% nessuna. Anche la Chiesa e le altre Istituzioni religiose ispirano fiducia nella maggioranza degli intervistati (62,8%, contro un 37,2% di non fiduciosi). Il 36,4% ha la massima fiducia nella Chiesa. Ben diversa la situazione emersa per le altre Istituzioni prese in considerazione. Meno di un terzo del campione afferma di aver fiducia nella scuola (30,7%, a fronte di un 69,3% di non fiduciosi). Il 47,8% definisce scarsa la fiducia nella scuola, il 21,5% addirittura nulla, il 18,7% nutre abbastanza fiducia, il 12% molta. Ancora più esigua risulta la fiducia nei Sindacati e nella Pubblica amministrazione: i fiduciosi sono rispettivamente il 22,8% ed il 19,8%, i non fiduciosi il 77,2% e l’80,2%.
I risultati peggiori riguardano però i partiti politici; solo l’8,8% del campione si dice fiducioso, a fronte di un 91,2% di non fiduciosi, ovvero la quasi totalità degli intervistati. Il 61,9% dei cittadini consultati afferma di non nutrire nessuna fiducia nei partiti, il 29,3% poca, il 6,9% abbastanza, l’1,9% massima fiducia. I partiti suscitano ormai soprattutto diffidenza nei cittadini che, ben lungi da sentirsene rappresentati e credere che agiscano nel loro interesse, sembrano ormai considerarli portatori di interessi personali e spesso disonesti.
Questi risultati sono stati messi a confronto con quelli ottenuti nel 2004.
La fiducia nelle Forze dell’ordine risulta nel complesso diminuita dal 2004 al 2005: se quest’anno il 73,2% del campione si dice fiducioso nelle Forze dell’ordine in generale, un anno fa gli intervistati erano nell’84,2% dei casi fiduciosi nei Carabinieri, nell’81,2% fiduciosi nella Polizia, nel 72,3% nella Guardia di finanza. Anche la quota di chi dice di fidarsi della Chiesa e delle altre Istituzioni religiose è più bassa di quella registrata nel 2004: 62,8% contro 68,3% dello scorso anno. Nel 2004 il 32,1% del campione si diceva fiducioso nei Sindacati; nel 2005 la percentuale è scesa al 22,8%. Analoga la flessione di fiducia riscontrata nei confronti della Pubblica amministrazione: dal 28,7% al 22,8%. La già bassa percentuale di intervistati che si fidavano dei partiti nel 2004 (13,6%) si è ulteriormente ridotta nell’ultimo anno registrando uno sconfortante 8,8%. La perdita di fiducia più netta interessa però la scuola: gli italiani fiduciosi sono scesi dal 50,7% del 2004 a solo il 30,7% del 2005. Questo forte calo può essere ragionevolmente messo in relazione con le contestazioni che hanno accompagnato la riforma della scuola attuata dal Governo e con una diffusa insoddisfazione nei confronti dei cambiamenti da essa recentemente introdotti. Per ora sembrano dunque prevalere coloro che non credono nella riforma Moratti e che valutano negativamente la nuova scuola. Per tutte le Istituzioni prese qui in esame si è quindi osservato un calo della fiducia dei cittadini dal 2004 al 2005. Per quanto riguarda il paragone con i risultati ottenuti nel 2003, oggi la fiducia del campione nelle Forze dell’ordine, nella scuola, nei Sindacati, nella Pubblica amministrazione è più bassa rispetto a due anni fa. La percentuale di intervistati fiduciosi nei partiti è addirittura dimezzata. L’unica eccezione è rappresentata dalle Istituzioni religiose, verso le quali è oggi aumentata la quota di soggetti fiduciosi. Esaminando i dati sulla fiducia nelle Forze dell’ordine si osserva che l’età degli intervistati costituisce una variabile rilevante. La fiducia risulta più bassa nei soggetti più giovani e più alta in quelli più anziani: si dice infatti fiducioso il 64% dei giovani dai 18 ai 24 anni, il 72,6% dei soggetti dai 35 ai 44 anni, il 79,6% di quelli dai 45 ai 64 anni, il 78,8% di quelli dai 65 in su. Il 13% degli intervistati di sinistra afferma di non nutrire alcuna fiducia nelle Forze dell’ordine, contro il 5% della media. Fra i soggetti di centro e di centro-destra è particolarmente elevata la percentuale di chi ripone la massima fiducia nelle Forze dell’ordine; la quota complessiva dei fiduciosi risulta decisamente più alta fra chi si sente rappresentato dal centro, dal centro-destra e dalla destra, rispetto a chi si sente rappresentato dalla sinistra e dal centro-sinistra. Ponendo le risposte relative alla fiducia nella scuola in relazione con il titolo di studio del campione si può notare che sono proprio gli intervistati con il livello di istruzione più basso (nessun titolo o licenza elementare) a manifestare maggiore fiducia. La percentuale dei fiduciosi scende all’innalzarsi del titolo di studio ed è quindi più bassa fra i laureati. Nelle Isole si riscontra una fiducia nell’istituzione scolastica inferiore alla media nazionale. Relativamente ai Sindacati, un netto divario nella fiducia si registra fra i più giovani e le altre classi di età: solo il 9% dei ragazzi tra i 18 ed i 24 anni dichiara di non avere nessuna fiducia nei Sindacati, contro il 41,9% di quelli fra i 25 ed i 34 anni, il 43,2% di quelli fra i 35 ed i 44 anni, il 35,5% di quelli fra i 45 ed i 64 anni, il 37,4% di quelli dai 65 anni in su. Tra i 18 ed i 24 anni prevale la quota di chi ha abbastanza fiducia nei Sindacati (43%), in controtendenza con tutte le altre classi di età. Un rapporto positivo ed animato da speranze con i Sindacati sembra quindi appannaggio soltanto dei giovanissimi, con minore esperienza lavorativa. Non sorprende la relazione tra area politica di riferimento e fiducia nei Sindacati, che è ovviamente maggiore (ma comunque non elevata) fra i soggetti di sinistra e centro-sinistra e minore nei soggetti di centro-destra e, soprattutto, di destra. I fiduciosi sono infatti il 34,2% a sinistra, il 36,6% a centro-sinistra, il 26,8% al centro, l’11% a centro-destra e il 4,4% a destra. Le diverse classi di età non si differenziano in modo significativo nella fiducia verso i partiti, mentre le donne risultano leggermente più sfiduciate degli uomini ed il Sud e le Isole più sfiduciati del Nord. Rispetto all’area politica da cui il campione si sente più rappresentato, si osserva che gli intervistati che non manifestano nessuna fiducia per i partiti sono particolarmente numerosi al centro (70,1%) e meno numerosi della media a destra. La percentuale complessiva più alta di intervistati fiduciosi nei partiti si registra invece a Sinistra (15,1% contro l’8,8% della media). Una generale sfiducia nei partiti è comunque diffusa fra i soggetti di tutte le posizioni politiche. I dati mostrano che le donne ripongono massima fiducia nelle associazioni di volontariato in percentuale maggiore rispetto agli uomini: 61,3% contro 52,1%; allo stesso modo fra gli intervistati con titolo di studio basso (nessun titolo, licenza elementare e media) sono più numerosi i fiduciosi. Gli intervistati delle varie classi di età non si differenziano invece molto fra loro. Le persone di età più matura dichiarano in generale di avere più fiducia, rispetto alle altre, nella Chiesa e nelle altre Istituzioni religiose; lo stesso si verifica per i residenti nel Sud del Paese e per i possessori di un basso titolo di studio (nessun titolo o licenza elementare). Prendendo in analisi l’area politica di appartenenza appare evidente che chi si riconosce nell’ideologia di sinistra afferma di avere fiducia nelle Istituzioni religiose in percentuale nettamente inferiore alla media (47,2% contro il 62,8% della media). La fiducia risulta invece più diffusa fra gli intervistati di centro (80,6%) e centro-destra (72,1%).
Il Comportamento elettorale. La propensione ad esercitare il diritto di voto, è di solito in relazione con il particolare momento politico di un Paese e con la fiducia dei cittadini nelle Istituzioni. Per questa ragione abbiamo cercato di indagare anche le abitudini di voto del campione e la sua posizione in merito all’astensionismo, anche come possibili indicatori dell’attuale rapporto dei cittadini con le Istituzioni dello Stato. Le risposte fornite al primo quesito indicano che il 66,9% degli intervistati vota sempre alle elezioni, il 28,7% qualche volta, l’1,8% quasi mai e lo 0,9% mai. Sebbene coloro che dichiarano di votare sempre costituiscano la maggioranza, la percentuale di chi va a votare solo qualche volta è decisamente consistente.
Dal confronto con i dati ottenuti nel 2004 emerge che è scesa notevolmente la percentuale di chi afferma di votare sempre (dall’84,1% al 66,9%), soprattutto in favore di chi vota qualche volta, ma anche in favore di chi non vota quasi mai o mai. Anche nel 2003 la percentuale di intervistati che dichiaravano di votare sempre era decisamente più elevata (82,7%). Fra le donne è più alta che fra gli uomini la percentuale di chi vota sempre alle elezioni (70% contro 63,4%); fra gli uomini è invece più alta che fra le donne la percentuale di chi vota qualche volta (30,9% contro 26,7%). Considerando che le intervistate hanno dimostrato di nutrire minore fiducia degli uomini nei partiti, nel Governo e nel Parlamento, si può constatare che nel loro caso ciò non ha influito negativamente sulla propensione a votare. Relativamente all’età, la più alta percentuale di intervistati che affermano di votare sempre si trova tra i 35 ed i 64 anni; dai 65 anni in poi si registra una flessione dell’abitudine di votare regolarmente, imputabile ad un minore coinvolgimento nella politica, ma anche ad una vita più casalinga o, in alcuni casi, vere e proprie difficoltà di spostamento. Al Nord-Est ed al Nord-Ovest sono più numerosi i soggetti che dicono di andare sempre a votare alle elezioni (rispettivamente il 74,3% ed il 72,5%), seguono il Centro (68,4%), le Isole (60,4%) e, ultimo, il Sud (55,6%), con una percentuale decisamente inferiore alla media nazionale. Anche il titolo di studio del campione risulta in qualche misura legato all’abitudine a votare: la quota più bassa di soggetti che votano sempre si riscontra fra chi è senza titolo o possiede la licenza elementare (63,1%), mentre la quota più alta si riscontra fra i laureati (70,5%). Chi possiede un livello di istruzione più elevato sembra più responsabilizzato e consapevole dell’importanza di esercitare il proprio diritto di voto. Gli intervistati che si recano a votare con maggiore regolarità risultano essere quelli che si sentono rappresentati dal centro (76,1%) e dal centro-destra (73,7%). La differenza tra soggetti di sinistra e di destra è in questo caso non significativa.
L’astensionismo viene visto dal campione intervistato soprattutto come un indice di indifferenza nei confronti della politica (39,2%) o come una espressione di protesta (34,4%); per l’11,2% è invece un normale comportamento elettorale, mentre il 15,2% non sa o non vuole rispondere. Le donne, che come osservato precedentemente dichiarano più spesso rispetto agli uomini di votare sempre, giudicano l’astensionismo espressione di disinteresse per la politica in percentuale maggiore rispetto agli uomini (43,5% contro 34,5%); questi ultimi lo descrivono invece più spesso delle donne un normale comportamento elettorale (15,1% contro 7,6%). Il confronto delle risposte fornite dai possessori dei diversi titoli di studio mette in evidenza che i laureati tendono più degli altri ad identificare nell’astensionismo una manifestazione di indifferenza per la politica (47,4%). Tenendo conto del fatto che proprio fra i laureati si riscontra la quota più elevata di soggetti che dicono di votare sempre, è possibile leggere in questa risposta un giudizio almeno in parte negativo.Gli intervistati residenti nelle Isole ed al Sud sono quelli che più spesso vedono nell’astensionismo una forma di protesta. Questi risultati testimoniano in primo luogo che i cittadini che decidono di non esercitare il proprio diritto/dovere di voto regolarmente sono ormai molti, e decisamente più numerosi nell’ultimo anno. In secondo luogo, una parte consistente degli intervistati considera la scelta di non votare come una espressione di protesta o un normale comportamento elettorale. Considerando che la fiducia nei confronti delle principali Istituzioni dello Stato, è diminuita e che quella in particolare nei confronti dei partiti è ormai bassissima, è lecito pensare che anche la minore propensione a votare alle elezioni sia influenzata da questa situazione di sfiducia diffusa.
Analisi conclusiva. Il quadro generale tracciato dalle risposte fornite dal campione di cittadini italiani, intervistati dall’Eurispes, evidenzia una profonda crisi della fiducia che coinvolge quasi tutte le Istituzioni – ed in modo particolarmente profondo quelle associate alla politica – e che si è acuita ulteriormente nel corso dell’ultimo anno. Se infatti già da più di un decennio si è generata una grave frattura tra cittadini e mondo politico in senso lato, i dati più recenti raccontano una flessione della fiducia costante e, almeno apparentemente, senza ritorno. Le Istituzioni che godono ancora di un’opinione positiva da parte della popolazione sono ormai eccezioni: il Presidente della Repubblica, le Forze dell’ordine, la Chiesa e le associazioni di volontariato. La credibilità e l’affidabilità dei partiti, dei Sindacati, della Pubblica amministrazione, del Governo e del Parlamento hanno ormai raggiunto punti bassissimi. L’indagine evidenzia che, a differenza degli altri anni, ormai neppure la Magistratura e la scuola godono della fiducia della maggioranza degli italiani, “maltrattate” e private di credibilità da vicende di stretta attualità. Tale vuoto di fiducia è particolarmente preoccupante perché coinvolge cittadini di ogni fascia di età e provenienza geografica ed interessa trasversalmente i rappresentanti di ogni area politica. A confermare e rafforzare queste indicazioni si aggiunge la forte flessione relativa all’abitudine di votare regolarmente. Un ulteriore segno del distacco degli italiani dalla politica e della sfiducia generalizzata, che inducono a perdere l’interesse o la speranza di cambiare lo stato attuale di cose, come a dire che l’avvicendarsi delle poltrone, almeno secondo alcuni, non può migliorare la situazione. Il contesto politico italiano sembra aver disorientato e scoraggiato gli adulti ed aver fatto crescere i ragazzi in un generalizzato senso di disprezzo e diffidenza, ma anche distacco e disinteresse. Prevalgono una rassegnazione di fondo ed uno spaesamento che favoriscono la chiusura nel privato. I cittadini non si sentono quindi rappresentati da quelli che dovrebbero essere per definizione i loro rappresentanti (i partiti, ma anche i Sindacati, il Governo ed il Parlamento) e iniziano a perdere fiducia persino in quello che dovrebbe essere il loro strumento per determinare chi governerà il Paese, ovvero il voto. Se la tendenza all’astensionismo coinvolgesse un numero sempre maggiore di persone la frattura sarebbe completa.

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