?Omm? s? nasc?, Brigant? s? mor?, ma fin? all?utim? anna sparà, e, s? murimm? mnat? nu fior? e na bestemmia p? sta libertà? (uomini si nasce, Briganti si muore, ma fino all?ultimo devono sparare e se moriamo, gettate un fiore e una bestemmia per questa libertà).
Carmine Crocco, un nome che dice tanto, generale, brigante, uomo. Proprio per omaggiare l?ideale e le gesta di questo grande personaggio del passato che, nell?anno del centenario dalla sua morte, è stata allestita a Rionero, suo paese natale, la prima edizione della parata dei briganti. Organizzata come promesso qualche mese fa alla vigilia dello spettacolo teatrale La Ballata del Generale Crocco, dalla Associazione Culturale Skenè con il patrocinio del Comune di Rionero. Ideatore e promotore del tutto Mauro Corona presidente dell?associazione. La parata del briganti consiste in una full immersion nella storia, più precisamente nella Rionero fra il 1860 e il 1864. Una ricostruzione storica e ambientale dell?epopea del brigantaggio ai tempi dell?unità d?Italia, quando un manipolo di furfanti si aggiravano per le nostre terre, disposti a tutto pur di raggiungere il loro scopo: la libertà.
Un vero e proprio set cinematografico, ambientato tra i vicoli più antichi e dimenticati del paese e animato dalla presenza di centocinquanta tra attori e figuranti. Un percorso ben congeniato della durata di una mezz?oretta, con partenza dal maestoso palazzo di don Giustino Fortunato e termine nella piazza in suo onore. Un evento che si è dimostrato un vero successo, mai così tanta gente in fila per ore al solo fine di poter visitare il sito. Ma l?attesa val bene la soddisfazione di potersi immergere, anche per poco tempo, in quella autentica vita d?un tempo piena di piccoli ma preziosi dettagli, una ricostruzione ben compiuta. Entrando in piccoli gruppi al fine di evitare il sovraffollamento nei vicoli già angusti, si è subito accolti dalle guardie piemontesi e dal loro saluto militare proseguendo verso l?accampamento delle guardie nazionali. Addentrandosi nel mercato già si sente un? atmosfera diversa, quell?aria di cospirazione e di omertà atta a proteggere lui il Generalissimo e i suoi Briganti. L?aia dei contadini e delle popolane con la loro danza nata dalla disperazione, le varie cantine e osterie con ubriachi, compari che giocano alla morra e poi bivacchi, fuochi, selvaggina allo spiedo, Briganti e Brigantesse, pistole, fucili e coltelli, un coacervo di tendenze contrastanti e di colori, folklore popolare.
L?umiltà di una povera abitazione o la sfarzosa opulenza dei signorotti prepotenti, e ancora, teste mozzate e schioppettate per concludere con la drammatizzazione del processo intentato a Crocco che segnerà il suo esilio nella cittadina Elbana di Portoferraio, sede molti anni prima, di un altro illustre personaggio lì esiliato, Napoleone Bonaparte. Esiliato sì, ma non certo condannato, come il nostro Crocco, ai lavori forzati fino all?ultimo, fino a quella mattina del 18 Giugno 1905 dove, dopo trent?anni di dura galera, povero malato e dimenticato da tutti moriva il grande generale ?dalla testa dura e dal cuore di pietra?.
Tristemente dopo cento anni dalla sua morte le sue spoglie giacciono ancora lì. Un?unica nota di demerito, in tutto questo lavoro ben fatto, va all?organizzazione, non proprio efficientissima, nella gestione della folla che si accalcava senza controllo all?ingresso del palazzo.
Ma siamo sicuri che sia stato un imprevisto, magari dato dal non aspettarsi un?affluenza così copiosa, con l?augurio che facendo di questo evento un impedibile appuntamento annuale le cose migliorino con il tempo. Una storia tanto lontana eppure così vicina che basta la memoria di un nonno per riascoltarla, magari con qualche forzatura e adombrata dal mito e dalla leggenda, ma che importa quando questo serve a farci riavvicinare a ciò che è stato, alle nostre origini.