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Festa per la Madonna della Bruna

I rintocchi delle campane della Cattedrale e lo scoppio dei fuochi pirotecnici anche quest?anno hanno annunciato le celebrazioni in onore di Maria Santissima della Bruna, Protettrice della città di Matera.
Giunta oggi alla sua 616ª edizione, intessendo aspetti sacri e profani, la celebrazione ha risvegliato l?antico ricordo e consegnato al fascino della ritualità un nuovo tassello di colori, luci, tradizioni e folklore.
Il culto della madonna a Matera risale al periodo dell?emigrazione dei monaci latini e greci, venuti a popolare le fratture della Murgia, e la festa ha origini molto antiche sebbene la sua istituzione viene fatta risalire solo al 1380 con Papa Urbano VI, già vescovo della città.

Come sempre la cerimonia ha avuto inizio alle prime luci dell?alba con la ?processione dei pastori? (anticamente riservata ai pastori che non potevano seguire interamente la festa) che accompagna il quadro della Madonna per le vie principali della città e che quest?anno è tornata a ripercorrere le tradizionali vie dei ?Sassi?.
Celebrata la Santa Messa in Cattedrale, la settecentesca statua della Madonna, scortata dai cavalieri in costume, viene portata sul grande carro in cartapesta che raffigura episodi del Vecchio o del Nuovo Testamento, per poi attraversare la città e raggiungere nuovamente la piazza del Duomo dove, compiuti i consueti tre giri, viene lasciata presso la Cattedrale.
Il carro viene quindi ?consegnato? al popolo che, nell?euforia della festa, lo distrugge facendo di tutto per accaparrarsi una statua o una decorazione.

Come accade per la maggior parte delle celebrazioni popolari nella nostra terra, alla festa del 2 luglio la popolazione non ?assiste? ma partecipa attivamente, ripercorrendo quelle usanze che si rinnovano fra i vicoli e le fontane, nelle piazze e nelle chiese, nella sacralità della tradizione e nella modernità profana che l?accoglie.
E come potrebbero raccontare gli occhi di un bambino?le luci impazzano, la musica risuona nella Cassa Armonica che ospita la banda, e si inciampa fra una borsetta colorata e l?ultima novità luminescente dell?anno, fra i profumi intensi dello zucchero filato e i banconi di caramelle gommose. La cavalcata attraversa la città fra mantelli vellutati e piume svolazzanti, e si passeggia fra quelle foto in bianco e nero in cui la festa torna e si ripete per le generazioni che non sanno e quelle che raccontano.
Come lumache dopo la pioggia, al richiamo della tradizione la gente esce di casa, anziani e bambini, giovani e adulti, per incontrarsi nei racconti tramandati dalla nonna, e ritrovare in quel carro traballante, modellato nella cartapesta, lo sguardo dell?artista di famiglia che ha attraversato il tempo con le sue figure che anno dopo anno tornano pazienti ad essere decorate.
Ed è nello “strappo” che si consuma il rito antico ed ogni anno atteso, nella violenza di quei gesti, nella veemenza dell?assalto.

La piazza presto si svuota, non vi sono che pezzetti di legno e colorati fogli di cartapesta a riempirla, e in lontananza lo scheletro di quel carro che lentamente prosegue sulla via del ritorno.
In alto la luna suggella quel detto popolare che, ripercorrendo questi ultimi momenti della festa, sottolinea la mestizia di chi ha vissuto quella girandola di emozioni e quasi senza accorgersene ora ne realizza la fine?”Siamo rimasti come nel giorno del 2 di luglio!”