Il percorso letterario di Lucanianet privilegia poeti e scrittori lucani. Questa volta vogliamo ?trasgredire? in maniera costruttiva proponendo un parallelismo tra due voci poetiche del Novecento italiano, una lucana (Rocco Scotellaro) e l?altra parmense (A. Bertolucci).
Il nostro ?incontro tematico? ruota attorno ad un perno centrale: la vita di campagna.
Il tema viene affrontato analizzando due poesie: ?Noi non ci bagneremo? tratto da ?Margherite e rosolacci? (1978) di Rocco Scotellaro e ?L?erba? di A. Bertolucci.
Il lettore attento e curioso potrebbe chiedersi il motivo di questo confronto.
La mia risposta è immediata: ?Un giorno passeggiando per le vie di Parma, dinanzi all?edicola sita in via Cavour, i miei occhi focalizzano un nome:Attilio Bertolucci.
La mia curiosità è tanta, compro il libro e comincio a leggere. I suoi pensieri mi portano lontano e arrivo qui, ad un parallelismo con una delle voci poetiche della mia terra: Rocco Scotellaro).
Rocco Scotellaro nasce a Tricarico, in provincia di Matera, nel 1923 e muore a Portici nel 1953.
La sua attenzione alle problematiche caratterizzanti la questione meridionale è costante. Altrettanto incessante è anche il suo impegno politico che non si limita esclusivamente all?ambito letterario e culturale, non a caso riveste la carica di sindaco a Tricarico per un certo periodo.
Protagonista di suoi scritti è il Sud, terra lacerata da evidenti anomalie e sempre più abbandonata a se stessa.Il poeta dà particolare rilievo ai contadini e ai braccianti che animano la sua Lucania. Di essi viene valorizzata la vitalità, infatti non c?è alcuna commiserazione, sono uomini consapevoli di vivere in un ?mondo altro?, lontano dal progresso ma pur sempre nella storia.
?Non ci bagneremo? è tratta da ?Margherite e rosolacci? (1978). Forte e lucida è la constatazione delle dure condizioni di vita di un Mezzogiorno contadino lontano dai bagliori del miracolo economico.
Noi non ci bagneremo
Noi non ci bagneremo
Noi non ci bagneremo sulle spiagge
a mietere andremo noi
e il sole ci cuocerà come la crosta del pane.
Abbiamo il collo duro, la faccia
di terra abbiamo e le braccia
di legna secca colore di mattoni.
Abbiamo i tozzi da mangiare
Insaccati nelle maniche
Delle giubbe ad armacollo.
Dormiamo sulle aie
attaccati alle cavezze dei muli.
Non sente la nostra carne
il moscerino che solletica
e succhia il nostro sangue.
Ognuno ha le ossa torte
non sogna di salire sulle donne
che dormono fresche nelle vesti corte.
E? una poesia significativa che pochi conoscono, ecco perché la propongo a quanti vogliano leggerne tra i versi il senso profondo e desolato.
?Noi non ci bagneremo?, perché questo titolo?
C?è la lucida coscienza di non bagnarsi mai nel mare infinito del progresso.
I contadini andranno a mietere sotto il sole cocente. Vale la pena lavorare? Pare proprio di sì, la mietitura darà come risultato ultimo la cottura del pane. Almeno non mancherà un tozzo di pane, cibo frugale che verrà conservato nelle maniche annodate delle giubbe a tracolla (ad armacollo)
Le parti del corpo dei contadini (la faccia di terra e le braccia di legna) assumono le caratteristiche delle materie lavorate: la terra e la legna secca.
Nella durezza e tragicità di questa dimensione esistenziale c?è spazio per abbandonarsi a fantasie erotiche? (notiamo il verbo salire sulle donne).
Lo spazio non manca di certo, ma sono il tempo e la forza fisica a venir meno al contadino.
Il duro lavoro lo rende stanco e sfinito. Bisogna riposarsi per affrontare dense giornate di fatiche nei campi. Ma i sogni non si assopiscono; no, rimangono svegli e, all?alba, risplendono sotto una luce nuova.
Un confronto con la poesia ?L?erba? di Bertolucci è legittimo, ma continueremo il nostro percorso la prossima settimana?